2013, l’incomprensibile sconfitta del biotech

Gli investimenti del venture capital sono concentrati sul digitale. Per una questione di moda, semplicità e l’intervento di fondi pubblici. E’ una sconfitta grave, perché in Italia ci sono le radici, le competenze e il settore offre possibilità di guadagno

Pubblicato il 11 Dic 2013

Pierluigi Paracchi, founder and Ceo Medixea Capital, Investor and Board Member at EOS

Bilancio 2013, le prime dieci start-up per importo investito dai venture capital italiani: 10 nel settore digital vs. 0 (zero) nel settore biotech. In soldoni: circa 25M€ investiti nelle prime dieci start-up “digital” contro 0 (zero) nelle “biotech”. Una sconfitta sonora, grave!

Nota di comprensione: la regina, per volumi e ritorni, degli investimenti in biotecnologia è la ricerca farmaceutica, le “new drugs”, i nuovi famaci – biologici (es. insulina) o chimici (es. aspirina); poi i diagnostici (es. test sangue) e i dispostivi medicali (es. pace-maker).

Vedendo le exit dell’anno però, ne troviamo una da 440M$ nel biotech vs. …un dato che mi sfugge per mancanza di statistica, ma che a memoria mia e di amici venture capitalist, non supera il 5/10% di quanto fatto nelle biotecnologie nostrane. Vero, EOS – la molecola da “mezzo miliardo di dollari” – potrebbe essere considerata rara come il passaggio a Natale della Cometa Halley (comunque quest’anno no cometa – si EOS!). Ma quando vedo il “10 vs. 0” mi sembra che qualche cosa non stia girando, eppure da noi tutto gira…

Senza nulla togliere agli amici del digital, che possono e devono crescere, segnalo quanto segue:

1. Radici. Nella ns cultura la ricerca scientifica legata alle scienze della vita è sempre stata protagonista e ci ha attratto in massa. Si veda, ad es., Telethon, in bella mostra proprio in questi giorni -> tu che leggi: dona con un sms al numero 45506.

2. Tradizione. Abbiamo centri competitivi a livello mondiale: San Raffaele, IEO – Istituto Europeo dei Tumori, Humanitas, Mario Negri, e altri.
3. Possibilità di guadagno (di exit): i possibili compratori (ndr. vendita della start-up a fantastilioni), a differenza del digital, non sono ad un oceano di distanza. In Italia: Chiesi, Menarini, Zambon, Recordati; appena si supera il confine nord: Roche e Novartis; se salgo ancora un po’: Sanofi, Glaxo, Bayer, ecc..

Ma allora come mai siamo 10 vs. 0 ?

a. fondi pubblici, croce e delizia del ns sistema venture (rammento il mio urlo: “no al venture capital di stato” in un precedente post i questo sito), troppo sbilanciati sul digital: cito l’ingarbugliato fondo SUD digitale che ha drogato le statistiche;
b. fattore moda: Facebook e Twitter sono consumer, li usiamo tutti e crediamo, erroneamente e un po’ romanticamente, che basti ancora un ragazzo, un pc e un garage per valere 100B$;
c. comprensione: tutti pensiamo.. di capire i social network o l’e-commerce perché li utilizziamo, mentre non è di dominio comune, ad es., la terapia genica.

Insomma, si deve fare qualche goal. Credo nella grande rimonta e punto a un 2014 dove tra i primi 10 investimenti dell’anno dovrà esserci qualche start-up biotech. Ciò anche per avere un mercato del VC più maturo, più completo. E in parte più corrispondente alle nostre radici e tradizioni scientifiche.

Sono sempre su twitter @pigiparacchi, nonostante quanto detto anche io sono un po’ digital 🙂

* Pierluigi Paracchi è founder and Ceo Medixea Capital, Investor and Board Member at EOS

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