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Customer experience: come personalizzarla con dati e servizi



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L’uso dei dati nei touchpoint retail trasforma la relazione con il cliente, offrendo una customer experience personalizzata che riduce il rumore pubblicitario e aumenta convenienza e utilità. I servizi e gli effetti secondo l’Osservatorio Retail Media

Pubblicato il 18 set 2025



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La trasformazione digitale ha modificato il rapporto tra consumatori e retailer, ma il cambiamento non si limita ai canali di vendita o alle piattaforme tecnologiche. Il punto cruciale è l’esperienza del cliente, che diventa sempre più mirata e rilevante. Grazie all’uso dei dati e all’integrazione dei diversi touchpoint, i retailer hanno oggi l’opportunità di costruire una customer experience personalizzata, capace di ridurre il rumore pubblicitario, aumentare la convenienza e accompagnare il consumatore lungo un percorso meno frammentato.

Rilevanza e riduzione del rumore pubblicitario

Durante la tavola rotonda del Tavolo di Lavoro Retail Media del Politecnico di Milano, svoltosi il 17 settembre 2025, Luca Marmo, Key Client Director di Beintoo Italy, ha descritto il valore della personalizzazione dal punto di vista del consumatore. «Il retail media non genera messaggi generici, ma comunicazioni specifiche sulla base di ciò che il consumatore ha ricercato, acquistato o vorrebbe acquistare. Questo riduce il rumore pubblicitario e fa emergere l’utilità dello strumento».

La rilevanza è dunque il primo passo per costruire una customer experience personalizzata. Ricevere un annuncio collegato a un prodotto già presente nel proprio carrello digitale o a un acquisto ricorrente significa trasformare la pubblicità in servizio, allontanandola dalla percezione di disturbo. In un’epoca caratterizzata da un eccesso di stimoli, la differenza tra un messaggio percepito come spam e uno accolto come utile risiede nella capacità di ancorarlo a comportamenti reali.

La convenienza come leva della personalizzazione

Marmo ha aggiunto che il valore della personalizzazione non si misura soltanto nella riduzione del rumore, ma anche nella possibilità di risparmiare tempo e denaro: «Il retail media offre l’opportunità di comunicare un prodotto nel momento in cui la propensione all’acquisto è immediata. Così il consumatore risparmia tempo nelle fasi di acquisto e denaro, un aspetto centrale nell’attuale contesto socioeconomico».

Questa osservazione introduce una seconda dimensione della customer experience personalizzata: la convenienza. Il beneficio non riguarda soltanto la capacità di scoprire prodotti più in linea con i propri interessi, ma anche la possibilità di accedere a promozioni o suggerimenti quando l’acquisto è più probabile. È un modello che si differenzia radicalmente dalla logica tradizionale della pubblicità di massa, perché non mira a incrementare genericamente l’awareness, ma a rispondere a bisogni immediati.

Dal digitale allo store: coerenza nel percorso del cliente

L’esperienza del consumatore, ha sottolineato ancora Marmo, oggi è meno frammentata rispetto al passato. «Un messaggio digitale può essere ritrovato all’interno del negozio e portato direttamente a casa». Questo significa che la personalizzazione non si limita ai canali online, ma integra anche i punti fisici di vendita, creando continuità tra ciò che viene proposto sui dispositivi digitali e ciò che il cliente incontra sugli scaffali.

La customer experience personalizzata diventa così un percorso coerente che attraversa online e offline. Non si tratta di una semplice replicazione del messaggio, ma di una strategia che accompagna il consumatore lungo l’intero shopper journey, facendo emergere la connessione tra i vari momenti di interazione. La riduzione della frammentazione porta vantaggi sia al cliente, che percepisce un’esperienza più fluida, sia al brand, che ottiene maggiori probabilità di conversione.

Pubblicità come servizio al consumatore

Marmo ha proposto una chiave di lettura che rovescia il tradizionale paradigma: «Il Retail Media non è solo un mezzo, ma un vero e proprio servizio nei confronti del consumatore». L’idea che la pubblicità possa diventare un servizio rappresenta un cambio di prospettiva significativo. Non si tratta più di trasmettere un messaggio per stimolare l’acquisto, ma di fornire un supporto utile nel processo decisionale.

Questa interpretazione si lega direttamente al concetto di customer experience personalizzata, intesa non come somma di interazioni targettizzate, ma come un ecosistema di strumenti che aiutano il consumatore a orientarsi e a scegliere in modo più consapevole. L’esperienza positiva non è soltanto quella che porta a un acquisto conveniente, ma anche quella che riduce il tempo speso a selezionare tra opzioni irrilevanti.

Il ruolo dei dati nella personalizzazione

La possibilità di costruire esperienze su misura dipende in gran parte dalla disponibilità di dati accurati e utilizzabili. Elisabetta Sala, Retail & Innovation Director di Catalina Marketing, ha ricordato come il dato non abbia valore intrinseco se non viene trasformato in azione. «Noi utilizziamo la conoscenza derivante da milioni di carte fedeltà e centinaia di milioni di scontrini annui per influenzare il comportamento d’acquisto, non solo nel breve termine, ma con l’obiettivo di cambiare il rapporto tra brand e consumatori nel medio e lungo periodo».

Catalina dichiara di coprire il 66% delle famiglie italiane attraverso la propria rete, e di poter trasformare queste informazioni in leve concrete per spingere la scoperta di nuovi prodotti, modificare la frequenza di visita e ridefinire il mix del carrello. È un esempio di come i dati, se letti e attivati correttamente, diventino il fondamento della customer experience personalizzata.

Dal breve al lungo periodo: effetti della personalizzazione

Un aspetto importante evidenziato da Sala riguarda l’orizzonte temporale. La personalizzazione non è solo un intervento tattico per favorire l’acquisto immediato, ma uno strumento che può modificare abitudini e relazioni. Cambiare la frequenza di visita a un punto vendita o spingere un consumatore a includere una nuova categoria di prodotti nel carrello significa incidere sul comportamento d’acquisto in modo strutturale.

Questa prospettiva spiega perché la customer experience personalizzata non sia solo un obiettivo di marketing, ma una leva strategica che interessa retailer e brand. Da un lato, garantisce risultati misurabili e immediati; dall’altro, costruisce le basi per una relazione più duratura, fondata su rilevanza e utilità percepita.

Una relazione basata su trasparenza e fiducia

Il tema della personalizzazione solleva inevitabilmente questioni legate alla privacy. Marmo ha sottolineato come sia essenziale garantire trasparenza e rispetto dell’utente: solo così il messaggio viene percepito come utile e non come invasivo. Questo implica che la customer experience personalizzata deve basarsi su dati raccolti con consenso esplicito, come quelli provenienti da carte fedeltà e programmi di loyalty, che assicurano un legame diretto e autorizzato con il consumatore.

Il rispetto di questi principi non è solo un vincolo normativo, ma una condizione necessaria per mantenere la fiducia del cliente. In un sistema dove la personalizzazione è sempre più pervasiva, la differenza tra un’esperienza accettata e una percepita come intrusiva dipende dalla capacità di bilanciare utilità e trasparenza.

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