L’INTERVISTA

Carlotta Caprioli (Crédite Agricole): l’open innovation diffusa dei Village e nel 2026 apriremo a Napoli



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“Con il network dei Village portiamo l’innovazione nei territori e nelle PMI”, dice Carlotta Caprioli, responsabile del coordinamento dei cinque hub italiani. Che racconta i risultati raggiunti e i progetti 2026

Pubblicato il 12 nov 2025



Carlotta Caprioli
Carlotta Caprioli, responsabile open innovation Credite Agricole

“L’innovazione è un motore che può e deve partire dal territorio, coinvolgendo le piccole e medie imprese, le startup e i giovani talenti”. Così Carlotta Caprioli, sintetizza la dimensione e gli obiettivi dell’ecosistema Le Village di Crédit Agricole, che lei coordina in Italia. Un modello nato in Francia nel 2014 e importato in Italia nel 2018. Carlotta Caprioli è un po’ la “governatrice” che guida i sindaci e le sindache dell’ecosistema Le Village in Italia.

Adesso sono 5, presto ci sarà una nuova apertura al Sud, e tutti si stanno organizzando per fare da ponte tra le PMI e il mondo dell’innovazione. Con Carlotta Caprioli parliamo di questa nuova attività e del valore dell’innovazione distribuita, portata lì dove operano soprattutto tante piccole e medie imprese. Perfetto.

Le Village in Italia: dai territori al network nazionale

Carlotta, partiamo dalla rete dei Village. Mi sembra che il 2025 sia stato un anno di consolidamento per il progetto in Italia.

Nel 2025 abbiamo raggiunto quota cinque Village, entrando in una fase di piena operatività e coordinamento. Il primo Village è nato a Milano nel 2018, seguito da Parma e Padova. Poi, nel 2024, sono arrivati il Village delle Alpi a Sondrio e il Village Sicilia a Catania. Oggi possiamo parlare di una rete nazionale a tutti gli effetti.
Questo cambiamento di scala ci ha consentito di raggiungere una massa critica: oltre 200 startup e più di 90 aziende partner. Ciò permette di lanciare programmi comuni, far dialogare i diversi ecosistemi locali e sviluppare iniziative di innovazione aperta che non si fermano più ai confini territoriali.

Quindi da rete locale a rete nazionale…

Esatto. La forza del modello Le Village è proprio nel suo equilibrio tra radicamento territoriale e dimensione globale, coerente con la filosofia “Glocal” del Gruppo Crédit Agricole. Ogni Village lavora per valorizzare il proprio territorio, ma allo stesso tempo beneficia del network nazionale e internazionale, che oggi comprende 45 Village nel mondo: dalla Francia al Lussemburgo, fino alle prossime aperture in Belgio. È una rete che favorisce scambi continui, anche per le startup italiane che vogliono crescere all’estero.

I programmi nazionali: formazione, call e startup business matching

Quali sono i temi su cui avete concentrato l’attività nel 2025?

Ogni anno definiamo dei verticali tematici comuni, costruiti sui bisogni delle aziende partner. Nel 2025 abbiamo lavorato su tre ambiti chiave: Intelligenza Artificiale, HR Evolution e Green Tech. Dopo aver raccolto le esigenze delle imprese, organizziamo percorsi di formazione e lanciamo call for startup nazionali per individuare soluzioni innovative.
Quest’anno, nonostante il focus su soli tre temi, abbiamo ricevuto oltre 200 candidature alla nostra call4startup. Il processo si conclude con sessioni di business matching in presenza, impostate come veri e propri “speed date” tra startup e aziende. Ogni impresa incontra sei o sette startup selezionate sui propri bisogni, in un confronto che spesso genera collaborazioni concrete.

Quindi un approccio molto…operativo.

Sì, molto. I Village sono nati per creare valore tangibile: non solo networking, ma progetti reali. Lavoriamo anche sull’accompagnamento nel tempo, per far sì che le relazioni tra startup e aziende evolvano in partnership strutturate. Inoltre, affianchiamo le startup con percorsi di formazione e supporto al fundraising. L’evento di riferimento è il nostro Investor Day, che quest’anno si è svolto a Milano con la partecipazione di oltre 150 investitori e le 10 migliori startup in fundraising.

iANG: il programma che porta l’intelligenza artificiale nelle PMI

Quest’anno non vi siete fermati all’abituale call. In Triveneto avete sperimentato un nuovo format, iANG. Che cos’è e con quali obiettivi è nato?

Il progetto iANG – Intelligenza Artificiale New Generation è nato da un ascolto attento dei nostri Comitati Territoriali di Crédit Agricole, dove siedono imprenditori del Nord Est. Tutti evidenziavano lo stesso punto: il tema dell’intelligenza artificiale è ormai centrale, ma le PMI non sanno da dove cominciare.
Così abbiamo deciso di costruire un percorso su misura per loro, che unisse formazione, consulenza e collaborazione con startup innovative. L’obiettivo era duplice: diffondere competenze sull’AI e facilitare l’applicazione concreta nelle imprese, anche di piccole dimensioni.

Come si è sviluppato concretamente il progetto?

È durato circa un anno e ha coinvolto 12 aziende partner, 19 startup e 80 giovani talenti. Abbiamo organizzato 72 incontri di matching tra imprese e startup in un solo pomeriggio, e 120 incontri tra imprese e studenti durante il Career Day.
Le attività si sono articolate in moduli formativi sull’open innovation e sul ruolo dell’innovation manager, con mentoring personalizzato e sessioni di orientamento per i giovani. Il valore aggiunto è stato proprio l’integrazione tra tre mondi – imprese, startup e studenti – in un percorso condiviso. Le aziende hanno potuto sperimentare soluzioni di AI, le startup hanno trovato opportunità di business e i giovani hanno ricevuto 7 proposte di inserimento lavorativo.

Com’è stato accolto dalle imprese?

Molto bene. Dalle survey finali emerge una soddisfazione complessiva di 4,2 su 5, con punte di 4,6 per la qualità della formazione. Le aziende hanno apprezzato soprattutto la concretezza del programma, mentre è emersa l’esigenza di proseguire sul fronte del networking. Non a caso stiamo già lavorando alla seconda edizione, iANG 2.0, che partirà nel 2026 con un focus più approfondito sugli AI Agent e sulle applicazioni verticali nei settori industriali del Nord Est.

Dalla formazione alla cultura dell’innovazione

Qual è, secondo te, il punto di forza di un’iniziativa come iANG rispetto ai tradizionali programmi di accelerazione?

La concretezza. Le PMI non cercano ispirazione astratta ma strumenti pratici per innovare. In un contesto dove mancano spesso figure dedicate all’innovazione, serve un modello che accompagni passo dopo passo: far comprendere cosa può fare l’AI, individuare i bisogni aziendali, trovare startup adatte e formare persone in grado di seguire i progetti.
In questo senso, iANG è stato un esperimento riuscito di “open innovation diffusa”: le imprese hanno imparato a dialogare con le startup e i giovani, superando quella barriera culturale che spesso rallenta l’innovazione nelle PMI italiane.

Il match tra PMI e startup non è mai facile, lo sappiamo. E certamente sarà emerso anche nel vostro progetto. Dove sta la criticità?

È una questione di linguaggi e di tempi. Anche le corporate, che sono più strutturate, faticano spesso a dialogare con le startup; figuriamoci le PMI, che non hanno processi di innovazione consolidati.
Per questo, dedichiamo sempre più attenzione alla mediazione culturale: workshop su come collaborare con una startup, su cosa aspettarsi in termini di tempi, modalità e risultati. Il mondo delle PMI deve acquisire questa mentalità. È un percorso, ma i risultati di iANG dimostrano che è possibile colmare la distanza.

Il valore dei territori e il ruolo della banca

Hai parlato di open innovation diffusa. Quanto conta la relazione con i territori nella strategia del network Le Village?

È fondamentale. Il modello Village nasce dalla natura stessa di Crédit Agricole, che è la prima banca mutualistica d’Europa e ha sempre avuto un forte radicamento locale. L’idea è portare innovazione dove nascono le imprese, non solo nei grandi centri.
Ogni apertura richiede tempo proprio perché costruiamo relazioni con imprese, università, istituzioni locali. A Sondrio e Catania, ad esempio, abbiamo lavorato un anno intero prima di inaugurare gli spazi. La prossima apertura sarà a Napoli, nel 2026, nel centro direzionale , in una zona oggetto di un importante piano di riqualificazione urbana.

L’open innovation secondo Crédit Agricole

In Francia, i Village hanno ormai una tradizione più che decennale e sono un punto di riferimento per le startup. Cosa significa per Crédit Agricole in Italia lavorare sull’open innovation?

Significa portare nel nostro Paese un modello che ha già dimostrato la sua efficacia. Dal 2014, i Village francesi hanno sostenuto oltre 930 startup e coinvolto più di 900 partner, creando un ecosistema in cui ogni startup può spostarsi da un hub all’altro, condividendo spazi e opportunità.
In Italia stiamo replicando questo approccio: ciascun Village ha il proprio “sindaco” e un team dedicato, ma opera in sinergia con gli altri. Ciò ci consente di lanciare programmi comuni e condividere competenze. Non è solo un acceleratore: è un ecosistema dell’innovazione, dove convivono startup, imprese e abilitatori pubblici e privati.

I progetti 2026: da iANG 2.0 al nuovo Village di Napoli

Guardando al futuro, quali sono le prossime priorità della rete Le Village in Italia?

Il 2026 sarà un anno di espansione e consolidamento. Apriremo il Village a Napoli, proseguiremo con i programmi nazionali su misura per le nostre aziende partner e le startup e lanceremo la seconda edizione di iANG nel Triveneto, oltre ad altri progetti territoriali già in cantiere.
Parallelamente, vogliamo rafforzare il legame con la rete internazionale: già oggi le startup dei Village italiani possono partecipare a programmi europei o pitch day in Francia e Belgio. È un modo per dare continuità all’innovazione, superando i confini geografici.

In conclusione, cosa vogliono diventare i Village per le PMI italiane?

Una porta d’ingresso all’innovazione. Le PMI italiane hanno un enorme potenziale, ma spesso restano escluse dai circuiti dell’innovazione perché mancano di strumenti, tempo o cultura organizzativa. Con i Village vogliamo colmare questa distanza, offrendo loro accesso a competenze, startup e network di investitori.
La nostra ambizione è duplice: far crescere le imprese e, insieme, far crescere i territori. Perché innovare significa creare valore diffuso, non solo economico ma anche sociale.

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