L’INTERVISTA

Massimo Carnelos, console a San Francisco: “Startup, venite in Silicon Valley per imparare”



Indirizzo copiato

Massimo Carnelos, da poche settimane nel suo nuovo incarico, racconta perché startup e aziende devono conoscere e frequentare la Silicon Valley. “Voglio portare qui anche i venture capitalist italiani”

Pubblicato il 17 set 2025



Massimo Carnelos
Massimo Carnelos, console italiano a San Francisco

Massimo Carnelos è il nuovo console generale italiano a San Francisco da poco più di un mese. Ma non è certo al suo primo incontro con la Silicon valley, visto che per quasi tre anni, dalla fine del 2022, è stato a capo dellUfficio Innovazione tecnologica e Startup del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione internazionale. Ha, quindi, una conoscenza e una visione chiara sulle opportunità per le startup e le imprese italiane e conosce le sfide da affrontare.

Il suo lavoro adesso è rafforzare il legame tra Italia e Stati Uniti in una città che è l’epicentro globale dell’innovazione e in una fase geopolitica particolarmente impegnativa, fra tensioni belliche e tecnologiche. Anche se non c’è solo San Francisco nella giurisdizione di Carnelos, che ricorda come la “greater Seattle” valga metà del PIL italiano.

L’obiettivo è far sì che le opportunità che la Silicon Valley, e in la East Coast americana, offre non restino solo un sogno, ma diventino realtà concrete per le aziende italiane, giovani e meno giovani. 

Ne parliamo in questa intervista, la prima nel suo nuovo ruolo di diplomatico economico nel centro mondiale dell’innovazione, in cui lancia un messaggio chiaro e forte alle startup: “Venite qui per imparare, non per tornare con l’investimento in tasca” (qui puoi rivedere la versione integrale della conversazione su InnovationWeekly).

Cominciamo dall’attualità: quella che probabilmente sarà la exit dell’anno, Nozomi acquisita da Mitsubishi Electric, nasce in Silicon Valley dove la startup dal cuore e dalla mente italiane è cresciuta con successo. Perché queste cose accadono lì?

Sono stabilmente a San Francisco da poco più di un mese, ho avuto occasione di conoscere bene la Silicon Valley nel mio precedente ruolo. La cosa che mi colpisce sempre è la velocità e l’approccio pratico con cui qui si lavora. È un ambiente che non perde tempo, le idee vengono testate e realizzate velocemente. Le startup italiane hanno tanto da offrire, ma devono capire che qui si pensa in grande, in termini globali. Non basta essere bravi in Italia, bisogna essere pronti a competere su scala mondiale, come del resto dimostra la bella storia di Nozomi.

Il divario fra Europa e Stati Uniti è noto, e si sta ricreando anche sul fronte dell’intelligenza artificiale, con l’unica eccezione della francese Mistral. Come può l’Italia ritagliarsi un ruolo nella partita globale dell’innovazione tecnologica?

La competizione è enorme, ma l’Italia e l’Europa devono svegliarsi. Siamo indietro su molti fronti e la mentalità europea deve cambiare. Dicevo già della velocità ma la Silicon Valley ha anche una visione più aperta e accetta il rischio come parte del gioco. In Europa non è ancora così, purtroppo. Dobbiamo accelerare la digitalizzazione, altrimenti rischiamo di rimanere indietro.

Quali sono le opportunità dell’Italia?

L’Italia ha delle carte da giocarsi, soprattutto nei settori dove siamo già forti, come la manifattura avanzata, l’automazione industriale e la robotica. La Silicon Valley è molto focalizzata sul software, ma l’Italia può emergere proprio con il nostro know-how nell’hardware e nelle soluzioni fisiche. Però, dobbiamo fare uno sforzo per innovare, per integrare queste competenze con le nuove tecnologie emergenti. Non possiamo rimanere fermi a quello che già sappiamo fare, dobbiamo adattarci alle nuove esigenze del mercato globale.

Parliamo di startup. Tutte, più o meno, sognano la California. Ed è stato creato anche un hub pubblico per loro, Innovit. È riuscito a migliorare la relazione fra startup italiane e gli ecosistemi statunitensi, a partire dalla Silicon Valley?

Innovit è una piattaforma fondamentale che mira a promuovere l’innovazione italiana all’estero, creando un ponte tra l’Italia e i principali hub tecnologici globali come la Silicon Valley. L’iniziativa offre supporto alle startup italiane aiutandole a entrare in contatto con investitori, acceleratori e potenziali partner. Non è solo un’opportunità di networking, ma anche un’opportunità per le aziende italiane di apprendere le dinamiche del mercato americano e adattarsi a una cultura che, spesso, può sembrare distante dalla nostra. Però, non è ancora quel grande successo che speravamo: ma siamo ancora lontani dal realizzare il collegamento continuo che ci aspettavamo. Da parte loro le startup italiane devono imparare a entrare nella mentalità della Silicon Valley, dove non basta partecipare a un programma di accelerazione e tornare a casa con l’investimento. Qui, bisogna venire per imparare, crescere e, soprattutto, cambiare approccio. Da questo punto di vista Innovit deve evolversi e diventare uno strumento realmente utile per far crescere le nostre startup e collegarle alle opportunità del mercato nord americano.

In Silicon Valley vanno le startup ma anche molte grandi aziende italiane. Manca ancoa qualcuno?

Io vedo una grande opportunità anche per i venture capitalist italiani. La Silicon Valley è il cuore della tecnologia più avanzata e gli investitori qui sono pronti a correre rischi elevati. In Italia, siamo ancora un po’ troppo conservatori. L’opportunità per noi sta nel portare i nostri investitori a confrontarsi con questa dimensione. Se riusciremo a farlo, sarà una grande spinta per tutto l’ecosistema italiano. C’è da cambiare mentalità. Non si tratta solo di mettere i soldi, ma di capire come gestire il rischio e come supportare strategicamente le startup.

Per chiudere, un messaggio per le startup italiane che guardano alla Silicon Valley?

Il messaggio è semplice: venite qui per imparare, non c’è niente di facile. Le startup italiane devono essere pronte a entrare in un ambiente che è radicalmente diverso. Non basta essere bravi, bisogna avere quella mentalità da “global player”. Le startup che vogliono avere successo qui devono già avere un percorso solido, magari con un paio di round di raccolta in Italia o in Europa. La Silicon Valley è un trampolino di lancio, non la meta finale. E, soprattutto, bisogna avere la consapevolezza che qui si viene per crescere, non solo per raccogliere fondi.

guest

0 Commenti
Più recenti Più votati
Inline Feedback
Vedi tutti i commenti

Articoli correlati

0
Lascia un commento, la tua opinione conta.x