INTERVISTA

Luciano De Propris (ELIS): con Open Italy lavoriamo per l’innovazione che crea impatto per il business e per la società



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L’Head of Open Innovation di ELIS Innovation Hub ci ha raccontato Open Italy, il programma lanciato nel 2017 dall’azienda per sviluppare la cultura dell’open innovation. La parola d’ordine per quest’anno è “Innovation to Impact”

Pubblicato il 8 feb 2024



Luciano De Propris

A che cosa serve l’innovazione? La domanda circola con sempre maggiore frequenza nelle aziende, soprattutto in una fase economica come quella attuale, di recessione annunciata, in cui non sempre è sufficiente la risposta che rimanda avanti nel tempo: serve a costruire il futuro. “Per noi il valore dell’innovazione è creare impatto, qui e ora”, dice Luciano De Propris, Head of Open Innovation di ELIS Innovation Hub, che per la nuova edizione del programma Open Italy ha scelto “Innovation to Impact” come parola d’ordine del 2024. È questo anche l’anno in cui è previsto il lancio di un nuovo laboratorio di innovazione sociale che allargherà il perimetro del programma.

ELIS è un ente non profit di formazione e allo stesso tempo un consorzio di oltre 120 imprese, tra grandi aziende, PMI e centri universitari, che sta per tagliare il traguardo dei 60 anni di attività. Da diversi anni sviluppa progetti di innovazione tecnologica e, in particolare, di quella che chiama “innovazione collaborativa”. Open Italy è il programma lanciato nel 2017 per sviluppare la cultura dell’open innovation. Che cosa fa e con quali obiettivi, lo vediamo con Luciano De Propris, che racconta la svolta del 2024: “Stiamo lavorando per l’Open Italy del futuro prossimo”.

De Propris, che cos’è oggi Open Italy?

Open Italy è nata con l’ambizione di diventare una grande piattaforma di co-creazione tra le corporation che lavorano in Italia e tutto l’ecosistema italiano dell’innovazione. Quello che facciamo è cercare di coinvolgerle sempre di più, partendo dai risultati dei progetti. A me piace pensare che siamo diventati un attivatore enzimatico. Accompagniamo la messa a terra di prototipi, che facciamo diventare qualcosa di più, dei veri e propri “case” da poter discutere per poi implementare il modello. E visto il numero di progetti realizzati, possiamo dire che il meccanismo funziona.

Quanti progetti sono stati realizzati nel 2023?

In occasione della nostra Celebration di fine gennaio, all’Acquario Romano, sono stati presentati 30 progetti da parte dei più grandi gruppi industriali, da Leonardo a Ferrovie dello Stato, da Poste a ENI, che hanno impegnato altrettante startup. In sette anni, Open Italy ha creato una community di esperti di innovazione che ha un valore unico.

Quale valore?

Con le attività svolte in questi anni abbiamo raccolto oltre 500 bisogni di innovazione e li abbiamo riuniti in un’unica piattaforma. In questo modo, un intero ecosistema può visionare rapidamente ciò di cui ha più bisogno. Per questo, adesso, il nostro obiettivo è diventare una grande piattaforma industriale, cioè aiutare l’innovazione a scalare nel b2b, utilizzando la leva delle grandi aziende nostre partner, che permettono di testare e validare nuovi modelli di business. Noi aiutiamo a implementare soluzioni innovative e ci auguriamo che alcune di queste possano attecchire e svilupparsi.

Su EconomyUp scriviamo spesso di open innovation. Voi parlate molto di innovazione collaborativa. Che cosa c’è di diverso?

L’innovazione collaborativa non è fatta solo di apertura verso l’esterno. Oltre che guardare fuori, innovare in modo collaborativo significa dialogare con tutto l’ecosistema dell’innovazione. ELIS è un consorzio di grandi aziende e quindi abbiamo lavorato molto sul dialogo fra di loro per attivare processi di peer learning, Anche le corporate possono imparare l’una dall’altra. Scambiandosi best practice, ad esempio. Così l’ecosistema cresce, un po’ per imitazione, un po’ per emulazione, un po’ anche per sana competizione, ma in un contesto collaborativo. Di questo ecosistema fanno parte anche i giovani innovatori, gli startupper e i giovani del nostro hub, che forgiano la loro professionalità sviluppando progetti di innovazione. Attori fondamentali, perché alimentano un dialogo intergenerazionale e perché, crescendo, saranno i futuri changemaker.

Torniamo alla domanda iniziale. A che cosa serve l’innovazione?

È una domanda che ci facciamo spesso nei nostri team e con i nostri partner. Dopo anni di lavoro, siamo arrivati a definire modelli che vanno oltre l’ottimizzazione economica. L’innovazione può e deve costruire un valore più grande, un impatto sulle persone e sui loro spazi di vita. E tanto ci crediamo, che Innovation To Impact è la parola d’ordine che abbiamo scelto per il 2024.

Perché questa scelta?

Lo ha spiegato bene Elena Goitini, Amministratore Delegato di BNL e Responsabile BNP Paribas per l’Italia, nel suo intervento in occasione della Celebration di Open Italy a fine gennaio. Goitini guida attualmente come Presidente di Turno il Consorzio di aziende ELIS. Intervenendo all’evento, ha sottolineato l’importanza di vedere l’impatto sociale non come un’azione di charity, che devolve parte del valore generato con il business. Dobbiamo cambiare paradigma e comprendere che l’impatto va posto all’origine della generazione del valore e così scopriamo che non è charity, ma driver di sviluppo. Ecco perché “Innovation To Impact”. L’innovazione che crea impatto è l’innovazione che crea sviluppo. Dobbiamo essere, come spesso si usa dire in tema d’innovazione, “ambidestri”, cioè continuare a essere un grande laboratorio industriale e di business, partendo da un nuovo modello d’innovazione sociale basato sull’inclusione e sul coinvolgimento dei territori e della società civile.

Quali saranno gli ambiti in cui sperimentare l’innovazione ad impatto nel 2024?

I perimetri collaborativi che stiamo condividendo con le aziende sono Ecotech & Sustainability, Future Cities e Smart Mobility, Operational Excellence & Asset Management, Job Revolution People & Workplace, Customer Engagement & New Sales Channel, Cyber Resilience Digital Identity & Data Protection, Fintech & Legaltech. Stiamo inoltre studiando gli ambiti e le intersezioni tra il business e la società civile con l’obiettivo di definire gli stakeholder e gli scenari su cui costruire valore.

Come si convincono le aziende ad andare in questa direzione?

Con i numeri. Quello che piace di più a noi è lo SROI, che quest’anno ha raggiunto 3,30. Un numero cumulato, che racconta gli sforzi di tutti.

Che cosa significa questo numero?

L’acronimo sta per Social Return On Investment. Significa che con ogni euro investito in innovazione collaborativa Open Italy ne produce 3.30 di ritorno sociale. In questo numero c’è tutto quello che molti non vedono, c’è la capacità di fare squadra e di crescere come ecosistema. Queste dinamiche di impatto sono state definite e calcolate d’intesa con tutti i nostri stakeholder. Quanti incontri sono stati fatti con le startup? Quanti incontri fatti tra Corporation? Quanti progetti multi-corporate sono stati attivati? E dentro quel numerino ci stanno anche i giovani talenti che con Open Italy hanno vissuto la loro prima esperienza professionale. C’è tutto questo, compreso lo scaling verso le aree di business, che aumenta il numero di persone coinvolte. In questi primi sette anni Open Italy ha costruito un grande laboratorio di innovazione industriale e continueremo a farlo. Ma vicino a questo, apriremo anche un grande laboratorio di innovazione sociale.

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