Negli ultimi due anni e mezzo, l’intelligenza artificiale generativa è stata protagonista di una diffusione straordinaria: gli assistenti conversazionali sono diventati strumenti di uso comune per milioni di persone, impiegati per scrivere testi, cercare informazioni, organizzare attività o automatizzare compiti.
Due ricerche pubblicate nel settembre 2025 – una di OpenAI, l’altra di Anthropic – offrono una fotografia ampia e complementare di questo fenomeno. La prima ricostruisce in dettaglio l’uso consumer di ChatGPT: frequenza, distribuzione demografica, motivazioni e ricadute economiche. La seconda introduce un indice specifico (AI Usage Index) per misurare l’adozione di Claude nei diversi Paesi, con attenzione alla geografia, ai settori e al ruolo crescente dell’automazione tramite API.
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Adozione e crescita
L’ascesa degli assistenti conversazionali è stata dirompente. Secondo OpenAI, a luglio 2025 ChatGPT contava circa 700 milioni di utenti attivi settimanali, pari a circa il 10% della popolazione adulta mondiale. Ogni giorno, attraverso l’interfaccia consumer, vengono scambiati oltre 2,5 miliardi di messaggi. È un ritmo di adozione che non trova precedenti, neppure rispetto ad altre grandi tecnologie digitali come i social media o gli smartphone.
Ma non è solo una questione di quantità: dal lancio, ChatGPT ha visto un’evoluzione della composizione dell’utenza. Inizialmente, era utilizzato in larga parte da uomini giovani con una forte familiarità tecnologica. Oggi, il profilo è decisamente più eterogeneo. Tra novembre 2022 e giugno 2025, il rapporto di genere si è riequilibrato: se nei primi mesi l’80% degli utenti aveva nomi associati a uomini, oggi la piattaforma registra una lieve maggioranza femminile. Per quanto riguarda l’età, invece, rimane una prevalenza di giovani: infatti, quasi la metà dei messaggi inviati da adulti continua a provenire da utenti sotto i 26 anni, segno che le nuove generazioni stanno integrando l’IA nei propri flussi quotidiani di studio, lavoro e comunicazione.
Altrettanto interessante è la geografia della crescita. ChatGPT registra tassi di adozione più rapidi nei Paesi a reddito medio, un segnale che mostra un’IA generativa usata come strumento accessibile per acquisire competenze, risparmiare tempo o affrontare compiti complessi in contesti con risorse limitate.
Lo studio di Anthropic introduce un indicatore chiamato AUI (AI Usage Index), che misura quanto l’uso totale della piattaforma Claude in una specifica area geografica (Paese, Regione, Stato) è sovra- o sotto-rappresentato rispetto a quanto sarebbe atteso basandosi sulla popolazione in età lavorativa (solitamente 15-64 anni) di quell’area.
In sostanza, si calcola prendendo il rapporto fra la quota dell’uso di Claude nell’area e la quota che quella popolazione lavorativa rappresenta nel dataset demografico. Un AUI maggiore di 1 indica che l’uso è superiore a quanto previsto per la dimensione della popolazione attiva; un valore inferiore a 1 indica il contrario.

Questo grafico mostra una correlazione diretta tra AUI e PIL pro capite. Alcuni paesi come Israele, Corea, Georgia, Montenegro, Nepal si collocano ben al di sopra della media, segnalando un uso particolarmente intenso della tecnologia rispetto alla loro scala demografica. L’Italia, come evidenziato nel grafico, è leggermente al di sotto della curva attesa, con un AUI inferiore rispetto ad altri Paesi con un livello simile di PIL pro capite.
Uso lavorativo vs. non lavorativo
Uno degli aspetti più rilevanti emersi dagli studi di OpenAI e Anthropic riguarda la natura delle attività svolte con l’IA: quanto di ciò che viene fatto riguarda il lavoro, e quanto invece appartiene alla sfera personale, educativa o ricreativa?
Secondo l’analisi di OpenAI, circa il 70% dei messaggi inviati su ChatGPT non ha finalità lavorative. Questa quota, già maggioritaria nel 2024, ha continuato a crescere nell’ultimo anno, a testimonianza di un’adozione sempre più trasversale e quotidiana.

L’uso lavorativo è più frequente tra gli utenti con alti livelli d’istruzione, impiegati in professioni intellettuali e ben retribuite. In particolare, gli utenti laureati sono molto più propensi a impiegare ChatGPT per attività di produzione scritta, organizzazione del lavoro o analisi informativa.

A cavallo tra uso personale e professionale, OpenAI identifica tre categorie che da sole coprono circa l’80% delle interazioni su ChatGPT:
- Writing: richieste di scrittura, editing, traduzione, riassunto, creazione di contenuti;
- Practical Guidance: consigli pratici su come svolgere compiti, attività quotidiane o processi professionali;
- Seeking Information: ricerche di tipo informativo, simili all’uso di un motore di ricerca.
L’utilizzo di ChatGPT per la programmazione rimane contenuto: solo il 4,2% dei messaggi rientra in questa categoria. Il dato può sembrare sorprendente se confrontato con Claude.ai, dove le attività di coding, debugging e problem solving tecnico rappresentano circa il 36–40% delle interazioni totali, e addirittura fino al 44% del traffico API.
Bisogna però considerare la diversa scala: ChatGPT conta circa 700 milioni di utenti attivi settimanali, mentre Claude ha una base stimata molto più piccola, pari solo a una frazione di quella di OpenAI. In termini assoluti, i volumi non sono quindi così distanti. La differenza nelle percentuali, invece, mette in luce la diversa natura delle due piattaforme: ChatGPT ha un’utenza molto più consumer e generalista, mentre Claude concentra l’uso soprattutto in ambito tecnico e professionale, con un forte orientamento verso l’automazione e l’integrazione nello sviluppo software.
Automazione vs. potenziamento: come cambia l’interazione con l’IA
Entrambi i rapporti non si limitano a classificare i compiti svolti con l’IA, ma si interrogano sull’intento che guida l’interazione: capire non solo cosa fanno gli utenti, ma in che modo scelgono di farlo. OpenAI adotta una tassonomia che distingue tra tre macro-intenzioni d’uso:
- Doing, ovvero il “fare” operativo, quando l’utente chiede al modello di svolgere un compito concreto;
- Asking, il “chiedere” informativo, dove l’IA è interpellata come risorsa cognitiva per ottenere spiegazioni, consigli o approfondimenti;
- Expressing, l’“esprimere” creativo, quando l’utente utilizza il chatbot per comunicare, condividere o articolare pensieri.

Questa tripartizione consente di osservare come l’interazione con l’IA oscilli tra delega, supporto e co-costruzione. Nei dati di OpenAI, l’area Doing rappresenta oggi circa il 34% dei messaggi complessivi, ma sale fino al 56% tra quelli con finalità lavorative. La quota di Asking è invece la più dinamica: nel 2025 raccoglie oltre la metà delle interazioni e cresce in modo speculare al calo di Doing, a conferma di un progressivo spostamento dall’uso esecutivo verso un impiego dell’IA come strumento di ricerca, chiarimento e problem solving. Expressing, pur restando più contenuto (circa il 14%), mostra una crescita costante e segnala l’espansione di usi personali e ricreativi.
Anthropic propone una tassonomia su due livelli. Le interazioni vengono distinte tra automazione (automation), dove l’IA produce un risultato con input minimo da parte dell’utente, e potenziamento (augmentation), dove l’utente e l’IA collaborano per raggiungere un obiettivo.
Sul Claude.ai, l’equilibrio tra automazione e potenziamento resta vicino al cinquanta per cento, segno di una sperimentazione quotidiana e collaborativa. Ma nelle richieste via API la logica cambia radicalmente: qui l’automazione supera il 77% delle interazioni, perché le imprese utilizzano l’IA per sostituire interi processi. È un’indicazione chiara di come l’adozione organizzativa stia spingendo verso una delega sempre più ampia, con implicazioni dirette sulla produttività e sulla configurazione del lavoro.

All’interno di questi due blocchi si identificano diverse modalità d’interazione:
Automazione:
- Directive: l’utente scrive un prompt essenziale e riceve un output completo, senza ulteriori passaggi.
- Feedback loop: l’utente comunica all’IA l’esito reale del compito svolto, permettendo un apprendimento iterativo.
Potenziamento:
- Apprendimento: l’utente chiede spiegazioni o informazioni per orientarsi o migliorare le proprie conoscenze.
- Sviluppo iterativo del compito: l’utente collabora con l’IA attraverso più passaggi successivi.
- Validazione: l’utente chiede un parere, una revisione o un miglioramento su un contenuto già elaborato.
Il dato chiave è che, da dicembre 2024 a metà 2025, le conversazioni Directive sono passate dal 27% al 39%. Allo stesso tempo, per la prima volta, l’automazione (49,1%) ha superato il potenziamento (47%) come modalità principale d’uso.
Due fattori sembrano essere alla base di questa transizione. Da un lato, la crescente fiducia nei modelli: gli utenti sono sempre più propensi a considerare l’output iniziale come già “sufficientemente buono”. Dall’altro, il miglioramento della qualità: con l’evoluzione dei modelli, l’IA è diventata più capace di anticipare bisogni e produrre risultati di alta qualità al primo tentativo.
Tuttavia, la geografia introduce una sfumatura importante. Nei paesi con un alto indice di utilizzo (AUI), come Singapore o Israele, emerge maggiormente un uso dell’IA orientato al potenziamento. Viceversa, nei paesi con basso AUI, c’è una maggiore propensione verso l’uso direttivo: le richieste tendono ad affidarsi a risultati pronti, con meno passaggi intermedi o supervisione umana. In altre parole, non esiste una traiettoria unica verso l’automazione: la qualità del contesto, delle infrastrutture e delle competenze disponibili orienta fortemente il modo in cui le persone scelgono di interagire con l’IA.
Implicazioni economiche e sociali
Che valore crea l’IA? E per chi? Le due ricerche offrono risposte diverse, che riflettono anche le differenze strutturali tra OpenAI e Anthropic.
Secondo OpenAI, il valore principale si produce come supporto decisionale e potenziamento cognitivo. ChatGPT non sostituisce l’azione umana, ma ne amplifica velocità, efficacia e sicurezza, in particolare nei lavori a elevato contenuto intellettuale. In questo senso, l’IA funziona come moltiplicatore delle competenze già esistenti: aumenta le possibilità di chi possiede conoscenze avanzate o responsabilità strategiche.
La prospettiva di Anthropic è più orientata ai processi organizzativi. Claude, soprattutto tramite le API, è utilizzato per automatizzare workflow interi – dalla produzione di documentazione all’analisi dei dati – generando ritorni diretti in termini di produttività ed efficienza. Qui il valore non risiede tanto nell’assistenza individuale, quanto nella capacità di integrare l’IA nei sistemi aziendali, con benefici che si accumulano soprattutto nelle organizzazioni strutturate.
Il confronto dimensionale aiuta a chiarire questa divergenza. Infatti, mentre OpenAI dichiara circa 700 milioni di utenti attivi settimanali su ChatGPT, Anthropic resta una realtà molto più piccola: secondo stime indipendenti, Claude conta fra i 16 e i 19 milioni di utenti attivi al mese, di cui circa 2,9 milioni tramite app mobile. Numeri lontani dalla scala di OpenAI. Infatti, invece di tentare di competere frontalmente con OpenAI sull’acquisizione massiva di utenti, Claude si è concentrata su use case business e developer-oriented, diventando un punto di riferimento per attività di programmazione e automazione professionale.
Al di là delle differenze di scala e posizionamento delle aziende, i due studi permettono di affermare che l’intelligenza artificiale è un fattore di trasformazione economica e sociale, che assume i tratti di un fenomeno emergente: cresce in modo non lineare e produce usi imprevisti o sottovalutati.
Per esempio, da un lato è vero che l’IA permette di sostituire gli umani nei processi a basso valore aggiunto. Dall’altro, si diffonde con forza nell’area della programmazione software, uno dei settori a maggiore specializzazione e con i salari più alti, come companion degli sviluppatori. E, allo stesso tempo, sta creando una nuova generazione di maker (o citizen developer) che grazie al vibe coding possono sviluppare piccole applicazioni, creare prototipi e MVP.
Anche sul fronte personale gli usi vanno oltre i compiti pratici: gli utenti chiedono consigli, sostegno psicologico e apprezzano il tono caldo e rassicurante dei chatbot, tanto da reagire quando viene sostituito da registri più neutri, come accaduto con il lancio di GPT-5. Da queste pratiche stanno emergendo nuove subculture e forme inedite di relazione con le macchine, come il movimento wiresexual, che interpreta i chatbot non solo come strumenti, ma anche come partner emotivi o identitari. È un’area ancora poco esplorata dalla ricerca ufficiale, ma che testimonia come l’IA si stia ormai intrecciando con processi culturali e relazionali ben oltre la sfera della produttività e dell’efficienza.
Probabilmente è proprio in queste dimensioni emergenti, dove si intrecciano lavoro, creatività e nuove forme di identità, che si giocherà la vera portata della trasformazione in corso.
Fonti:
- A. Chatterji et al., How People Use ChatGPT
- Anthropic, Anthropic Economic Index report: Uneven geographic and enterprise AI adoption
- Anthropic, Anthropic Economic Index: Tracking AI’s role in the US and global economy
Nota di trasparenza. Questo articolo è stato sviluppato in collaborazione con l’intelligenza artificiale per ampliare le capacità dell’autore nel reperire fonti, analizzarle e organizzarle. Il processo parte con un brainstorming assistito dall’IA, procede con l’esplorazione di diverse versioni del testo per concludersi con una revisione curata interamente dall’autore. L’intelligenza artificiale ha affiancato, senza mai sostituirle, le scelte creative e argomentative, che restano pienamente umane.






