Quale auto guideremo nei prossimi 20 anni?

La partnership tra Audi e Alibaba, Tencent e Baidu finalizzata allo sviluppo di veicoli smart e soluzioni di data analysis è l’ultimo di una serie di accordi tra tech company e grandi produttori. Come cambieranno i veicoli? Quali sfide per i marchi dell’automotive? Open Innovation e Competenze sono le parole chiave di questa rivoluzione

Pubblicato il 14 Set 2016

Marco Planzi

Associate Partner at Partners4Innovation

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L’automobile del futuro sarà connessa. Sarà in grado non solo di monitorare le sue condizioni di funzionamento in tempo reale, ma anche di comunicare con altri veicoli e con un numero sempre maggiore di infrastrutture stradali intelligenti. Le nostre auto saranno sempre meno delle scatole di metallo con un motore e quattro ruote e diventeranno sempre più un concentrato di tecnologie che le renderanno dei “data center mobili”, parte di un vero e proprio sistema di mobilità più ampio con limitato impatto sull’ambiente. Mano a mano che i veicoli divengono una fonte prolifica di dati, la loro efficienza e sicurezza dovrebbe migliorare offrendo agli stessi produttori di auto l’opportunità di trarne valore.


AUTOMOTIVE, UN CAMBIAMENTO RADICALE – Si tratta di un’opportunità che implica un cambiamento radicale nel modo di fare innovazione messo in atto fino a oggi dai produttori di auto. Infatti, negli ultimi anni i progressi in campo elettronico hanno costituito la maggioranza delle innovazioni nel settore automotive e hanno permesso di migliorare la sicurezza dei veicoli, la potenza, l’efficienza energetica e la quantità di accessori a disposizione dei guidatori. Oggi, un’auto del segmento medio “contiene” già un numero di righe di codice sette volte maggiore rispetto a quello di un Boeing 787.

L’attuale modello di innovazione sarà sostenibile fino a quando i consumatori continueranno ad acquistare auto di proprietà il cui prezzo è direttamente proporzionale alla potenza e al numero di accessori ordinati per personalizzare il veicolo. Si tratta però di un modello di innovazione che già oggi mostra i primi segni di debolezza. L’ingresso degli smartphone nelle nostre auto attraverso la connessione con i sistemi di infotainment, i successi del car sharing (da Car2Go fino a BlaBlaCar) e dei nuovi servizi taxi, le attese riposte nella Tesla Model 3 e più in generale nelle auto elettriche, i primi promettenti risultati di ricerca e sviluppo per le auto senza guidatore, sono segnali neppure troppo deboli che l’auto così come l’abbiamo sempre guidata sta cambiando.

STARTUP E “AUTO TECH” – Tech company e venture capitalist stanno accelerando i propri

investimenti con risultati talmente significativi da costringere i giornalisti a coniare il neologismo di “Auto Tech”, un ambito tecnologico che racchiude la guida assistita/autonoma, le soluzioni per migliorare la sicurezza, l’interazione tra veicoli e infrastrutture stradali, la cybersecurity dei mezzi, l’entertainment a bordo. Si tratta di un ambito in cui nel solo 2015 sono stati investiti in startup 409 milioni di dollari a livello globale (fonte: CB insights).

Se cambiano i veicoli, ma soprattutto se cambiano le aspettative dei consumatori, allora devono cambiare anche i produttori di auto. Infatti, mentre per ora si continuano a produrre milioni di auto “tradizionali” in tutto il mondo, si susseguono le notizie legate all’avvio di partnership più o meno intense tra produttori di auto e startup. Nella figura che segue abbiamo provato a riassumere le principali partnership, tra le quali probabilmente riconoscerete anche il brand dell’auto che oggi guidate tutti i giorni. Si tratta di nuove partnership che si innestano in un ecosistema storicamente già molto complesso, in cui l’innovazione era frutto di collaborazioni di filiera tra case automobilistiche, designer, produttori di componenti e pneumatici, ecc., e che ora si arricchisce di nuovi attori dal DNA profondamente diverso e con i quali serve costruire nuove modalità di interazione.

L’OPEN INNOVATION NEL MONDO DELL’AUTO – I modelli di collaborazione adottati oggi dai produttori di auto di sono di tre tipi e hanno tutte le caratteristiche dell’Open Innovation: accordi strategici (anche con competitor attuali e potenziali) finalizzati all’innovazione di prodotto, acquisizioni di startup finalizzate a far proprie soluzioni tecnologiche e know-how, partecipazioni di minoranza in startup con obiettivi di sperimentazione di nuove tecnologie e modelli di business.

Per i produttori di auto, aprire il proprio modello di innovazione alla collaborazione con startup è l’inizio di un percorso che porta a cogliere tre importanti opportunità.

· Spostamento dei ricavi dalla vendita di veicoli di proprietà verso la vendita di veicoli “condivisi” e soluzioni di mobilità costruite “su misura” rispetto alle caratteristiche del consumatore (frequenza e tipi di spostamento, caratteristiche geografiche e sociali dell’area in cui si sposta, livello di servizio richiesto, estensione delle reti di rifornimento di carburanti alternativi ecc.) e in generale verso modelli di erogazione di servizio piuttosto che di vendita di prodotti e relativa manutenzione.

· Nuovi ricavi derivanti da una più profonda conoscenza del proprio cliente, che si possono tradurre in una migliorata capacità di rispondere alle sue esigenze e anche nella possibilità di monetizzare tali informazioni mettendole a disposizione di nuove tipologie di clienti.

· Gestione differente del ciclo di vita del prodotto, con hardware (l’auto) che acquisisce una vita utile più lunga rispetto al passato e soluzioni software con ciclo di vita breve

Cogliere queste opportunità attraverso l’Open Innovation presuppone per i produttori di auto un vero e proprio

cambiamento organizzativo e culturale. I processi interni devono essere disegnati per facilitare la collaborazione con l’esterno, prendendo atto che la principale fonte di innovazione non è più solo il dipartimento R&D dell’impresa, ma viene progressivamente affiancato dall’ecosistema di business in cui l’impresa opera. Inoltre, diventa chiave la capacità di “scovare” all’interno dell’impresa stessa le persone che hanno maggior capacità imprenditoriali e creative per gestire collaborazioni e partnership con lo stesso spirito pionieristico e l’attitudine alla sperimentazione che oggi hanno le migliori startup. In questo caso, la creatività assume un significato più esteso rispetto al tradizionale concetto di inventiva e include la capacità di saper dare una forma concreta alle idee attraverso l’assemblaggio, la combinazione e la trasformazione di soluzioni eventualmente già create in altri contesti per sperimentare soluzioni il più rapidamente possibile.

L’IMPORTANZA DI UNA INNOVATION COMMUNITY – L’esperienza di advisor su questi ambiti mostra che, oltre a strutturare i processi aziendali nei fatti per favorire la collaborazione con l’esterno, è indispensabile effettuare un assessment organizzativo per individuare coloro che già lavorano per l’organizzazione e hanno attitudine rispetto all’innovazione e all’imprenditorialità.

La creazione di una Innovation Community costituita da persone interne all’impresa favorisce la creazione di una cultura diffusa orientata all’innovazione e costituisce insieme la premessa e una condizione necessaria perché il processo di Open Innovation si inneschi e abbia successo. Molte imprese con cui lavoriamo portano avanti iniziative di community interne sull’innovazione con modalità leggermente diverse tra loro, ma tutte le iniziative di successo hanno in comune un forte commitment da parte del senior management, attento a misurarne i risultati con metriche di business, e fanno leva su un gruppo di dipendenti che trasformano le iniziative della community in realtà.

* Marco Planzi e Andrea Gaschi sono Associate Partner P4I

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Marco Planzi
Associate Partner at Partners4Innovation

Associate Partner, Partners4Innovation-Digital360. Ha una consolidata esperienza sui mercati digitali con un background cross-culturale. La sua missione: aiutare chi fa business a comprendere l'impatto delle tecnologie digitali sulle strategie di crescita.

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