TECNOLOGIA SOLIDALE

Longevità 4.0, perché invecchiare bene con intelligenza artificiale e neuroscienze è una sfida etica



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Un webinar del Gruppo di Neurobioetica dell’Ateneo Regina Apostolorum affronta il tema dell’invecchiamento alla luce di neuroscienze, intelligenza artificiale ed etica. Per Padre Carrara serve uno sguardo nuovo: la longevità è una sfida culturale, non solo sanitaria

Pubblicato il 27 giu 2025

Antonio Palmieri

Fondatore e presidente di Fondazione Pensiero Solido



longevità

Padre Alberto Carrara, lei è neuroeticista e da 15 anni dirige il Gruppo di Neurobioetica dell’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum. Chi è, che cosa fa e perché è necessario oggi un neuroeticista?
La neuroetica studia le implicazioni etiche, legali e sociali delle neuroscienze e delle neurotecnologie. Affrontiamo questioni complesse, dovute ai grandi progressi nella comprensione del cervello e allo sviluppo delle annesse tecnologie. Lavoriamo all’intersezione tra neuroscienze, filosofia, etica, diritto, psicologia e sociologia.

Sembra molto complicato…
…ma in realtà è semplice. Noi lavoriamo affinché lo sviluppo delle neuroscienze sia responsabile e i progressi in questo campo rispettino i valori umani fondamentali. Vogliamo che la persona rimanga il soggetto e non sia trattato come un oggetto.

Possiamo dire che vi occupate del fatto che non tutto quello che è scientificamente e tecnicamente fattibile sia anche umanamente accettabile e sostenibile?
Lo possiamo dire. La rivoluzione tecnologica che stiamo attraversando, con l’intelligenza artificiale, l’epigenetica, le neuroscienze applicate impone la necessaria attenzione. Facciamo tutto questo non in modo astratto, ma calandolo nei vari ambiti della vita.

Per questo motivo il 3 luglio dalle 17:00 alle 18:30 lei e il Gruppo di Neurobioetica (GdN) della Facoltà di Filosofia dell’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum avete organizzato il webinar “Longevità 4.0. Neuroscienze e AI per il futuro dell’invecchiamento”? Da dove nasce l’idea di questo incontro?
Nasce in continuità con il Vatican Longevity Summit dello scorso marzo, che ha riunito scienziati, filosofi, bioeticisti e leader spirituali per affrontare insieme le sfide della quarta età. Il messaggio lì emerso è stato chiaro: la longevità non è solo una questione tecnica o sanitaria, ma una questione profondamente umana e spirituale. Il webinar del 3 luglio vuole raccogliere e rilanciare quella sfida. Stiamo vivendo una delle più grandi trasformazioni demografiche della storia umana. L’allungamento della vita ci pone interrogativi etici, sociali e culturali profondi: non si tratta più solo di vivere più a lungo, ma di vivere meglio. E la qualità di questo “invecchiamento riuscito” ha al centro una dimensione fondamentale: la salute del cervello e le annesse tecnologie.”

Per fare tutto questo è sufficiente trovarsi un’ora e mezza online?
Lei sa già la risposta alla sua domanda retorica…Il webinar del 3 luglio è la prima tappa di un percorso: da settembre attiveremo il nuovo corso di perfezionamento online in Neurobioetica – il nono – dedicato proprio a questi temi. Il corso affronterà in modo sistematico la salute cerebrale lungo l’arco della vita, integrando approccio scientifico e riflessione etico-antropologica, nel solco dell’interdisciplinarità che contraddistingue la neurobioetica. Inoltre…

…inoltre?
Il 3 luglio saranno con me la professoressa Matilde Leonardi, neurologa e direttore della Struttura Complessa Neurologia, Salute Pubblica, Disabilità e del Coma Research Centre della Fondazione IRCCS Istituto Neurologico C. Besta di Milano. È un riferimento internazionale nel campo della salute pubblica e dell’invecchiamento attivo. Con lei il dottor Alberto Beretta, direttore dell’Unità di Immunobiologia del San Raffaele di Milano, presidente e direttore scientifico di SoLongevity, un progetto che mira a portare le più recenti scoperte scientifiche nel campo dell’healthy aging nella pratica clinica.

Lei è un sacerdote, ma anche un ricercatore. Qual è lo specifico apporto della filosofia e dell’etica in questo campo?
È fondamentale. Le neuroscienze e l’IA ci forniscono strumenti straordinari, ma non possono dirci da sole come usarli. Serve un discernimento etico, capace di custodire la dignità dell’umano, anche nella fragilità. L’etica non è un freno al progresso, ma una guida per orientarlo. Il rischio, oggi, è che la quarta età venga vista solo come un problema da gestire, mentre può essere una fase di grande fioritura personale e sociale, se accompagnata in modo giusto. Abbiamo necessità di uno sguardo nuovo. Possiamo e dobbiamo pensare l’invecchiamento non solo come estensione cronologica della vita, ma come una stagione ricca di senso, relazioni, partecipazione, nella quale la tecnologia deve essere al servizio della persona, non viceversa.

Ha qualche esempio che può raccontarci?
Nei miei incontri pubblici cito sempre il dottor Howard Tucker, 102 anni, neurologo di Cleveland, entrato nel Guinness dei Primati come il medico più anziano ancora in attività al mondo. Cammina ogni giorno, lavora, studia, è lucido, brillante, curioso. Il suo cervello, la sua memoria, la sua vitalità sembrano smentire ogni pregiudizio sull’invecchiamento. Tucker non attribuisce la sua longevità a miracoli genetici, ma a uno stile di vita attivo, alimentazione equilibrata, esercizio fisico quotidiano e un atteggiamento mentale positivo. Il suo esempio ci interpella: è possibile vivere bene e a lungo per tutti?

Grazie ai progressi delle neuroscienze, della medicina preventiva, dell’epigenetica e delle scienze della longevità direi proprio di sì. Ma a quali condizioni?
Qui sta il punto. Il cuore di questa sfida non è soltanto biologico o tecnologico. È umano, etico, culturale. Come possiamo costruire una società in cui l’allungamento della vita sia davvero un’opportunità per tutti, e non il privilegio di pochi? Qual è il ruolo del cervello – e della salute cerebrale – in questo cammino verso un “invecchiamento riuscito”? Che cosa significa davvero invecchiare bene, e come possiamo renderlo accessibile e sostenibile?

Qual è, allora, il cuore di questo messaggio sulla longevità?
Ogni stagione della vita ha un valore. Come ha detto Papa Francesco, “ogni età è un dono”. La longevità può diventare una benedizione se accompagnata da politiche giuste, da una cultura della prossimità, da un’attenzione integrale alla salute mentale e relazionale. E soprattutto da uno sguardo sapiente, capace di vedere nella persona anziana non un peso, ma una risorsa per tutti. Mi auguro che sia l’inizio di un nuovo sguardo culturale sulla longevità. Un’occasione per formarsi, interrogarsi e costruire insieme una società in cui anche l’ultima parte della vita sia vissuta con pienezza, dignità e senso. La longevità è già il presente, non solo il futuro.

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