IL LANCIO

Etalia.net, al via l’ecosistema di news all digital

La piattaforma di Nicola Tateo e Aldo Daghetta consente di creare gratis un giornale personalizzato e condividerlo con altri. Prevista una retribuzione per il detentore del copyright e anche per il curator che fa sharing dei contenuti sui social network. Già raccolti 2,2 milioni di euro dagli investitori.

Pubblicato il 07 Ott 2013

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Creare un giornale con contenuti personalizzati, aggiornarlo, condividerlo con altri, mettere in piedi vere e proprie redazioni online, e tutto questo venendo retribuiti se si possiedono i diritti dell’articolo pubblicato o persino se si condividono i contenuti altrui sui social network: è l’Eldorado del nuovo giornalismo online così come promesso da Etalia.net, piattaforma che sarà lanciata lunedì 7 ottobre all’indirizzo www.etalia.net.

Sviluppato negli ultimi 3 anni attraverso un costante dialogo con gruppi italiani, stranieri, mondo delle aziende, del giornalismo indipendente e centri media, Etalia.net si propone di dare vita a un ecosistema che innanzitutto permetta agli utenti di costruire un giornale personalizzato.

Altri hanno già avuto idee simili: Flipboard, per esempio, o con diverse modalità Google News. Ma i founder Nicola Alex Tateo e Aldo Daghetta tengono subito a sottolineare le differenze con i competitor.

“Innanzitutto – spiega Daghetta, giornalista con un passato nel no profit – attraverso la nostra piattaforma si può creare un giornale online scegliendo come ‘bussola’ qualsiasi parola, e non per esempio in base a categorie pre-impostate, come succede per Flipboard”. In pratica, digitando “crisi” o “Merkel” o qualsiasi altro termine, si ottiene una rassegna stampa digitale incentrata su queste precise parole.

C’è poi l’aspetto della fruizione che è aperta (non è indispensabile la registrazione) e gratuita: gli utenti pagano solo i contenuti che le fonti hanno messo a pagamento. In sostanza se The Economist decide di pagare un abbonamento ai suoi articoli, ovviamente chi naviga in Etalia e vuole leggere proprio quelli, dovrà tirar fuori la carta di credito. Altrimenti è tutto gratuito.

Per accedere alle funzionalità più avanzate occorre invece essere registrato. La funzionalità avanzata garantisce per esempio di potersi salvare il proprio giornale, messo insieme attraverso le ricerche personali, e di registrarlo sulla sezione Giornalia, che raccoglie appunto tutti i journal registrati da tutti gli utenti. Importante è la funzione del “timbro”: se l’utente individua una pubblicazione di un altro utente che è di suo interesse e la vuole conservare, non deve far altro che timbrarla e potrà così conservarla come propria.

Ma esiste un fronte ancora più avanzato che vuole coinvolgere le iniziative giornalistiche indipendenti e i blogger. Etalia fornisce gratis lo spazio, pagine, funzionalità e software gestionali per l’editing a team di giornalisti che intendono fondare un giornale e organizzare il lavoro con una redazione. Starà poi a loro decidere se pubblicare la testata gratis o ad abbonamento, o realizzare un mix tra le due modalità.

Quali linee di ricavo per Etalia? Vendita di contenuti e pubblicità. Il contenuto può essere free o a pagamento: lo decide l’autore o l’editore, cioè il detentore dei diritti del contenuto. Se a pagamento, il 90% dei ricavi della vendita andrà al proprietario del contenuto, il 10% alla piattaforma.

Poi c’è la pubblicità, che sarà abbinata agli articoli e ai giornali. In linea di massima Eatalia riconosce ai proprietari dei diritti il 75% di tutto il ricavo pubblicitario generato dalla pubblicazione del suo articolo. “Con un sistema di metriche e algoritmi – continua Daghetta – verificheremo in tempo reale quanta pubblicità ha generato quel determinato articolo, che quindi verrà ‘retribuito’ di conseguenza”.

Ma una delle novità più interessanti è che Etalia dà valore economico allo sharing. “Partendo dal presupposto che ogni giorno nel mondo ci sono 4,5 miliardi di condivisioni di contenuti su piattaforme social – dice il co-founder – abbiamo constatato che questo genera ricavi solo per i proprietari delle piattaforme. Noi invece vogliamo condividere il ricavo anche con i curator. Mi spiego: se un utente è particolarmente bravo a selezionare contenuti ad hoc su uno specifico argomento, li rende pubblici e li condivide, ogni volta che un altro utente ‘atterra’ su quel giornale, il 25% dei ricavi andranno ai pubblicitari, il 71% ai proprietari degli articoli, il 4% all’utente-curator”.

All’interno della piattaforma c’è un’area – conto economico – in cui l’utente può verificare quanti ricavi ha ottenuto e il suo livello di popolarità”.

“Abbiamo brevettato negli Usa questo nostro modello di business basato sul revenue sharing” dice Daghetta.

Chi sono le fonti presenti sulla piattaforma? “I principali gruppi editoriali italiani e in lingua inglese: con alcuni abbiamo accordi più avanzati, con altri meno” spiega l’imprenditore. E prosegue: “Non è un progetto ‘contro’, ma un progetto ‘con’. Uno degli obiettivi è risolvere la monetizzazione a livello digitale di contenuti. E portare il web a essere come se lo immaginava il suo creatore, Tim Berners Lee, un ambiente aperto e democratico. Invece attualmente Internet è terreno di dominio di pochi colossi che controllano buona parte del traffico senza dare niente in cambio”.

Prima del decollo ufficiale, la piattaforma è stata testata su scuole di giornalismo e altri team e decine di migliaia di utenti hanno già richiesto l’accesso online.

Gli investitori ci hanno creduto: finora sono stati raccolti 2,2 milioni euro. Li hanno messi insieme Guiva srl (Guido Puricelli), Maurizio Petta (famiglia Seragnoli), Ambrogio Calcaterra, Salvatore Bragantini, Alessandro Profumo, Viago srl (Carlo Zanzottera e Giandomenico Amodeo), Montinvest (Marco Monti), Sharefin Promotions SA (Paolo Mondia), Lorenzo Arona e Adriana Merenda.

Domanda (finale) di rito? “È la morte del giornalismo così come è stato finora?”. “Il giornalismo – risponde Daghetta – è necessario e basilare per i cittadini ma ha bisogno di cambiare. Sicuramente è basato su modelli non più sostenibili. I giornalisti devono tronare a fare il loro mestiere: trovare notizie e cercare un rapporto diretto con i lettori. E noi, che ci proponiamo di svolgere una funzione di disintermediazione, in questo possiamo aiutare”.

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