“L’Africa è un continente di 54 nazioni, con oltre 2.000 lingue parlate e 1,4 miliardi di persone.In un contesto così per sviluppare un’intelligenza artificiale non è possibile replicare i modelli occidentali, come ChatGPT, che spesso non hanno dati e non riconoscono le lingue locali”
Hai senza dubbio le idee chiare, Andrea Censoni, venture capitalist e cofondatore di Africa Startup Roadtrip, iniziativa promossa dall’associazione BeEntrepreneurs APS, che sostiene la nascita di startup tecnologiche in Africa.
“I modelli Al non possono essere semplicemente “copiati e incollati” in contesti diversi. Se non riflettono i dati, le lingue e le sfumature culturalilocali, rischiano di perpetuare pregiudizi e bias che distorcono la realtà…”
…e quindi essere inutili e dannosi, soprattutto in un continente come quello africano.
“L’Al non può essere uno specchio fedele del mondo se non include tutte le sue voci. Per questo, il futuro dell’Al in Africa è fatto in casa. Va creata una tecnologia che rispecchi la realtà del continente e risponda ai bisogni reali delle persone.”
A ben guardare, rispondere ai bisogni reali delle persone a partire dalla realtà locale è peraltro lo spirito che anima le startup che voi aiutate a far nascere e poi sostenete in Africa…
“…Non ci avevo pensato, ma è proprio così…”
E a tal proposito, sei da poco tornato in Italia dopo aver lanciato in Tanzania la sesta edizione di Next Generation Africa. Soddisfatto?
“A Dar es Salaam abbiamo ancora una volta vissuto una esperienza che ci ha aperto la mente e il cuore e una giuria competenze, composta da esperti del sistema dell’innovazione in Tanzania ha scelto tra le 25 startup presenti le cinque vincitrici, che verranno in Italia la prossima primavera.”
Venticinque startup mi sembrano un po’ pochine…
“Quelle erano le finaliste. Abbiamo ricevuto 672 candidature di startup africane, con un incremento del 50% rispetto al programma precedente.”
Beh, questo è un dato che indica un movimento in crescita. Da dove sono arrivate le candidature?
“La maggioranza delle candidature è arrivata dalla Tanzania, seguita da Kenya e Uganda, che insieme rappresentano quasi il 75% di tutte le richieste. Lasciami però dire il dato più impressionante: il 50% delle startup ha almeno una fondatrice donna.”
Mica male davvero…ma sono startup che esistono solo sulla carta o che già operano?
“Il 72% delle startup è già costituita legalmente, più della metà sta attualmente raccogliendo fondi.Quasi il 70% ha già utenti o clienti paganti.”
Quali sono i settori più rappresentati?
“Queste startup mostrano una chiara focalizzazione sui bisogni reali del continente: agricoltura e AgriTech guidano con il 35% delle candidature, seguite da educazione (13%), sanità e HealthTech (10,4%), energie rinnovabili (9%), software e intelligenza artificiale (8,6%), e fintech (7,6%). Il restante 16,4% include settori come retail, turismo, logistica, manifattura e impresa sociale.”
Quali sono le cinque startup vincitrici?
“MaryTest sviluppa apparecchiature per la diagnosi precoce della malaria. Lishe360 supporta le famiglie con una guida gratuita sulla nutrizione dei bambini e prodotti alimentari sani, nutrienti e biologici per bambini.TrueSurce è una piattaforma che connettere i contadini africani ai mercati esteri. Vortan offre a ospedali e aziende di servizi pubblici sistemi di Internet of things per connettere dispositivi. Afya Mnyama Digital Company Limited rivoluziona la salute del bestiamegestione attraverso l’innovazione digitale.”
Insomma, una bella varietà di iniziative. Immagino tu non faccia tutto da solo…
“Come sai, abbiamo iniziato in due, ma nel corso degli anni, più di 100 volontari provenienti da tutti i continenti si sono uniti a noi, ognuno portando competenze e prospettive uniche a supporto di imprenditori che stanno risolvendo problemi reali nelle loro comunità.”
Tu hai definito la vostra attività volontariato professionale. Sembra un ossimoro ma non lo è. Mi sembra l’unico modo per operare in un contesto complicato e difficile come il vostro.
“Il volontariato professionale non è beneficenza, è uno scambio. Portiamo esperienza, ma riceviamo in cambio prospettiva, umiltà e scopo. Non me l’aspettavo, ma applicare le mie capacità professionali al volontariato ha finito per rivoluzionare completamente il mio approccio al lavoro in Italia.”
In che senso?
“Il giovane fondatore di Kampala, che costruiva soluzioni sanitarie con risorse limitate, mi ha insegnato la vera intraprendenza. Il team di Dar esSalaam che crea innovazioni nel settore dell’economia circolare mi ha mostrato cosa significa veramente impatto. La loro resilienza di fronte alle sfide infrastrutturali ha ridefinito la mia comprensione di ciò che è possibile.”
Ti hanno aperto una nuova prospettiva…
“Ha dato una dimensione completamente nuova al mio lavoro quotidiano di scouting, accelerazione e investimento. Ora quando incontro una startup porto con me quella prospettiva africana: sono più attento all’impatto, più umano nel fare mentoring, più centrato su ciò che conta davvero.”
In definitiva, mi par di capire che consigli il volontariato professionale a tutti…
“In un mondo in cui il lavoro a volte può sembrare scollegato dal significato, il volontariato colma questo divario. Ci ricorda che abbiamo sviluppato le nostre competenze non solo per avere successo, ma per contribuire. Se hai competenze professionali, che si tratti di tecnologia, marketing, finanza,qualsiasi altro campo, considera come potresti offrire volontariamente tali competenze. Trova la tua causa, la tua comunità, il tuo scopo al di là del profitto.”
Conosci già quale è la principale obiezione: manca il tempo…
“La domanda non è se hai tempo per fare volontariato. La domanda è se puoi permetterti di non farlo…”.







