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“Jobs”, arriva il film. E sulla Rete è già Spoon River

In attesa dell’uscita della pellicola in Italia, dal web emergono ricordi di gente comune: quella volta che parlò male di Apple, o litigò con il commesso per il resto…Ma anche quella volta che, in poche mosse, tratteggiò in modo eccellente la strategia di un prodotto

Pubblicato il 11 Nov 2013

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Dal cilindro della memoria stanno per spuntare ricordi, aneddoti, pezzi di vita: giovedì 14 novembre uscirà anche in Italia “Jobs”, il film dedicato al cofondatore di Apple. E intanto il web si affolla di gente comune che ci tiene a regalare agli altri, attraverso un post o un commento sui siti dedicati, quella piccola parte di Jobs conosciuta durante la loro esistenza: una sorta di Spoon River online o, se vogliamo, una sfilata di “everyday men” che, attraverso la Rete, depositano un simbolico fiore sulla sua tomba.

Negli Usa e in Canada, dove è già approdato nelle sale a fine agosto, critico e pubblica hanno stroncato il film “Jobs” e gli incassi della prima settimana di programmazione sono stati inferiori al previsto.

Tuttavia Steve Wozniak, fondatore di Apple insieme a Jobs, ha lodato la recitazione del protagonista, Aston Kutcher, che a sua volta ha fatto molto parlare di sé in questi mesi per la simbiosi creatasi tra personaggio e vita reale: l’attore 35enne nativo dell’Iowa è stato infatti assunto a fine ottobre dalla casa produttrice di pc Lenovo come product engineer. Una scelta non casuale: Kutcher è da tempo investitore, insieme ad alcuni soci, in decine di start up hi-tech ed è stato giudicato da una rivista americana tra i primi 50 innovatori al mondo. In più va in giro per eventi e congressi regalando ai giovani startupper consigli professionali che riecheggiano quelli di Steve Jobs, compreso il famoso “stay hungry, stay foolish”.

In attesa di capire se il pubblico italiano avrà la stessa reazione di quello statunitense alla visione del film (fatto non scontato, considerato che spesso opere trascurate negli Usa ottengono apprezzamento da noi e viceversa), dalla Rete emergono una quantità di micro-ricordi su Jobs. Ad di là della biografia ufficiale e del racconto cinematografico, su Qora – sito online molto popolare in America dove l’utente può fare domande di qualsiasi tipo e ricevere risposte da altri utenti – c’è un florilegio di “memories” su Steve Jobs da parte di chi l’ha incontrato casualmente, conosciuto per un giorno o per un’ora, o a volte nemmeno riconosciuto (salvo mordersi le mani dopo aver capito chi era).

Una sorta di Spoon River del web o, se vogliamo, una sfilata di gente comune che, attraverso la Rete, deposita un simbolico fiore sulla sua tomba.

Così emergono conferme del brusco carattere del pur talentuoso leader: quella volta che, a una cena, dopo aver ignorato a lungo una signora che fumava a tavola, ha improvvisamente afferrato la sigaretta che lei aveva depositato nel portacenere e l’ha gettata nel suo bicchiere pieno d’acqua. O quella volta che, ricevuta una lettera alla Pixar (dove in quel momento lavorava) in cui una persona lo invitava a “non tornare alla Apple, perché l’avrebbe rovinata”, lui ha replicato per iscritto: “Puoi aver ragione. Ma se vinco io, puoi guardarti allo specchio e considerarti un ‘asshole’”. La personalità poco affabile emerge persino al supermercato: qualcuno lo ricorda mentre contestava con insistenza al cassiere il resto che gli era dovuto.

Altro esempio di superbia (ma anche di genio): dopo essere stato allontanato da Apple ed essere passato a NeXT, gli presentarono alcuni dipendenti dell’azienda che avevano lavorato in precedenza per la Mela. Senza farsi problemi, passò mezz’ora a parlare dell’“arroganza” di Apple inondando di critiche l’ex datore di lavoro. Ma, ricorda Ramin Firoozye (l’autore della nota su Qora), dopo poco cominciò a prendere appunti su un prodotto (strategia, posizionamento, ecc. ecc.) e ne ricavò “la più stupefacente, utile e divertente spiegazione sulla gestione di prodotto che abbia mai visto. Jobs ne aveva capito completamente ogni aspetto”.

Un esempio invece dell’elevatissima professionalità e del perfezionismo del padre del Mac arriva da Matt McCoy, un signore qualunque che aveva problemi con il suo Mac Book e non riusciva a trovare assistenza in Apple, perciò provò con una mail indirizzata direttamente a Jobs, ritenendo che, se andava bene, sarebbe stata vista dal suo staff.

L’indomani ricevette la seguente chiamata: “Ciao Matt, sono Steve Jobs. Volevo solo farti sapere che abbiamo visto la tua email e stiamo facendo il possibile per risolvere il problema. Ti passo il mio assistente, Tim”. Ancora, tra il serio e il faceto, Matt si sta chiedendo se Tim fosse Tim Cook.

Ma c’è anche uno Steve Jobs, a differenza delle apparenze, molto modesto e quasi dimesso. Quello che, a un ristorante indiano della Silicon Valley, non viene riconosciuto e viene trattato come l’ultimo dei clienti (ma lui non si lamenta). Quello che fa la fila per farsi riparare un proiettore in un negozio della Sony e, al commesso che gli chiede il nome, risponde: “Scriva Steve”.

Poi naturalmente spunta fuori il “foolish” (nel senso di ardito e controcorrente) che entra in un negozio concorrente della Apple e dice a voce alta: “Ancora non ce l’avete fatta a vendere quello smartphone?”, e mentre i proprietari si chiedono “Ma chi è quello?”, i clienti rispondono: “È Steve Jobs”.

E poi naturalmente c’è un cervello che funziona a mille ed è attento a ogni spunto o dettaglio. Un giovane chiamato Chaitanya Pandit gli scrive un’email dicendo che, grazie a un iPad, ha conquistato una ragazza. In seguito dimentica di avergli scritto, per poi scoprire che Jobs, pur senza avergli mai risposto, aveva usato la sua storia durante una presentazione: “Vedete, l’iPad è così fantastico che aiuta a sedurre le ragazze”.

Tutto questo, e molto altro, è stato Jobs. Il film ci dirà di più.

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