Come stanno i business angel italiani?

Lunedì 16 si tiene la Convention annuale dell’Associazione presieduta da Paolo Anselmo. Che dice: “Fare il nostro lavoro è diventato più facile, ma la concorrenza è aumentata”. Il punto sul mercato in una ricerca fatta con Sda Bocconi.

Pubblicato il 13 Giu 2014

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Paolo Anselmo, presidente di IBAN

Come stanno i business angel italiani? Nel pomeriggio del 16 giugno si avrà certamente qualche risposta. IBAN, l’associazione che ne riunisce poco meno di 500, tiene la sua Convention annuale (qui trovi il programma) e sarà certamente l’occasione per fare il punto della situazione dopo un biennio di grandi cambiamenti nell’ecosistema delle startup ma anche di rallentamento negli investimenti.

Un’idea del mercato si può avere scorrendo la presentazione di IBAN, che dal 1999 è al lavoro per consolidare la figura del business angel anche in Italia. C’è riuscita se è vero che gli investimenti informali rappresentano circa un terzo del capitale di rischio. Ma adesso comincia una nuova fase. Come ammette lo stesso presidente di Iban, Paolo Anselmo, “rispetto a cinque anni fa la concorrenza è aumentanata, anche se fare il nostro lavoro è più semplice perché le startup hanno molta più visibilità e non bisogna diventare matti per andare a trovarne una buona”. E la vera concorrenza non viene solo dai venture capitalist o dalle aziende, che comunque sono strutturati e in qualche modo “prevedibili”, ma soprattutto da incubaroti, acceleratori e una galassia di investitori individuali, imprenditori più o meno piccoli, manager, family office, amici degli startupper che di fatto sono business angel ma non lo sanno o non vogliono dirlo.

In Italia si stima che gli investitori siano poco meno di mille, gli associati a IBAN sono quasi 500. La difficoltà di un censimento sta anche nella discontinuità dell’attività, dovuta alla scarsa dinamicità del mercato. Giustamente ricorda il presidente Anselmo che chi investe lo fa per aver un ritorno in tempi ragionevoli. Ma in Italia le exit si contano sulle dta delle mani e quindi molti angel passati 3/4 anni dall’investimento preferiscono mettersi in modalità standby. I business angel rappresentano un buon terzo degli investimenti sulle startup in Italia: circa 32 milioni di euro. Potrebbero essere molto di più, se ci fossero più compratori. E forse anche noi avremmo i nostri serial angel o serial entrepreneur. Perché i risultati entusiasmano e stimolano molto di più di qualsiasi legge amica o incentivo fiscale.

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