L’immagine del founder di Scalapay e del suo tesoriere accanto alla vicepresidente della Banca Europea degli investimenti è uno scatto da ricordare, perché potrebbe rappresentare un momento di svolta per l’ecosistema dell’innovazione dell’Unione Europea e, quindi, anche per quello italiano.
La BEI ha, infatti, deciso di scommettere su Scalapay con un finanziamento da 70 milioni di euro: è la prima volta che l’istituzione UE sostiene direttamente un unicorno legato all’Italia, anche se – come EconomyUp ha raccontato – si tratta di un unicorno “quasi” italiano, con HQ a Dublino ma radici, team e mercato fortemente ancorati al nostro Paese.
L’operazione, annunciata il 9 dicembre 2025, è strutturata come Scale Up Debt e rientra nel nuovo programma TechEU, il maxi piano del Gruppo BEI da 70 miliardi di euro pensato per mobilitare fino a 250 miliardi di investimenti nell’economia reale e rafforzare la leadership tecnologica europea.
Indice degli argomenti
Un unicorno “italiano ma volato a Dublino” nel radar BEI
Secondo quanto reso noto dalla BEI, il finanziamento Scale Up Debt da 70 milioni è destinato a Scalapay, fintech fondata nel 2019 da Simone Mancini e Johnny Mitrevski, oggi tra i principali player europei del Buy Now Pay Later (BNPL). Si tratta del primo finanziamento diretto della banca europea a un unicorno legato all’Italia, un passaggio importante per l’ecosistema.
Scalapay fa il grande salto nel 2022, quando chiude un round da 497 milioni di dollari, diventando il primo unicorno italiano del BNPL – pur con sede legale in Irlanda. Da qui la nostra definizione di “primo unicorno italiano (ma volato a Dublino)”, che riassume bene la tensione tra origini italiane, struttura societaria internazionale e mercato europeo.
Ora, a distanza di tre anni, l’ingresso della BEI nel capitale di debito di Scalapay cambia la prospettiva: non sono solo i grandi fondi internazionali (da Tencent a Tiger Global) a scommettere sulla scaleup, ma anche l’istituzione finanziaria dell’Unione Europea incaricata di sostenere i “campioni tecnologici” del continente.
Che cosa finanziano i 70 milioni della BEI
Secondo il comunicato della BEI, le risorse serviranno a potenziare l’offerta di prodotti e servizi nel settore dei pagamenti di Scalapay, con l’obiettivo di rendere l’esperienza del consumatore “più semplice e completa” e consolidare il posizionamento della società tra i leader europei delle soluzioni finanziarie intelligenti.
In concreto, il prestito Scale Up Debt è pensato per sostenere:
- sviluppo di nuove funzionalità di pagamento, sia “pay now” sia “pay later”, online e nei negozi fisici;
- investimenti in tecnologia, sicurezza e gestione del rischio, cruciali in un comparto – il BNPL – sotto crescente attenzione regolatoria;
- rafforzamento delle piattaforme e dei sistemi che consentono a Scalapay di servire merchant e consumatori in più Paesi europei;
- evoluzione dell’offerta verso servizi a maggiore valore aggiunto per retailer e brand (integrazione dati, analytics, customer engagement).
La BEI inquadra il finanziamento all’interno della strategia di supporto ai pagamenti digitali europei, sottolineando che il caso Scalapay dimostra come una realtà nata da pochi anni possa scalare rapidamente puntando su tecnologia, qualità del servizio e attenzione alla user experience. L’operazione è inoltre coperta dal programma InvestEU, di cui il Gruppo BEI è il principale partner attuativo.
ScaleUp Debt e TechEU: l’Unione Europea per l’innovazione
Il prestito a Scalapay è strutturato come Scale Up Debt, uno dei nuovi strumenti lanciati nell’ambito di TechEU, il programma che la BEI descrive come la più ampia iniziativa di finanziamento per l’innovazione mai varata in Europa.
L’idea di fondo è chiara:
- coprire l’intero ciclo di vita dell’innovazione, “dall’idea alla quotazione in Borsa e oltre”, utilizzando un mix di equity, quasi-equity, debito e garanzie;
- intervenire nella fase critica di scale up, quando le aziende innovative hanno bisogno di capitale per crescere ma rischiano di dover accettare condizioni troppo penalizzanti o di spostare sede all’estero per attrarre investitori;
- non diluire la partecipazione di founder e investitori privati: lo Scale Up Debt è debito “ibrido” che affianca, non sostituisce, il capitale di rischio.
Nei discorsi della presidente BEI Nadia Calviño, TechEU è presentato come risposta operativa alle raccomandazioni dei rapporti Letta e Draghi sulla competitività europea: serve un salto di scala negli investimenti, semplificazione delle regole e uno sforzo coordinato per fare dell’Europa la casa dove le startup non solo nascono, ma restano e crescono.
In questo quadro, l’operazione Scalapay è un caso emblematico: una fintech ad alto tasso di innovazione, già unicorn, con forte presenza in Italia ma governance internazionale, che sceglie di rafforzare la propria crescita con capitale pubblico europeo invece che guardare solo a mercati extra-UE o a una exit rapida.
Dalla nascita allo scaleup: le tappe di Scalapay
Per capire il significato di questo finanziamento è utile ricordare il percorso della scaleup.
- 2019 – Nasce Scalapay, fondata da Simone Mancini (origini toscane, infanzia e formazione in Australia, qui puoi leggere la sua storia) e dall’ingegnere Johnny Mitrevski. L’idea è semplice: permettere ai consumatori di suddividere gli acquisti in tre o quattro rate senza interessi, online e nei negozi fisici, con un modello BNPL disegnato per il retail europeo.
- 2021 – La società annuncia un round da 155 milioni di dollari, guidato da Tiger Global, che la porta tra le fintech europee più osservate. In alcuni settori come il fashion luxury, Scalapay arriva a coprire fino al 30-50% delle transazioni dei merchant partner.
- 2022 – Con il round da 497 milioni di dollari, guidato da Tencent e Willoughby Capital, Scalapay supera la soglia del miliardo di valutazione e diventa il primo unicorno italiano del BNPL, anche se con sede legale a Dublino. Su EconomyUp si apre la discussione sull’“innovazione patriottica” e sulla difficoltà di trattenere le scaleup in Italia.
- 2023-2024 – La scaleup consolida la presenza sul mercato: acquisisce l’istituto di pagamento Cabel IP, ottenendo una licenza vigilata dalla Banca d’Italia, e lancia nuovi prodotti come le carte Visa virtuali e iniziative di engagement con premi per chi acquista a rate, segnando una progressiva evoluzione da “semplice” BNPL a piattaforma di pagamento e marketing per il retail.
La narrativa su Scalapay, anche sulle colonne di EconomyUp, è sempre stata duplice: da un lato la storia di successo di un founder “cittadino del mondo”, figlio di missionari, che fa crescere una fintech europea partendo dall’Italia; dall’altro le domande – forse più politiche che economiche – su dove finisce il valore creato, tra headquarter all’estero e investitori globali.
Dall’“innovazione patriottica” ai “campioni tecnologici europei”
Con il finanziamento BEI, il dibattito trova una nuova angolatura.
Nel 2022 EconomyUp si chiedeva: ha senso parlare di unicorno italiano se la sede è a Dublino e la maggior parte degli investitori è anglosassone? Oggi la domanda può essere aggiornata: quanto conta la nazionalità di un unicorno in un contesto in cui è l’Europa, come blocco, a voler trattenere e far crescere i propri campioni tecnologici?
La BEI, nelle parole di Gelsomina Vigliotti,vicepresidente della BEI, rivendica proprio questo: sostenere l’ecosistema europeo dei pagamenti digitali, promuovere innovazione e competitività e fare in modo che i “campioni” restino in Europa.
L’intervento su Scalapay è quindi, al tempo stesso:
- un segnale di fiducia verso il modello BNPL sviluppato dalla fintech;
- un messaggio politico: l’Europa non vuole solo regolamentare le big tech, ma anche finanziare direttamente le scaleup nate nel suo perimetro;
- una risposta (parziale) al tema dell’“innovazione patriottica”: se le strutture societarie restano globali, almeno una parte della finanza che alimenta la crescita arriva da istituzioni europee.
Per l’Italia, dove il dibattito su “unicorni nazionali” si intreccia spesso con quello su attrattività del sistema Paese, è un precedente interessante: dimostra che una startup nata qui, cresciuta grazie a round internazionali e poi “delocalizzata” per motivi giuridici e fiscali, può comunque diventare caso bandiera di un programma europeo di scaleup.
Che cosa cambia per l’ecosistema startup e fintech italiano
L’operazione Scalapay-BEI ha almeno quattro implicazioni per l’ecosistema italiano.
1. Accesso a capitali “pazienti” nella fase di scale up
Lo Scale Up Debt offre a una scaleup in forte crescita capitale a medio-lungo termine senza diluire ulteriormente founder e investitori. Per le startup italiane – storicamente a corto di strumenti finanziari avanzati tra round equity tradizionali e IPO – è un precedente che apre la porta a nuove combinazioni tra venture capital e debito “intelligente” di emanazione pubblica.
2. Validazione del BNPL come infrastruttura, non solo come moda
Il fatto che una grande istituzione europea scelga di finanziare un operatore BNPL indica che questo modello non è più visto solo come “gadget” del commercio elettronico, ma come componente strutturale dei pagamenti digitali e del credito al consumo. Resta naturalmente aperto il tema della sostenibilità e della tutela dei consumatori, su cui le autorità europee stanno lavorando, ma Scalapay viene riconosciuta come parte della soluzione, non del problema.
3. Un ponte tra Italia ed Europa sulla scala degli unicorni
Per anni, come EconomyUp ha spesso sottolineato, l’Italia ha faticato a far crescere scaleup fino alla soglia dell’unicorno e, quando ci è riuscita, ha visto spesso la sede legale migrare all’estero. Il caso Scalapay mostra un possibile compromesso: la governance rimane internazionale, ma la finanza di crescita arriva (anche) da Bruxelles, attraverso strumenti come TechEU e InvestEU.
4. Un benchmark per altre scaleup italiane ed europee
Infine, il finanziamento BEI crea un benchmark: dimostra che una fintech con radici italiane può accedere a strumenti sofisticati di debito europeo, purché risponda a tre requisiti chiave: forte intensità tecnologica, capacità di scalare oltre il mercato domestico e governance compatibile con i criteri ESG e regolamentari dell’Unione.







