Ogni anno il Premio Nazionale per l’Innovazione (PNI) non è solo un evento: è una fotografia dello stato dell’innovazione deep tech che nasce nelle università italiane. Osservando i progetti finalisti – e soprattutto i vincitori – si comprende in quale direzione si stanno muovendo i laboratori universitari, quali problemi del mondo reale stanno provando a risolvere giovani ricercatori e ricercatrici, e quali tecnologie hanno il potenziale per diventare imprese di scala.
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Premio Nazionale Innovazione 2025, una fotografia della ricerca che crea imprese
Il Premio Nazionale Innovazione 2025, quest’anno ospitato dall’Università di Ferrara e promossa da PNICube, conferma che l’Italia della ricerca genera startup che non si limitano a “portare sul mercato” strumenti tecnologici, ma ambiscono a incidere su energia, salute, sicurezza industriale e infrastrutture. Campi complessi, spesso invisibili, che richiedono competenze profonde e una forte connessione tra accademia e industria.
La presidente di PNICube, Paola M.A. Paniccia, lo riassume così: «I progetti presentati dimostrano come la ricerca d’eccellenza possa trasformarsi in imprese capaci di rispondere alle grandi sfide sociali e ambientali. Supportare lo scale-up è oggi un tema urgente per la competitività del Paese».
Ecco i vincitori dell’edizione 2025 del Premio Nazionale Innovazione e cosa c’è nei loro progetti.
RethaiN e la nuova generazione del biogas
Vincitore assoluto PNI 2025 – Categoria Cleantech & Energy
Ogni volta che si visita un impianto di biogas ci si scontra con un problema noto: il digestato, residuo dell’attività anaerobica, è costoso da smaltire e crea criticità ambientali. RethaiN, spin-off dell’Università Federico II di Napoli, lo trasforma invece in una risorsa.
La loro tecnologia recupera l’azoto in eccesso e lo converte in biomassa microbica ad alto valore proteico, adatta a biofertilizzanti e biostimolanti. Un’innovazione in linea con la logica dell’economia circolare: meno costi per gli impianti, più ricavi potenziali per gli operatori, e un impatto ambientale ridotto.
Il CEO Silvio Matassa sintetizza così la missione: «RethaiN nasce dalla volontà di creare nuove opportunità per i settori agricolo, energetico e ambientale. Il premio accelererà il nostro percorso di validazione e di scale-up».
Il progetto ha ottenuto anche il Premio Speciale Iren, che ne riconosce la sinergia con i modelli di business del gruppo. Come spiega Enrico Pochettino (Direttore Innovazione, Gruppo Iren): «L’open innovation ci permette di testare rapidamente soluzioni scalabili. RethaiN risponde in modo concreto alle sfide della transizione ecologica».
RethaiN è la testimonianza che il cleantech italiano sta evolvendo: non solo energie rinnovabili, ma biomateriali, chimica sostenibile e modelli circolari generati in università.
EvoClin: quando l’oncologia diventa predittiva
Categoria Life Sciences & MedTech
L’oncologia di oggi si basa sull’analisi genetica dei tumori, ma resta perlopiù descrittiva. EvoClin, nata tra l’Università Milano-Bicocca e l’Università Vita-Salute San Raffaele, propone una svolta: una piattaforma di machine learning che, partendo dai dati NGS, prevede con il 96% di accuratezza l’evoluzione futura della malattia.
In un contesto in cui il numero di geni analizzati è aumentato del 2870% e l’incidenza oncologica è destinata a crescere del 77% entro il 2050, la capacità di “anticipare” la progressione diventa decisiva.
Il CEO Ivan Civettini parla esplicitamente di cambio di paradigma:
«Prevedere l’evoluzione del tumore significa permettere ai medici di essere un passo avanti rispetto alla malattia, personalizzando le terapie in modo più efficace».
EvoClin ha ricevuto anche il Premio Day One “Deep Tech Outliers”. Come ricorda il founder Paolo De Stefanis: «Gli outlier sono coloro che spostano in avanti i confini del possibile. Questo riconoscimento vuole accompagnare le tecnologie più visionarie».
Non semplicemente una startup biotech, ma un tassello dell’oncologia computazionale del futuro.
MuonLab: la muografia che rivela l’invisibile
Categoria ICT
A volte le innovazioni decisive nascono in settori inattesi. MuonLab, spin-off INFN e Università di Firenze, utilizza i muoni cosmici – particelle naturali che attraversano la materia – per costruire immagini densitometriche 2D e 3D di infrastrutture, siti archeologici, miniere, dighe, acciaierie.
Una “radiografia” non invasiva, capace di penetrare anche centinaia di metri di spessore, senza alcuna perforazione. Un’innovazione che mette insieme fisica fondamentale, ingegneria e sicurezza delle infrastrutture.
Il CEO Riccardo Lucattelli spiega: «Vogliamo dare forma a ciò che non si vede, offrendo una tecnologia sostenibile per sicurezza, conservazione e valorizzazione del patrimonio industriale e culturale».
MuonLab è una startup perfettamente rappresentativa del deep tech universitario italiano: nasce da competenze di frontiera e crea applicazioni altamente verticali con domanda crescente.
GraphiCore: robotica estrema per il decommissioning nucleare
Categoria Industrial
Tra i progetti più radicali c’è GraphiCore, spin-off del Politecnico di Milano, che sviluppa robot e sistemi meccatronici progettati per operare in condizioni estreme – da -200°C a +1200°C, in ambienti acidi o radioattivi.
Il cuore dell’innovazione è una presa a vuoto brevettata che permette di movimentare in sicurezza i fragili blocchi di grafite radioattiva dei reattori nucleari a fine vita. Il sistema integra algoritmi di computer vision per riconoscere automaticamente i blocchi e pianificare la migliore traiettoria di presa.
Il CEO Riccardo Chebac lo definisce così: «Una risposta concreta a una delle sfide più complesse dell’energia: smantellare i reattori obsoleti garantendo sicurezza, precisione ed efficienza».
Per Prysmian Group, sponsor della categoria, GraphiCore rappresenta un esempio del tipo di innovazione che può accelerare la trasformazione industriale. Come ricorda Luca De Rai, direttore R&S Energia e Innovazione: «La qualità dei progetti è stata altissima. Investire in tecnologie scalabili e sostenibili è fondamentale per costruire l’industria del futuro».
Perché il PNI è un osservatorio privilegiato sul deep tech italiano
Ogni startup che arriva in finale rappresenta la punta di un iceberg: sotto c’è un ecosistema fatto di laboratori, incubatori accademici, Start Cup regionali, mentor, investitori, enti pubblici e privati che credono nella ricerca come motore di sviluppo.
«Il vero risultato non è solo il podio, ma la consapevolezza di far parte di un ecosistema che ha deciso di investire seriamente sull’innovazione», sottolinea la rettrice dell’Università di Ferrara Laura Ramaciotti
Per chi osserva l’innovazione italiana, il PNI è questo:
- una mappa annuale delle tecnologie emergenti;
- un termometro del deep tech universitario;
- un indicatore di come sta cambiando l’imprenditorialità scientifica in Italia.
E l’edizione 2025 mette in luce un trend chiaro: le startup nate nelle università italiane affrontano sfide globali – energia, clima, sicurezza industriale, sanità – con un approccio sempre più maturo, interdisciplinare e orientato alla scalabilità.




