Made in Italy

Crowdfooding, la piattaforma che fa incontrare investitori e startup del food

Sede a Londra, bacino d’utenza internazionale, know how italiano. Sono gli ingredienti della startup creata dall’imprenditore torinese Alessio D’Antino. «Vogliamo garantire a chi si lancia nell’imprenditoria enogastronomica una vetrina che attragga finanziatori e appassionati»

Pubblicato il 02 Mag 2016

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Connettere gli imprenditori del mondo del food e beverage con gli investitori che vogliono prendere parte ai progetti proposti dalle startup migliori. È l’obiettivo di Crowdfooding – ora chiamata Forward Fooding, piattaforma di crowdfunding di tipo azionario dedicata al mondo del gusto.

“Le startup vengono selezionate da una commissione di cinque esperti specializzati in venture capital, finanza, innovazione tecnologica, prodotti fisici per il consumatore e nutrizione”, spiega a EconomyUp il giovane imprenditore torinese Alessio D’Antino, che dopo il trasferimento a Londra (“nel nostro settore il mercato inglese è il più maturo d’Europa”, motiva) ha fondato la piattaforma. Quindi aggiunge: “Questa commissione giudicherà le proposte di ogni singola startup, e solo quelle che verranno ritenute idonee avranno l’opportunità di accedere al network di investitori proposto da Crowdfooding”.

L’intento, dunque, è quello di garantire l’alto livello della proposta, tutelando sia le startup aderenti sia gli investitori.

“Sono tutti professionisti del settore che ci sono stati segnalati per la comprovata esperienza e, dopo un breve giro di colloqui, approvati dal nostro board of advisors”, incalza D’Antino che ha deciso di lanciare la piattaforma dopo un lavoro di implementazione e sviluppo insieme al team di You Can group, società fondata nel 2003 da una coppia di imprenditori di Bologna, Sara Roversi e Andrea Magelli, specializzata nell’universo del food innovation.

Un mondo, quest’ultimo, che D’Antino esplora con rinnovata curiosità: “Per me food innovation significa sviluppare soluzioni innovative che non solo risolvano delle inefficienze del settore, ad esempio gli scarti alimentari o l’allevamento del bestiame, ma rispondano anche a specifiche esigenze dei consumatori e del mercato”.

Quindi aggiunge: “Credo fortemente nel modello di open innovation che prevede una collaborazione tra diverse organizzazioni disposte a raggiungere lo stesso obiettivo, sviluppando dei modelli virtuosi tra startup e corporations”. Un approccio, il suo, particolarmente condizionato da un importante iter formativo. “Ho lavorato due anni per una multinazionale nel mondo del beverage (Diageo), prima all’interno del dipartimento di innovazione e poi presso il dipartimento di customer marketing. Quindi mi sono licenziato per trasferirmi a San Francisco, dove ho lavorato per un incubatore di startup (Mind The Bridge), inizialmente coordinando le attività dei loro programmi di education e dopo occupandomi di marketing e business development, per instaurare e coltivare partnership con altri incubatori e angel network stranieri interessati ad insediarsi in Silicon Valley”.

In particolare, a San Francisco, D’Antino ha conosciuto numerosi imprenditori del mondo del food “che non riuscivano ad ottenere i fondi necessari per portare avanti i loro progetti, nonostante uno spiccato grado di innovazione, con potenziale di crescita, e l’abbondanza di capitali presenti in Silicon Valley. Il problema era far capire il proprio business a figure abituate ad investire in tech e che usavano termini di paragone lontani dalle dinamiche dell’industria food”.

Da qui, l’idea di Crowdfooding (“ad oggi il team conta quattro persone, ma auspichiamo di aggiungere all’organico un paio di ruoli entro la fine dell’anno”) che, spiega ancora il suo fondatore, “nasce per aiutare gli imprenditori a raccogliere capitale da investitori, attraverso un modello che combina partecipazioni azionarie dell’azienda e rewards forniti da parte della stessa a seconda dell’ammontare investito”.

Inoltre, per ottimizzare il lavoro e renderlo più veloce, la piattaforma ha ideato un algoritmo che fa match-making tra investitore e startup. Dunque, grazie ai dati dei profili inseriti al momento dell’iscrizione sulla piattaforma, questa riesce a indirizzare i possibili finanziatori – “non solo grandi investitori, ma chiunque voglia contribuire al successo di una startup attraverso dei piccoli apporti di capitale o acquistando dei prodotti mediante proprie campagne di crowdfunding”, evidenzia D’Antino – ai progetti che sono più inerenti al loro interesse, evitando così che si possano perdere occasioni di finanziamento.

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Massimo Canorro

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