L’INTERVENTO

Leonardo, l’innovazione e la relazione fra macchine e umani



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Leonardo non ha inventato tutto ma oltre 500 anni fa ha portato il concetto di tecnologia “automatica” nella realtà, anticipando fenomeni come la rivoluzione industriale e persino l’intelligenza artificiale. Con l’idea di “aumentare” le capacità umane

Pubblicato il 13 mag 2024

Sergio Amati

General Manager IAB Italia



FotoLeonardo

Quando si pensa a Leonardo, una delle prime parole che vengono alla mente è “produttività”. Nella sua relativamente breve vita (67 anni. dal 1452 al 1519) ha prodotto circa 250 opere pittoriche e una quantità enorme di progetti, disegni, appunti. I codici leonardeschi sommano ben 3490 fogli scritti fitti fitti e non erano foglietti A4. Ha esplorato discipline diversissime come l’anatomia, l’ingegneria, la botanica, l’architettura, la musica.

Nella nostra mente Leonardo ha inventato praticamente TUTTO

Vorrei parlare di una cosa che Leonardo NON HA INVENTATO ma che a mio parere racconta bene il suo modo di pensare e il suo approccio all’innovazione e all’uso della tecnologia, che vale ancora oggi nell’epoca dell’intelligenza artificiale.

Il nostro racconto parte da Bologna e da un oggetto che è stato chiamato proprio come lui: LEONARDO

DUECENTOCINQUANTACINQUE MILIONI DI MILIARDI: questo è il numero di calcoli che il supercomputer Leonardo riesce a fare, in un secondo. Leonardo si trova al CINECA di Bologna ed è uno dei più potenti supercomputer al mondo, fondamentale per sostenere la strategia italiane ed europea sull’intelligenza artificiale.    

Perché è stato chiamato così? Sicuramente vuole essere un omaggio al grande Genio italiano e poi come si dice…” a chiamare Leonardo una cosa figa e complicata non si sbaglia mai”.

E ci potremmo fermare qui.

Ma esiste un rapporto tra Leonardo da Vinci e il calcolo automatico?

Leonardo era noto per la sua curiosità insaziabile e la sua sete di conoscenza. Manteneva quaderni pieni di disegni, schizzi e appunti su tutto ciò che lo affascinava, dalle idee per nuove invenzioni alle osservazioni sulla natura e sulle persone che lo circondavano. Questi quaderni, oggi noti come i “Codici” di Leonardo, sono un tesoro di conoscenza e intuizione, e offrono uno sguardo senza precedenti nella mente di un genio.

Tutti ricorderete il codice Atlantico che si trova a Milano alla Biblioteca Ambrosiana, il Codice Hammer, ora Leicester, comprato da Bill Gates, ma per parlare di Leonardo e i calcolatori dobbiamo andare alla Biblioteca Nazionale di Spagna di Madrid dove si trovano due dei codici meno noti, che si chiamano appunto CODICI MADRID.

Gli otto volumi, per un totale di oltre 540 pagine, trattano argomenti di meccanica, statica e poliorcetica (costruzione e assedio di fortificazioni). Il fulcro dell’opera è costituito da una miriade di disegni e schizzi a inchiostro. 

Questi codici vengono acquistati nel 1785 dal Re di Spagna e portati a Madrid. Se ne perdono le tracce per quasi 200 anni fino a quando nel 1967 vengono ritrovati e uno studente americano, Jules Piccus, ne presenta una riproduzione in una mostra all’Università del Massachusetts a Boston.

Uno dei visitatori della mostra di Boston si chiama Roberto Guatelli, è un ingegnere italiano la cui attività, fin dal 1939, era la costruzione di modelli delle macchine leonardesche.

Tra i vari disegni, uno attira l’attenzione di Guatelli. Rappresenta una catena di 14 coppie di ruote dentate che ingranano fra loro, ognuna delle quali ha un rapporto di 10 a 1 nel numero dei denti.

Il primo e l’ultimo asse sono connessi a due pesi.

Lo schizzo ricorda a Guatelli un’altra macchina calcolatrice, apparsa circa cento anni dopo: la famosa “addizionatrice” del matematico e filosofo francese Blaise Pascal che aveva anch’essa una struttura a ruote dentate. Guatelli deduce quindi che lo schizzo rappresenti una calcolatrice e, entusiasta di questa sua ipotesi, nel 1968 ne costruisce un modello in metallo.

In realtà, successivi studi definiranno che il disegno di Leonardo non rappresenta una calcolatrice ma più una macchina per moltiplicare la forza. Gli ingranaggi nel disegno non sono tra loro autonomi, come nella pascalina, ma continuamente collegati. 

Guatelli ha realizzato un modello con caratteristiche diverse e che utilizza nozioni derivanti dalla conoscenza di macchine arrivate centinaia di anni dopo.

L’ingegnere era caduto anche lui nella “TRAPPOLA DI LEONARDO” che fa valere l’assunto “ha inventato tutto e sicuramente anche questo”. Più precisamente, aveva fatto un errore piuttosto comune nella storia della scienza e della tecnologia, cioè la tendenza a proiettare nel passato la conoscenza che abbiamo oggi e ad attribuire a personaggi del passato le intenzioni che ci avrebbero animato se avessimo potuto metterci al loro posto. 

La notizia è quindi che LEONARDO NON HA INVENTATO LA CALCOLATRICE

Ma questa affermazione è vera solo in parte. Senza che mi contraddica vi spiego perché.

Leonardo non ha inventato la calcolatrice ma aveva comunque immaginato uno strumento per “AUMENTARE” la capacità umana, un oggetto che, dato un input, generasse un risultato di molto superiore a quello che un essere umano avrebbe potuto realizzare.

Secondo Massimo Chiriatti, la tecnologia si può classificare in tre forme: 1) semplice, che richiede il fare, estendendo e rinforzando le nostre capacità manuali. Per esempio, il martello e la forbice; 2) automatica, che automatizza le regole che noi abbiamo immesso. Per esempio, il robot e la calcolatrice; 3) autonoma, che calcola con le regole che ha “imparato” autonomamente, con nostra delega, dalla realtà. E questa è l’intelligenza artificiale.

Il presunto calcolatore di Leonardo, come molte altre macchine da lui inventate, è un esempio modernissimo di approccio alla relazione tra essere umano e macchine. Leonardo non ha inventato la calcolatrice ma aveva già, oltre cinquecento anni fa, portato il concetto di tecnologia “automatica” nella realtà, anticipando fenomeni come la rivoluzione industriale.

Ed era andato anche oltre, fino a immaginare i robot.

Nel 1495 Leonardo disegna un vero robot, l’AUTOMA CAVALIERE, che può effettuare movimenti analoghi a quelli umani: alzarsi in piedi, agitare le braccia e muovere la testa e la mascella in modo anatomicamente corretto, pare emettendo suoni dalla bocca grazie ad un sofisticato meccanismo di percussioni collocato all’altezza del petto.

Nel disegnare il robot Leonardo aveva anticipato anche il concetto di approccio multidisciplinare, unendo le sue competenze di anatomia e meccanica per realizzare una terza cosa.  E, senza saperlo, aveva anche anticipato il concetto di Intelligenza Artificiale Debole

Quando parliamo di Intelligenza Artificiale la possiamo classificare in 3 tipi: 1) IA debole, che svolge compiti verticali ed è supervisionata dall’essere umano; 2) IA forte o generale, che di fatto corrisponde ad un essere umano aumentato. 

Nel 1495 Leonardo con l’automa cavaliere aveva abbozzato una sorta di IA Debole, che usava l’automazione per svolgere una funzione specifica. La macchina non è capace di pensare in maniera autonoma, svolge egregiamente il suo compito ma ha bisogno della presenza dell’essere umano.

Il concetto di IA Debole viene definito per vostra informazione grazie al filosofo americano John Searle negli anni 70.

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