I grandi brand cinesi dell’auto sanno che l’Europa è un altro mondo e un altro mercato e ingaggiano manager di esperienza per conquistarlo. E spesso sono italiani. Se BYD ha scelto Alfredo Altavilla, ex manager FCA, Geely ha affidato il compito a Marco Santucci, 56 anni, nell’automotive da quasi tre decenni: ha lavorato in Ford, ha avuto ruoli importanti in Toyota Europe ed è stato fino all’inizio del 2025 amministratore delegato di JLR, cioè Jaguar Land Rover Italia. Da febbraio è Managing Director di Geely Italia e a capo di Jameel Motors, società internazionale impegnata nella distribuzione e su nuove forme di mobilità.
Fondata nel 1986, la casa di Hangzhou nel corso della sua veloce crescita ha avuto modo di inserirsi nella industria europea dell’auto già 15 anni fa: prima ha comprato Volvo da Ford, poi Lotus, LEVC (taxi elettrici londinesi) e una quota del 9,7% in Daimler (Mercedes-Benz). Suo è il brand Lynk (qui puoi leggere la storia di Geely). I primi due modelli (uno elettrico e uno ibrido plug-in) arriveranno in Italia in ottobre, per “rompere gli schemi tradizionali con innovazione, tecnologia e sostenibilità. E nel 2026 ci saranno nuovi modelli per adeguarsi al mercato e al quadro normativo”, anticipa Santucci che non può e non vuole dire altro. “Il pregiudizio sull’auto cinese sta cadendo e più i numeri cresceranno e più si ridurrà”.
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Il nuovo mercato: una domanda diversa e più consapevolezza
La conversazione il Managing Director di Geely comincia dal mercato. Le vendite sono in calo costante da tempo, ma arrivano nuovi player come Geely. Sembra quasi una contraddizione? Come è possibile?
“Succede perché c’è una contrazione nella tipologia tradizionale di offerta, mentre cambia la domanda. Il consumatore ha acquistato maggiore consapevolezza. Quando io ho cominciato, negli anni Novanta, il concessionario era sovrano e il cliente si trovava in balia del venditore, che gli diceva quale era l’auto giusta per lui. Oggi il mercato è completamente diverso, per tipologia di offerta, il prodotto e per la quantità di informazione a disposizione dei consumatori. E Tesla l’ha dimostrato con le vendite online, che hanno avvicinato i clienti a un modello innovativo.
L’effetto di questo cambiamento?
I clienti vedono e valutano un’offerta, un brand per la loro carica di novità e di innovazione. E questo sta segnando una demarcazione fra vecchi e nuovi player che si distinguono a cominciare dal modo in cui si promuovono e comunicano il prodotto. Come BYD, che ha fatto un investimento digitale che nessun marchio tradizionale ha mai fatto.
Il focus sull’innovazione
Possiamo dire che c’è una maggiore attenzione all’innovazione e alla tecnologia, quindi?
Assolutamente sì. Se guardo i prodotti che i clienti stanno privilegiando, sono quelli a più alto contenuto tecnologico, più evidentemente sofisticati. E questa è l’elemento distintivo delle auto cinesi: grande ricchezza tecnologica proposta a un prezzo accessibile. Questo è stato possibile grazie all’intervento del governo di Pechino che ha spinto a centralizzare gli acquisti delle materie prime, riducendo così i costi. SI sarebbe potuto fare anche in Europa, dove invece si è addirittura fatta la guerra tra brand all’interno di uno stesso gruppo”
Quindi il fenomeno dell’auto cinese si deve agli aiuti di Stato?
Personalmente non penso. Il vero motivo, a mio avviso, è la visione a lungo termine. Io non sono mai stato favorevole al termine del 2035 per i motori termici, ma era l’unica indicazione che un’istituzione come l’Unione Europea poteva dare. Indicare una direzione di mercato avrebbe dovuto permettere ai costruttori di organizzarsi in tempo. Questo non è accaduto, perché ogni Paese si è messo a discutere sulla direzione invece di capire cosa fare per andare incontro ai cambiamenti della mobilità. E adesso bisogna fare i conti con i nuovi player che arrivano sul mercato, come Geely.
Per entrare nel mercato europeo basta portare un prodotto tecnologicamente ricco e a buon prezzo?
No. Geely è il più europeo dei produttori cinesi, perché ha già avuto modo di fare un buon periodo di “scuola guida” con Volvo, Lotus e Mercedes. Ma per entrare nel mercato europeo, che è estremamente maturo e competitivo, le case automobilistiche cinesi devono adattarsi rapidamente alle specificità locali e comprendere a fondo le aspettative dei consumatori. L’esperienza che può portare un manager come me che ha vissuto il mercato da diversi punti di vista e in diversi momenti aiuta a tradurre le innovazioni tecnologiche in prodotti che siano davvero rilevanti per il mercato. C’è poi un altro aspetto da non dimenticare…
Quale?
L’automobile è un settore che ha bisogno di un equilibrio tra innovazione tecnologica e conoscenza delle dinamiche locali. In questo senso, posso portare un know-how che risponde esattamente alle esigenze di adattamento e innovazione necessarie in un contesto come quello italiano”.
Geely e l’Italia
Geely è conosciuta per la sua attenzione all’innovazione e alla sostenibilità. L’Italia è un Paese abbastanza conservatore e con una scarsa cultura della mobilità elettrica. Quali sono le sfide da affrontare per convincere a comprare un’auto cinese e per giunta elettrica o ibrida?
“La sfida principale è senza dubbio quella di rompere gli schemi tradizionali e costruire una fiducia solida nei confronti di un marchio nuovo e di un prodotto che, seppur innovativo, può sembrare poco familiare agli occhi del consumatore italiano. Tuttavia, la crescente sensibilità verso i temi della sostenibilità e le politiche ambientali a livello europeo, insieme agli incentivi statali, stanno favorendo la transizione verso l’elettrico. Inoltre, un’altra grande opportunità è che gli italiani sono sempre stati molto aperti alle novità tecnologiche, purché siano di qualità e rispondano ai loro bisogni concreti. Geely ha sempre investito in ricerca e sviluppo per creare veicoli non solo elettrici, ma anche all’avanguardia dal punto di vista tecnologico, in grado di offrire prestazioni e comfort a livelli paragonabili o superiori ai brand tradizionali. Quindi la chiave del nostro successo in Italia risiederà nel portare, a prezzi accessibili a tutti, innovazione, ma anche qualità, affidabilità e un’esperienza di guida che convinca i consumatori.”
L’Italia è un mercato chiave per Geely e l’elettrico è il cuore della strategia di crescita. Come Geely sta affrontando la transizione verso la mobilità elettrica e quale innovazione tecnologica viene messa al centro di questa evoluzione?
“La transizione verso l’elettrico è al centro della nostra strategia globale. Geely non si limita a vendere veicoli elettrici, ma sta cercando di costruire un ecosistema che ruoti attorno a una mobilità più intelligente e sostenibile. Siamo pionieri nel campo della tecnologia delle batterie, investendo costantemente in soluzioni per migliorarne l’efficienza e ridurre i costi. Ma non ci fermiamo qui: stiamo sviluppando piattaforme intelligenti che possano integrare la guida autonoma, l’auto connessa e la digitalizzazione, creando un’esperienza di guida che vada oltre il semplice spostamento. La nostra visione è quella di un’auto che non è solo un veicolo, ma un centro di connessione digitale, con funzioni avanzate che includono la gestione del traffico in tempo reale e un’interazione continua con l’infrastruttura urbana.
La nuova sfida di Marco Santucci
Lei ha vissuto diverse fasi del mercato automobilistico europeo. Che cosa c’è di diverso adesso? E cosa l’ha attirata in questa nuova sfida professionale?
“La sfida più eccitante è poter mettere in pratica quello che ho imparato in 30 anni di lavoro passando da due brand generalisti, Ford e Toyota, il primo top down e l’altro bottom up con ambizione di sviluppare volumi, per arrivare in Land Rover, dove ho lavorato negli ultimi 15 anni e dove l’obiettivo era trasferire il valore del brand al cliente che lo sa apprezzare, proponendo servizi, facendo capire l’importanza della ricerca e l’attenzione ai dettagli. Ora posso mettere tutto in pratica per lanciare un brand da zero, che si adatta ai singoli mercati e per questo si affida a professionisti che li conoscono bene. Studieremo insieme la gamma, c’è disponibilità a valutare cambiamenti anche nella corporate identity, seppure i valori del brand restano uguali. L’Europa non è ancora un unico mercato e i produttori cinesi lo hanno ben chiaro”.





