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La gestione dell’identità digitale nell’era della Platform Economy: il caso Mia-FinTech

Nel mercato dei servizi finanziari i processi di onboarding dei clienti sono al centro di una trasformazione, tra norme e customer experience. Bruno Natoli, CEO di Mia-FinTech, spiega i vantaggi della semplificazione dell’identificazione.

Pubblicato il 27 Giu 2023

Immagine di Thapana_Studio da Shutterstock

Mia-Platform è la tech company italiana che ha portato sul mercato internazionale uno dei primi Digital Platform Builder per accelerare la realizzazione end-to-end di piattaforme digitali cloud native. Il valore distintivo dell’offerta di Mia-Platform risiede nel suo approccio modulare e componibile basato sui principi di Platform Engineering. In particolare, si fonda su una Internal Developer Platform, una piattaforma che funge da punto unico di accesso a tutti gli strumenti e le tecnologie di sviluppo utilizzate all’interno di un’azienda, che accelera e semplifica il ciclo di sviluppo del software, assicurando una Developer Experience fluida e promuovendo la condivisione e la collaborazione tra team. “Ogni società, indipendentemente dal settore merceologico e dal business, oggi deve essere pervasa da componenti innovative da usare con logiche di piattaforma su cui andare a ‘pluggare’ le singole applicazioni” spiega Bruno Natoli, CEO di Mia-FinTech, società che supporta le aziende del settore finanziario basata sull’innovativa tecnologia di Mia-Platform .

Dalla Platform Economy al Composable Business

La Platform Economy si caratterizza per un insieme di tool che ingegnerizzano e automatizzano la produzione del codice, come fa appunto Mia- Platform in generale e Mia-FinTech in particolare per i settori finanziario e bancario . Questo filone specifico aggiunge un ulteriore tassello al concetto di piattaforma, vale a dire il paradigma del Composable Business o della Composable Architecture: “Da un lato l’automatizzazione e l’industrializzazione permettono di conseguire obiettivi di governance e di efficacia, dall’altro avere delle applicazioni pronte su un service catalog conferisce maggiore efficienza e velocità alle organizzazioni” precisa Natoli. Nel caso di Mia-FinTech, che si rivolge prevalentemente ai soggetti del mondo finanziario e bancario, ma non solo, la piattaforma mette a disposizione delle componenti già pronte con l’ottica di essere usabili in alcune fasi chiave del processo di onboarding del cliente. “L’onboarding e la verifica dell’identità sono classici temi relativi alla sottoscrizione di prodotti finanziari da parte sia delle banche tradizionali sia delle nuove realtà fintech” aggiunge Natoli. L’accesso a questa tipologia di prodotti (apertura di un conto corrente, richiesta di un prestito o di un mutuo, rilascio di una carta di credito ecc.) necessita dell’identificazione certa e univoca dell’identità dell’utente e rientra in una procedura che viene definita KYC (Know Your Customer). Procedura che non si limita a verificare la veridicità dei dati anagrafici del cliente, ma anche che sussistano una serie di attributi di affidabilità e di scoring tali da renderlo eleggibile per ricevere il prodotto finanziario richiesto.

I tanti modi in cui avviene l’onboarding del cliente

Poiché le procedure KYC sono molto complesse e rischiano di essere frammentate in tanti rivoli quanti sono quelli a cui attingono le fonti dei dati, Mia-FinTech si pone in veste di layer tecnologico unico. “Tramite la sua applicazionel’ Identification Manager, punta a semplificare e standardizzare le API (Application Programming Interface) per l’integrazione dei vari Identity Providers , dando massima flessibilità nel comporre il processo di gestione dell’identità durante l’onboarding, con riguardo fra l’altro alle differenze geografiche” dice ancora il CEO. Ogni paese infatti adotta normative diverse a cui si collegano metodi di identificazione correlati. Se in Italia ad esempio lo SPID rappresenta oggi uno degli strumenti di identificazione digitale più diffuso, in Svezia e Norvegia c’è invece il BankID, mentre in Belgio viene utilizzato l’Itsme. Esistono poi modalità alternative come le sessioni liveness, i self video o la possibilità che un operatore intervenga per appurare l’identità di un cliente. Modalità seguite da step successivi come l’acquisizione di un documento d’identità e automatismi che vanno dalla sua scansione al controllo della data di scadenza. “Il paradigma delle Composable Architecture permette di adeguare la soluzione alle varie country e alle rispettive legislazioni. La piattaforma contiene dei cosiddetti PBC (Packaged Business Component), cioè componenti di business formate da singoli servizi aggregabili e orchestrabili in base al processo di business che si intende implementare. Questo fa sì che in piattaforma ci sia un marketplace con tutte le componenti per singolo paese che possono essere scelte dal cliente in funzione delle sue necessità” chiarisce Natoli.

Semplificare il processo di identificazione dell’utente

La differenziazione geografica ha comunque un punto in comune, a prescindere da dove avviene l’onboarding. Oltre al rispetto dei requisiti di compliance dettati dalle leggi nazionali, i canali digitali non possono tralasciare una domanda che ormai qualsiasi cliente pone dappertutto: la facilità d’uso degli strumenti di identificazione. “La fluidità di queste operazioni è essenziale per evitare l’abbandono dell’utente e per minimizzare l’interazione su canali tradizionali che risultano più costosi. Se un cliente in self-service riesce con pochi clic a chiudere un processo di onboarding è un beneficio per la sua esperienza ed è un beneficio per la banca o l’enterprise che da questo processo ha certezza dei dati raccolti e, in più, una migliore profilazione del cliente stesso” sottolinea Natoli. Va anche detto che, nonostante settori come quello bancario e assicurativo siano i più sensibili al tema della gestione dell’identità digitale nella fase di presa in carico di un cliente, sono molti di più i comparti merceologici potenzialmente interessati. “Un’utility che deve stipulare un contratto di fornitura di luce o gas ha la medesima problematica, così come qualunque azienda che eroga un servizio in forma di subscription” esemplifica il CEO di Mia-Fintech. Ovviamente, più ci si allontana dal mondo dei servizi finanziari e minori sono le informazioni che occorre condividere con il fornitore. Questa è la ragione per cui “Mia-FinTech lavora su tutti i settori, ma ha un forte radicamento nel settore dei servizi finanziari. Facendo leva su questa presenza, le conoscenze che abbiamo messo in campo per implementare le nostre soluzioni sono adeguate e consone a qualunque contesto in cui i requisiti dell’onboarding hanno caratteristiche meno restrittive” conclude Bruno Natoli.

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Redazione EconomyUp
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