MERCATI DIGITALI

eSport: 10 tappe che hanno portato al successo degli sport elettronici

Ci sono diversi fattori alla base dell’affermazione degli eSport, le competizioni di videogiochi di livello professionistico. Tra questi l’arrivo della Playstation e la fondazione di Twitch nel 2011. Anche se la motivazione primaria resta la soddisfazione di un bisogno di intrattenimento

Pubblicato il 29 Mar 2021

eSport: 10 fattori di successo

Gli eSport sono la “forma finale” degli sport tradizionali. Mentre questi ultimi esistono da centinaia di anni (il tennis risale al XII-XIII secolo, ad esempio), faticando a volte a farsi notare da un vasto pubblico, gli esport hanno impiegato solo 30 anni per diventare un fenomeno mondiale. In altre parole, se volessimo fare un paragone: gli sport elettronici sono come la dinamite, mentre gli sport tradizionali assomigliano alle stelle filanti. La domanda, quindi, sorge spontanea: perchè gli esport sono così potenti?

Il mercato degli esport ha avuto una crescita esponenziale: dal 1980, anno in cui si tenne il primo evento ufficiale di esport, si è arrivati al 2019 che ha visto il The International (il torneo dedicato al videogioco DOTA 2) come il torneo con il montepremi più alto (circa 35 milioni). Ma perchè in così poco tempo si è giunti a numeri così alti?

10 fattori dietro il successo degli sport elettronici

1. “Tic-Tac-Toe” o “OXO”

Il famosissimo gioco che sicuramente tutti conosciamo in versione cartacea e che sicuramente tutti abbiamo giocato almeno una volta nella vita. Tic-Tac-Toe è stato il primo videogioco mai creato e che quindi — indirettamente — ha permesso la nascita degli esport. Fu sviluppato nel 1952 da Alexander Shafto Douglas, durante il suo dottorato sull’interazione dell’uomo con il computer. Si trattava di un titolo pensato per l’EDSAC (Electronic Delay Storage Automatic Calculator), uno dei primi computer elettronici digitali.

L’utente poteva scegliere chi, tra lui o il pc, avrebbe fatto la prima mossa: proprio come il gioco cartaceo, bisognava inserire “X” o “O” in una matrice grafica composta da nove caselle. Tuttavia, era ancora presto per parlare di videogame o multiplayer: ci si confrontava ancora con una macchina, non con un’altra persona, e si trattava di un titolo che era una semplice trasposizione digitale di un “gioco cartaceo” noto a tutti.

Certo è che Tic-Tac-Toe rappresenta il punto di partenza dei videogiochi e, per questo, anche degli esport.

2. Lo Space Invaders Tournament.

Nel 1980 si tenne il primo evento ufficiale videoludico, lo Space Invaders Tournament, che vide l’adesione di circa 10.000 giocatori che si sfidavano in una modalità di gioco piuttosto semplice: lo scopo era abbattere degli alieni con l’uso di un cannone che si muoveva orizzontalmente sullo schermo. Il successo che ebbe tale evento fu talmente grande che, negli anni a seguire, susseguirono moltissimi altri eventi che tentavano di ricalcarne orme.
Possiamo affermare quindi che lo Space Invaders Tournament contribuì, seppure in una minima parte, alla diffusione degli esport.

3. La commercializzazione del Game Boy (e l’arrivo della Playstation) 

E’ vero, la maggior parte dei tornei sono su pc, che risultano essere una piattaforma molto più performante delle console; tuttavia, la commercializzazione del Game Boy e l’arrivo della Playstation hanno facilitato la diffusione dei videogiochi: con i loro prezzi più competitivi, le console sono pensate per poter essere accessibili a tutti (un pc da gaming può arrivare a costare oltre i 1000 euro, mentre una playstation — per esempio — la si paga tra i 400 e i 500 euro: circa la metà) e, soprattutto, con il Game Boy per la prima volta si poteva giocare ovunque e in ogni momento. L’idea fu di Gunpei Yokoi (ingegnere elettronico dell’azienda giapponese Nintendo) che, durante un viaggio in treno, vide un uomo d’affari annoiato giocare con la propria calcolatrice, intento a premere tasti a caso. Un’immagine comune, che però fece scattare qualcosa in Yokoi: perchè non creare una sorta di “passatempo portatile”? All’epoca c’erano già altre piattaforme di videogiochi, tra cui il Microvision, una ingombrante console a cartucce intercambiabili con un piccolo schermo LCD. Tuttavia, lo scopo di Yokoi era “quello di creare un dispositivo portatile che, oltre a permettere di giocare in mobilità, fosse anche attraente per tutte le fasce d’età, mantenesse un costo accessibile a tutti e rappresentasse la forte identità “videoludica” che Nintendo aveva in quegli anni, grazie al celebre NES. Nel 1989, quindi, vide la luce il Game Boy e la concezione di videogioco portatile cambiò definitivamente.” (Andrea Maiellano — “C’era una volta… il Nintendo Game Boy”).Un anno dopo venne organizzata laNintendo World Championships (1990), il campionato mondiale che toccò varie città statunitensi con finale presso gli Universal Studios in California. Quattro anni dopo la Nintendo replicò l’evento (Nintendo Powerfest ’94), registrando la partecipazione di 132 finalisti a San Diego in California, con Mike “Qik” Larossi che si aggiudicò il primo premio, sfidando Brandon Veach, in un testa a testa per chi ottenesse il miglior punteggio nel videogioco di Donkey Kong Country.

4. I lan party e il costo sempre più basso dei computer

I lan party sono eventi che permettono ai giocatori di scontrarsi senza bisogno di una connessione internet, e che nella metà degli anni ’90 contribuirono alla formazione delle prime squadre, permettendo al gioco professionale di espandersi. Inoltre, videogame come Doom, Quake, Unreal Tournament o StarCraft stavano diventando sempre più famosi, per merito sia delle connessioni internet private e sempre più potenti, sia dei computer che equipaggiavano software più sofisticati ma allo stesso tempo anche più economici.

5. Counter-Strike

Un altro importante anno per la diffusione degli esport fu il 1999: il 19 giugno venne commercializzato Counter-Strike, frutto della creazione di un team di studenti. Il videogioco consisteva nello scontro di due controparti (una antiterrorista e una terrorista) su una mappa delimitata, con round della durata di cinque minuti. Ebbe un grande successo e fu il primo a trasformarsi realmente in un esport tanto che ancora oggi rimane uno dei titoli più diffusi che ha subito solo piccole rivisitazioni (per comprendere l’influenza che ha avuto sul mondo del gaming, basti pensare che il termine “headshot” — ormai nel lessico di gamer e videogiochi — ha origine proprio da tale titolo).

6. Gli ESWC

Con gli Electronic Sports World Cup (di cui ho parlato QUI ) si assiste a una vera e propria rivoluzione: Matthieu Dallon (imprenditore di esport dagli anni 2000 e fondatore degli ESWC), influenzato dal suo viaggio in Corea nel 2001, fu il fautore della trasformazione degli sport elettronici in uno spettacolo.

7. League of Legends

Rilasciato nel 2009, il titolo della Riot rappresenta oggi l’emblema degli esport: ogni giorno più o meno 22 milioni di giocatori provenienti da 145 Paesi differenti giocano a League of Legends, superando ogni mese i 100 milioni, ossia oltre l’1% della popolazione mondiale — i giocatori di LoL tutti assieme costituirebbero il quinto paese più grande al mondo. Rappresenta l’esport più seguito in assoluto.

8. L’annuncio di Starcraft II

StarCraft II riuscì a determinare un effetto piuttosto singolare ancor prima del lancio del titolo: quando nel 2007 Blizzard, durante il Worldwide Invitational Tournament (Eventi pubblici organizzati dalla Blizzard Entertainment, che avevano luogo in Paesi diversi dall’America), rilasciò un video di un soldato che pronunciava “Hell, it’s about time” (“L’inferno è ora”), annunciando l’uscita del videogioco, il pubblicò andò in visibilio. Nonostante si trattasse solamente di una piccola anticipazione, tanto che il suo sviluppo richiese ulteriori tre anni, i giocatori già dalle prime fasi della beta abbandonarono il primo capitolo della saga e anche il famoso Warcraft III, organizzando tornei di StarCraft II e creando nuovi team competitivi.
Si trattò di un fenomeno mai visto prima nel mondo dei videogiochi che rivitalizzò la scena degli sport elettronici, vedendo il ritorno nel settore di moltissimi player.

9. La fondazione di Twitch nel 2011

Twitch oggi rappresenta il principale canale di distribuzione degli esport, con più di 13 miliardi di ore di visualizzazioni nel 2020 (un +59,1% su base annua). La piattaforma di Amazon (Twitch è stata acquisita da Jeff Bezos nel 2017 per la modica cifra di 970 milioni di dollari) difatti detiene il 67,6% delle quote di mercato sul totale delle ore guardate, numeri ben distanti dai suoi concorrenti: YouTube Gaming è al secondo posto con il 20%, seguita da Facebook Gaming con l’11% e Mixer al quarto con l’1,4%.

10. La disponibilità degli esport, in ogni momento e in ogni luogo

Il fatto che gli esport viaggino online non presuppone necessariamente il bisogno di luoghi fisici per poterli giocare, in poche parole non serve un campo da calcio come — appunto — per il calcio o una pista come per la Formula 1. Gli esport possono essere giocati dalla propria cameretta, con il proprio computer e le partite restano là, registrate su Twitch, alla portata di tutti.

Questi dieci fattori hanno contribuito a plasmare gli esport e a farli diventare il fenomeno che conosciamo oggi. È pure vero che i videogiochi da sempre rappresentano una delle principali forme di intrattenimento, tanto che abbiamo imparato ad apprezzarli dai tempi di pac-man o snake e tutti, almeno una volta nella vita, abbiamo ammazzato la noia giocando con il nostro cellulare o, per i più giovani, con qualche console.

D’altronde, ciò che il pubblico ricerca di più negli esport è l’intrattenimento nel vero senso della parola.

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Francesca Sgambato
Francesca Sgambato

Laureata magistrale in Economia e Management, a luglio 2020 ho fondato Esport Center asd, e a gennaio 2021 ho creato Tournaments Organizers entrambe volte a promuovere gli esport amatoriali

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