mobilità aerea avanzata

Droni in Carinzia, perché la regione austriaca è un campione d’innovazione: l’esperienza di un ricercatore



Indirizzo copiato

Luca Di Pierno, dottorando e coordinatore del team studentesco dell’Università di Klagenfurt che ha vinto una competizione sui droni negli USA, spiega come funziona la “drone hall” all’interno dell’ateneo e qual è il presente e il futuro di questi innovativi velivoli

Pubblicato il 11 dic 2025

Luciana Maci

Giornalista



standortmarketing_johannes_puch_drohnenhalle_lakeside_57_jpg-original
Droni in Carinzia

Quando, alcuni mesi fa, il suo team dell’Università di Klagenfurt è stato dichiarato miglior gruppo nella competizione internazionale sui droni organizzata a Huntsville, negli Stati Uniti, per Luca Di Pierno (nella foto) si è trattato di una conferma: anni di ricerca sulla localizzazione e sulla mappatura autonoma hanno permesso ai droni sviluppati in Carinzia di orientarsi con precisione anche dove il GPS non arriva. “Uno dei focus della gara – spiega a EconomyUp – era proprio la navigazione senza GPS. Inoltre il nostro gruppo è riuscito a creare una mappa del terreno estremamente accurata e a identificare oggetti delle dimensioni di un solo centimetro, oltre a dimostrare di aver dotato i velivoli di completa autonomia”.


La gara USA e il ruolo della NATO (italiana)

La competizione in cui il team austriaco ha primeggiato rientra in un programma sponsorizzato dalla NATO SPS – Science for Peace and Security, in particolare dal gruppo italiano di quel ramo.

“È la prima volta che organizzano un progetto in cui danno a giovani studenti e ricercatori delle università la possibilità di lavorare su scenari realistici” racconta Di Pierno.

La formula è particolare: non solo test tecnici, ma scenari complessi che simulano situazioni reali, dalle ispezioni alle operazioni in ambienti pericolosi.


Da ETH Zurigo alla NASA: il primo elicottero su Marte

Luca di Pierno, 31 anni, ce l’ha fatta anche grazie alle competenze accumulate in luoghi di studio e lavoro prestigiosi, da ETH Zurigo alla NASA. Per capire perché, a un certo punto della sua carriera di ricercatore, abbia scelto Klagenfurt, bisogna fare un passo indietro.

“Sono nato in Svizzera, ho conseguito laurea e master all’ETH di Zurigo in ingegneria meccanica e robotica, poi mi sono trasferito presso la NASA, a Los Angeles, dove sono rimasto quasi un anno come visiting researcher. Lì è avvenuto il mio primo vero contatto con i droni”.

Alla NASA, Di Pierno entra in uno dei gruppi che in passato avevano contribuito agli sviluppi iniziali della missione Ingenuity, il primo elicottero mai volato su Marte. Il suo lavoro, però, si concentra su un progetto successivo: un concept di terza generazione per future missioni marziane, per il quale sviluppa software in grado di estendere le capacità autonome del veicolo.

È proprio in quel periodo che matura la decisione di iscriversi a un dottorato:
“Non avevo mai voluto fare un PhD. Ma lì ho capito che avevo bisogno di saperne di più. Così ho iniziato a guardarmi intorno: Stanford, Caltech, di nuovo ETH… Poi un collega mi ha detto: ‘C’è un professore svizzero a Klagenfurt che lavora sui droni ed è un’infrastruttura davvero bella’”.


Klagenfurt: la più grande “drone hall” d’Europa

In effetti Klagenfurt è un’eccellenza nel settore. Lo spiega a EconomyUp Romy Müller (nella foto), responsabile delle PR e della Comunicazione dell’Università.  

OLYMPUS DIGITAL CAMERA

“Nel dicembre 2019 è stata inaugurata presso il nostro ateneo la più grande drone hall d’Europa (nella foto). I ricercatori del Dronehub Klagenfurt dispongono di un ambiente sicuro e all’avanguardia in cui testare nuove tecnologie e raccogliere dati rilevanti. Il requisito chiave per la maggior parte dei progetti di ricerca è la capacità di tracciare e localizzare i droni con la massima precisione. Nella drone hall questo avviene su una superficie di 150 metri quadrati e un’altezza di dieci metri, grazie a 37 telecamere ad alta precisione che, con l’ausilio di LED a infrarossi, tracciano ogni movimento in tutto il volume della sala”.

Austria / Kärnten / Klagenfurt / STANDORTMARKETING KÄRNTEN / Dronenhalle Lakesidepark B13, Mitarbeiter*Innen der Universitaet Klagenfurt

“Oltre alla drone hall – prosegue Di Pierno – a breve verrà inaugurata una drone arena all’aperto, destinata ad essere anche questa la più grande in Europa, con un sistema di telecamere che fornisce la posa esatta del drone. Se si sviluppano bene gli algoritmi, si può confrontare esattamente quanto è giusta la localizzazione rispetto alla posizione reale. In altre università non puoi semplicemente uscire e far volare il tuo drone quando vuoi per testare gli algoritmi”.

La forza del team

Il gruppo di ricerca – guidato dai professori Stephan Weiss e Jan Steinbrenner – è internazionale, ma con una forte presenza italiana: “Il mio professore dice che gli italiani hanno un’ottima base teorica” commenta il giovane. Il team universitario che compete nelle gare è composto da soli studenti di bachelor, una rarità in un ambito solitamente dominato da dottorandi.

Va poi ricordato che i ricercatori dell’Università di Klagenfurt non lavorano in isolamento all’interno delle proprie comunità accademiche, ma, come specifica Romy Müller, “collaborano con una varietà di partner, dal mondo dell’impresa e della formazione a quello industriale e istituzionale, a seconda delle rispettive discipline. Le collaborazioni spaziano da progetti di ricerca congiunti a programmi di formazione continua”.

Lo spin-off: droni per aiutare l’agricoltura

Non a caso, dalla ricerca sono già nati spin-off e applicazioni industriali concrete.

“Il mio professore Stephan Michael Weiss ha fondato uno spin-off –  racconta Di Pierno – che opera nel settore agricolo e in particolare nelle serre dove ci sono lunghi filari di piante di pomodoro. Finora, il conteggio di queste piante veniva effettuato manualmente ogni settimana, per comunicare alla catene della GDO interessate quanti pomodori erano disponibili per la vendita. In caso di stime errate, il produttore rischia di pagare penali oppure di dover vendere l’eccedenza a un prezzo molto più basso.
In questo contesto entrano in gioco i droni: l’idea è utilizzare un drone che svolga questa attività in modo continuo, ogni giorno, ogni ora, contando i pomodori e fornendo ai supermercati dati quantitativi precisi e aggiornati”.

Le applicazioni non si limitano all’agricoltura. I droni vengono impiegati, ad esempio, per l’ispezione di grandi infrastrutture: “Abbiamo condotto rilievi su ponti, dove per un tecnico effettuare i controlli manualmente può risultare rischioso e molto costoso. Con un drone, invece, puoi semplicemente volare intorno alla struttura: noi siamo riusciti a ricostruirla interamente in 3D”.

Un altro ambito d’intervento è quello dei tralicci dell’alta tensione: “Un dottorando ha dedicato la sua tesi allo sviluppo di sistemi per rilevare gli isolatori dei tralicci. Oggi un tecnico deve salire per verificarne lo stato, scendere a prendere i ricambi e poi risalire; ogni salita è un potenziale rischio di incidente. Ora possiamo mandare un drone a effettuare l’ispezione al posto suo”

Dual use: tra etica e difesa

La robotica aerea è un campo tipicamente “dual use”: le stesse tecnologie possono essere utilizzate per scopi civili o militari. Il laboratorio di Klagenfurt non lavora direttamente per i militari, ma Di Pierno non nasconde il dilemma.

“Quando studiavo mi dicevo: come ingegnere il mio compito è trovare soluzioni che migliorino la vita quotidiana e non servano ad attaccare o distruggere. Ma allo stesso tempo, come Europa, dobbiamo attivarci: non per investire nell’attacco, ma nella difesa. Se vieni attaccato, è troppo tardi se non hai investito prima per avere conoscenza ed expertise. Si può usare tutto a scopi benefici o malefici. Il martello è stato inventato per costruire, il 99% delle volte lo utilizzi per quello. Ma puoi anche brandirlo per fare cose pessime. Con la tecnologia è lo stesso”.


Il futuro dei droni autonomi: localizzazione stabile e “AI leggera”

Guardando avanti, per Di Pierno le prossime frontiere tecnologiche sono due: una localizzazione ancora più robusta e l’intelligenza artificiale “leggera” capace di funzionare a bordo dei droni.

“Molti investimenti oggi vanno verso le auto autonome e i robot umanoidi” osserva. “In quei contesti la localizzazione è più semplice: se qualcosa non funziona, ci si può fermare e intervenire. Con un drone, invece, no: un guasto può farlo precipitare, mettendo a rischio le persone sottostanti. Ecco perché la localizzazione deve essere estremamente stabile”.

L’altra sfida è portarvi l’AI: “Le auto e i robot a terra possono avere computer grandi e pesanti, con tanta capacità di calcolo per far girare i modelli di AI. I droni invece sono limitati dal peso. Per questo, nel mio dottorato, cerco di rendere possibile l’AI su computer piccoli, a bordo del drone. Il futuro è renderli più intelligenti e consapevoli dell’ambiente: capire cosa c’è intorno, dove posso volare, dove non posso volare, cosa è sicuro e cosa no”.


Talento italiano, ricerca europea e un futuro nell’industria

Dietro un cognome italiano e un inglese perfetto, c’è un’identità ibrida: “Mio padre è al 100% italiano, è cresciuto a Lecce fino ai 16 anni. Sono molto legato al Salento, ci andavo ogni anno. Mi sento più orgoglioso da italiano che da svizzero: non so perché, ma è così” ammette.

La sua vicenda personale si incrocia con quella di tanti colleghi che, come lui, hanno scelto la Carinzia. “Il campus dell’Università di Klagenfurt – interviene Romy Müller – è un luogo di incontro per idee, nazioni e lingue: uno spazio poliglotta di scambio, sviluppo individuale e collettivo, e progresso. Il fatto che l’università si trovi nel cuore della regione alpino-adriatica, all’incrocio di diverse culture, rappresenta un vantaggio significativo. Ljubljana, Maribor, Trieste, Udine, Venezia e Padova, così come Graz e Vienna, sono tutte facilmente raggiungibili. I nostri studenti sfruttano questa posizione eccezionale attraverso double degree program in cooperazione con altre università, summer school e corsi di laurea che valorizzano deliberatamente questa dimensione transfrontaliera, come il Master in Cross-Border Studies. Inoltre, vengono promossi progetti di ricerca transfrontalieri in collaborazione con partner industriali in Carinzia e nei Paesi confinanti, per far progredire uno spazio comune dell’innovazione”.

Cosa l’Italia può dare alla Carinzia (e viceversa)

Di Pierno ha un’idea chiara anche sull’Italia: “Il Paese ha un enorme potenziale: ottimi prodotti, persone fantastiche, un sistema scolastico e universitario molto valido. Ma il mercato del lavoro e i salari non sono all’altezza. È l’unico Paese in cui, negli anni, gli stipendi sono scesi invece di salire con l’inflazione».

Da qui l’idea che l’integrazione tra ecosistemi come quello italiano e quello carinziano possa essere un’opportunità: scuole e università italiane molto forti sulla teoria, le infrastrutture di ricerca sono avanzate in Carinzia, dove “è più facile far volare i droni. Siamo vicini geograficamente, e questo potrebbe essere un grande vantaggio per tutti”.

Sul suo futuro personale, la direzione sembra tracciata: “Penso che finirò qui il mio lavoro di dottorato e non credo di essere fatto per l’accademia” confessa Di Pierno. “Mi piacerebbe andare verso la ricerca industriale, magari fondando una mia azienda o entrando in un’azienda. La ricerca ti dà il tempo di imparare ciò che serve per applicare tutto questo a sistemi reali. Nell’industria quel tempo non te lo danno, ma è lì che la robotica può davvero cambiare il mondo”.

guest

0 Commenti
Più recenti Più votati
Inline Feedback
Vedi tutti i commenti

Articoli correlati

0
Lascia un commento, la tua opinione conta.x