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Bologna innova col supercalcolo: come funziona il Tecnopolo con il supercomputer Leonardo e la futura università dell’ONU



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In occasione dei 25 anni di Almacube, il vicepresidente della Regione Emilia-Romagna Vincenzo Colla ha delineato un futuro in cui il supercalcolo diventerà il motore della nuova manifattura della conoscenza. Focus sul Tecnopolo bolognese, che si prepara a diventare un’infrastruttura strategica per ricerca e innovazione europea

Pubblicato il 14 nov 2025



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Tecnopolo di Bologna

La transizione tecnologica e industriale che attraversa l’Emilia-Romagna poggia sempre di più su una rete di infrastrutture avanzate e sulla capacità di attrarre competenze. Nel corso della celebrazione dei 25 anni di Almacube, tenutasi il 20 ottobre 2025 al DAMA Tecnopolo Data Manifattura di Bologna, il vicepresidente della Regione Vincenzo Colla ha delineato una visione ambiziosa: trasformare l’area del Tecnopolo in un polo di supercalcolo e intelligenza artificiale di rilevanza internazionale, in grado di coniugare ricerca, formazione e impresa. Le sue dichiarazioni offrono una fotografia concreta delle politiche territoriali che stanno ridefinendo il concetto stesso di innovazione industriale in Italia.

Dalla manifattura alla computazione: una nuova infrastruttura per l’innovazione

Nel suo intervento, Colla ha descritto il Tecnopolo bolognese come un luogo dove si concentrano le più alte competenze in Europa nel campo dell’intelligenza artificiale e dell’elaborazione dei dati. L’obiettivo dichiarato è raggiungere le 2.000 figure interdisciplinari, provenienti da tutto il mondo, impegnate nello sviluppo di soluzioni legate ai dati e al calcolo avanzato. “Stiamo parlando di un Tecnopolo di valenza internazionale, un fattore strategico per l’Europa”, ha affermato. Il progetto ruota attorno a tre grandi pilastri: il centro europeo di supercalcolo Leonardo, secondo al mondo per potenza di calcolo nel campo dell’intelligenza artificiale; il laboratorio MBio del clima, dedicato alla modellazione ambientale e ai dati meteo-climatici; e la futura università dell’ONU, in costruzione nello stesso complesso.

Il vicepresidente ha sottolineato che un trittico di questo tipo “non esiste in nessun altro luogo al mondo”. La concentrazione di queste infrastrutture in un unico distretto rende Bologna un nodo cruciale non solo per la ricerca scientifica, ma anche per la trasformazione industriale. Il supercalcolo, in questa prospettiva, non è solo una tecnologia, ma un fattore abilitante per la competitività europea: permette di simulare scenari complessi, di ottimizzare la produzione e di accelerare la transizione digitale e green. L’integrazione tra università, enti pubblici e imprese è ciò che trasforma un’infrastruttura di calcolo in un ecosistema produttivo.

Una rete di 100 laboratori e 35 acceleratori

Il sistema regionale, ha ricordato Colla, conta 100 laboratori di ricerca, 11 tecnopoli e 35 acceleratori. Un patrimonio esteso, ma che oggi richiede un salto di qualità in termini di coordinamento. “Nel nuovo mondo abbiamo l’esigenza di fare operazioni intelligenti di economia di scala. Non possiamo avere 35 acceleratori e 100 laboratori che chiedono tutti risorse pubbliche”, ha spiegato. L’idea è quella di evitare la frammentazione delle strutture e di favorire una governance integrata, capace di attrarre investimenti e talenti.

Colla ha richiamato la fine della stagione del PNRR, invitando a “spendere bene le risorse che sono in campo” e a costruire modelli sostenibili nel lungo periodo. L’Emilia-Romagna punta a rafforzare il proprio ruolo di hub europeo della conoscenza, in grado di connettersi alle reti Horizon e ai programmi europei di ricerca. “A livello europeo metteranno 200 miliardi su Horizon: dobbiamo fare alleanze con altri soggetti europei e privati per giocare questa partita”, ha dichiarato.

Talenti, demografia e capitale umano

Il vicepresidente ha inserito la discussione sul supercalcolo in un quadro più ampio di sfide sociali e demografiche. L’Italia, ha ricordato, è “un paese a demografia piatta”, con una popolazione che invecchia e un numero crescente di pensionati rispetto ai lavoratori. Questo equilibrio fragile ha un impatto diretto sulla disponibilità di competenze e sulla vitalità del sistema produttivo. “Abbiamo bisogno di qualità e di quantità, abbiamo bisogno di tutto”, ha ribadito, sottolineando l’importanza di politiche per trattenere e attrarre talenti.

Ogni anno circa 8.000 giovani provenienti dal Sud Italia scelgono di studiare o lavorare in Emilia-Romagna, integrandosi nei processi universitari e produttivi locali. Tuttavia, Colla ha evidenziato anche la necessità di far rientrare dall’estero le “teste dell’era digitale”. In questo senso, la Regione ha approvato la prima legge italiana per l’attrazione e la permanenza dei talenti, un passaggio che intende valorizzare il capitale umano come asset strategico per la competitività.

Spin-off e startup: dalla culla all’impresa

Uno dei punti centrali dell’intervento è stato il tema del trasferimento tecnologico. Colla ha evidenziato come la Regione stia lavorando per aumentare il numero e la qualità degli spin-off e accompagnare le startup nella fase più critica della loro vita: il passaggio da progetto a impresa. “Voglio che diventino impresa, perché altrimenti le startup poi muoiono tutte nella culla”, ha detto. Da qui l’appello a una nuova cultura della finanza, in grado di sostenere la crescita delle iniziative innovative e di metterle in relazione con la ricerca accademica.

Il collegamento con i 4.000 dottorati di ricerca presenti in Emilia-Romagna è un altro tassello chiave. Secondo Colla, è necessario “far vedere alle imprese dove sono questi dottorati” e costruire un nuovo patto tra mondo produttivo e accademico, così da valorizzare le competenze in uscita dall’università. L’obiettivo è evitare che le conoscenze restino confinate nei laboratori e promuovere un circolo virtuoso in cui il supercalcolo e le competenze scientifiche diventino motori di crescita industriale.

Verso un modello europeo di collaborazione

Il discorso si è chiuso con una riflessione sul ruolo dell’Emilia-Romagna all’interno del sistema europeo della ricerca. L’invito del vicepresidente è stato chiaro: “Dobbiamo fare alleanze con soggetti europei, altre università, soggetti privati, andare in giro per il mondo. Ma per farlo servono soggetti con le spalle larghe, con una dimensione almeno regionale”. L’idea di fondo è che solo un sistema coeso, con un equilibrio tra infrastrutture di supercalcolo, capitale umano e governance territoriale, possa competere su scala globale.

Il Tecnopolo, in questa visione, diventa una piattaforma non solo per la scienza ma per la crescita economica dell’intero Paese. Il supercalcolo è la leva tecnologica che consente di far dialogare industria, università e pubblica amministrazione in un ecosistema basato sulla condivisione dei dati e sulla sperimentazione continua. L’esperienza emiliana, oggi, rappresenta uno dei tentativi più avanzati di mettere il calcolo ad alte prestazioni al servizio dello sviluppo industriale e della sostenibilità.

Un hub europeo in costruzione

Guardando ai prossimi anni, la sfida sarà quella di consolidare questo modello, evitando dispersioni e sovrapposizioni. Il sistema descritto da Colla – fatto di infrastrutture, competenze e reti di cooperazione – rappresenta una delle poche risposte concrete alle transizioni in corso. In Emilia-Romagna, l’innovazione non è vista come un fenomeno isolato o elitario, ma come una componente strutturale dell’economia regionale.

Il supercalcolo diventa così l’elemento simbolico e operativo di questa trasformazione: una tecnologia che non serve solo a elaborare dati, ma a costruire nuove connessioni tra sapere e produzione, tra ricerca e impresa, tra territorio e Europa. Come ha ricordato il vicepresidente della Regione, “serve una nuova cultura della finanza, serve trattenere le teste e farle lavorare insieme”, perché solo così l’Italia potrà essere protagonista di una stagione di innovazione realmente condivisa.

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