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La “regola del 40” e l’istinto dell’investitore: così i VC decidono su quali startup scommettere



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Valutare la probabilità di successo di una startup e darle una valutazione è molto difficile. Gli investitori lo sanno e, contrariamente a quanto si pensi, le loro scelte sono più guidate da “gut feelings” che da algoritmi. Ma c’è una semplice regola che seguono un po’ tutti…

Pubblicato il 19 ago 2025



Investire in startup
Investire in startup

Spesso si tende a sovrastimare ciò (e chi) non si conosce. Il Venture Capital rientra bene in questa fattispecie. L’immaginario collettivo è che i VC abbiano strumenti e conoscenze in grado di anticipare i trend e valutare le startup meglio in grado di navigarli.

Fare valutazioni sulla probabilità di successo di una startup e attribuirle una valutazione sono tra le cose più difficili che ci siano. I VCs sono i “king makers” ma, nella realtà, brancolano, se non nel buio, in una cinquantina (ed oltre) di “shades of gray”.

E, contrariamente a quanto si pensi, le loro scelte sono più guidate da “gut feelingsche da algoritmi e modelli iper-sofisticati. Anche perché le proiezioni future, soprattutto nelle fasi iniziali della vita di una startup, sono, il gran parte delle volte, degli esercizi di fantasia destinati ad essere travolti non appena si approccia la “messa a terra”.

Come i VCs valutano le startups

Nell’impossibilità (ed inutilità) sostanziale di fare valutazioni di scenario sofisticate, l’industria del Venture Capital si appoggia a semplici regole che aiutano a “pesare” (e soprattutto “passare”) le opportunità di investimento.

Una di queste è la “Rule of 40”, che può essere riassunta come segue:

  • “growth rate” + “EBITDA margin” > 40%.

Questa regola permette ai VC di rapidamente distinguere le “fund-this-now” companies dalle “circle back next year“.

Come leggere la “Rule of 40”

Nella sua banalità sconcertante the “Rule of 40” passa un messaggio chiaro:

  • Le aziende buone sono quelle che producono margini importanti e soprattutto tanta crescita.

Il tutto ovviamente applicato esclusivamente a mercati grandi (da billion of doillars). La crescita, per quanto profittevole, in un piccolo stagno ha zero appeal nel mondo del Venture Capital. Scordatevi parole come nicchie di mercato e piccole e medie imprese. Sono off topic per questo mondo.

Ovviamente le modalità di applicazione della “regola” cambiano in funzione dei diversi stage di sviluppo della startup:

  • Per le aziende “pre-revenue” fatturato (e tantopiù margini) sono una promessa all’orizzonte: la regola è sospesa in attesa che la startup entri in acqua e inizi a produrre un conto economico. Le valutazioni sono quasi esclusivamente soggettive.
  • Nelle fasi iniziali l’attenzione è tutta sulla crescita del fatturato (ovviamente con promessa di marginalità abbondante).
  • Man mano che dall’early stage si passa al late stage, la crescita (che rimane chiave) va associata anche con la produzione di margini (abbondanti e crescenti).

Semplicistico? Assolutamente sì.

Unfair? Assolutamente no. Crescita, margini, mercati grandi. Senza queste tre cose il Venture Capital non sta in piedi.

Ovviamente l’economia non si esaurisce qui. C’è quella tradizionale e quella delle PMI. Ma è un economia che gira a valutazioni “normali” con multipli bassi.

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