Come far volare l’Internet of Things (coi droni) e far crescere la felicità delle città (insieme con le startup)
Gli oggetti volanti possono contribuire a migliorare la qualità della vita. «Dipende da cosa ci mettiamo sopra», dice Angelo Fienga di Cisco, che a Dubai ha sperimentato che cosa si può fare digitalizzando gli “unmanned vehicles”. Con la collaborazione di tre nuove imprese
di Redazione EconomyUp
Pubblicato il 13 Feb 2017

CHE COSA POSSIAMO METTERE A BORDO DEI DRONI?
«Qualche anno fa ho cominciato a parlarne con i colleghi in azienda. Si pensa subito all’Internet of Things, si forma spontaneamente un team informale con competenze diverse e si comincia a lavorare su alcuni progetti, anche con startup». Uno arriva persino alla Nasa, per mostrare la prima applicazione di un drone che fa tante altre cose oltre che volare, come, ad esempio, condividere in tempo reale il video sulle piattaforme di “Collaboration” di Cisco.
«Guardiamo al drone come a un ascensore», suggerisce Fienga. E che cosa possiamo fare se mettiamo a bordo dei sensori? Rispondere, ad esempio, alla visione dello sceicco Mohammed bin Rashid Al Maktoum, che entro pochi anni vuole rendere la Smart City Dubai la città più felice del mondo, utilizzando le tecnologie più all’avanguardia. Ed è quello che ha fatto il Cisco Drone Team, con un progetto che è adesso in valutazione della RTA (Road and Transpor Authority di Dubai), l’Authority che gestisce la mobilità e le infrastrutture urbane dell’emirato (aeroporto escluso).
Che cosa c’entrano i droni con la felicità? «Grazie all’inventiva di alcune startup, che hanno trovato il modo di trasformare le informazioni che arrivano dai velivoli in soluzioni per capire che cosa sta succedendo sulle strade, diventa possibile evitare o ridurre il traffico. Venti minuti in meno nel traffico, ogni giorno, non sono un parametro di felicità? Per me che vivo a Roma, la risposta è un convintissimo “sì” ».
L’IMPORTANZA DI TRASPORTARE SENSORI CONNESSI
Sembra facile, ma finora non lo è stato. «Quanto è stato testato a Dubai è l’anticipazione di quello che si può fare con i droni: che poi siano aerei, sottomarini o terrestri

Nel progetto Dubai Cisco ha lavorato con tre startup: ADPM, Be-Link e NeraTech. Una costruisce droni; l’altra è focalizzata sulla realizzazione di servizi con droni, ha sede a Dubai e conosce quindi le regolamentazioni locali; la terza è specializzata in sistemi GIS (Geographic Information System). Facendole interagire è nato il progetto per Dubai, a cui ha collaborato anche Enrico Suozzi di Ise-Net per la parte di elaborazione avanzata delle immagini. «Qualcuno deve costruire gli algoritmi, qualcuno i droni, combinandoli con i sensori e con le loro diverse capacità. Sono capacità che si trovano più facilemente nelle startup. E cosi è stato fatto», spiega Fienga.
LE STARTUP SONO FORNITORI O PARTNER?
Quale tipo di relazione ha stabilito Cisco in un progetto del genere? «Sono partner. Lavorano con noi, investono con noi, in termini di tempo e disponibilità, integrando le loro soluzioni all’interno delle nostre. Arrivando a risultati originali e di gran valore. A Dubai, ad esempio, abbiamo trasferito il video (sia RGB sia termico) dal drone attraverso la rete 4G (quella del cellulare per intenderci), che è stata utilizzata anche per il controllo a distanza del drone: è stato così sciolto il legame biunivoco fra radiocomando e drone, trasferendo tutto su una rete protetta da un sistema Cisco, attraverso la quale passa anche il flusso di informazioni trasmesso dai sensori. Questo viene integrato nella piattaforma di Collaboration Webex che immediatamente permette a RTA di avere le informazioni in tempo reale sullo stato di strade ed infrastrutture. Lo stesso flusso dati è, in parallelo, inviato alle piattaforme di elaborazione Cisco su cui i partner applicano i loro algoritmi per estrarre molte altre informazioni utili alla città e a chi la regola. Ad esempio lo stato di avanzamento dei progetti, quali ponti, strade o stazioni della metro».
Droni, sensori, connettività, collaboration: la miscela può portare a effetti non ancora previsti. IoT, o Internet delle Cose, è la capacità degli strumenti, dei sensori di comunicare ed interagire fra loro. La “Unified Communication” è la tecnologia che permette alle persone di collaborare nella maniera più completa, usando la voce, il video, la presenza e la comunicazione istantanea, o chat. «Se IoT e Unified Communication sono integrate, dando alle persone la capacità di interagire fra loro e con le cose che le circondano, allora la possibilità di risolvere problemi complessi aumenta in modo esponenziale», spiega Fienga. Questo proprio perché diventa possibile avere un’informazione, in tempo reale, sempre più ricca e completa sul contesto dei problemi che devono essere risolti. La quantità di dati raccolti è enorme: serve quindi applicare intelligenza per estrarre valore, cioè informazioni utili a risolvere un problema. «Le applicazioni dei sensori integrati nei droni sono infinite, dalla deviazione del traffico in casi di incidente alla controllo dei gas delle discariche», sottolinea Fienga. «Alcune di queste cose sono oggi disponibili, altre in fase di sviluppo, ma non c’è dubbio che il valore che possono generare è enorme ».
LANCIARE IL CUORE OLTRE L’OSTACOLO
A Dubai la possibilità è stata intravista. E non solo grazie all’investimento di competenze e tecnologie. «Quello che è interessante dell’approccio di Dubai, dove le risorse non mancano e le dimensioni sono minori e quindi è tutto più gestibile, è la mentalità, la disponibilità a lanciare il cuore oltre l’ostacolo», conclude Fienga. «Se io come governante voglio realizzare la città più felice al mondo, vado a cercarmi le eccellenze locali e internazionali. C’è da ridurre il traffico? Facciamolo con tutte le tecnologie che possono risolvere il problema in maniera efficace e sicura, droni compresi». Una mentalità che servirebbe importare in tante amministrazione pubbliche italiane ma anche in molte aziende. (g.io.)