Per anni, il racconto delle startup in Puglia è ruotato attorno a un paradosso noto: competenze e creatività non sono mai mancate, ma spesso hanno trovato sbocco altrove. La Regione, oggi, rivendica un cambio di passo: l’attrazione non si misura con slogan, ma con strumenti e risultati. Il dato che fotografa meglio questa dinamica arriva da una delle misure più consolidate a sostegno dell’imprenditoria innovativa: «Sul nostro bando TecnoNidi abbiamo il 60% di domande da fuori Puglia, oggi. Non domani», spiega Gianna Elisa Berlingerio, Direttora del Dipartimento Sviluppo Economico della Regione Puglia.
Quel 60% indica che la partita non è più solo “trattenere” chi nasce sul territorio, ma competere per attirare team e progetti anche dal Nord e dal Centro Italia, con qualche caso europeo e perfino extra-Ue. A questo punto la domanda è: perché uno startupper – pugliese o non pugliese – dovrebbe scegliere Bari, Lecce, Taranto o Foggia per avviare e far crescere una startup? Perché, anticipa scherzosamente ma non troppo la Dirigente, gli startupper, in Puglia, «sono coccolatissimi».

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L’innovazione come asse trasversale
A fare da cornice c’è un’impostazione che la Regione descrive come trasversale: l’innovazione non è più un capitolo a parte, ma un criterio che orienta le politiche di sviluppo. Silvia Visciano, Dirigente della Sezione Ricerca e Relazioni internazionali della Regione Puglia, sintetizza così la scelta di metodo: «La Regione non considera più i processi di innovazione come separati delle politiche pubbliche. Al contrario, l’innovazione diventa asse trasversale che orienta industria, lavoro, formazione, sanità, energia e coesione sociale. Abbiamo scelto di organizzare l’intervento pubblico come un percorso che accompagna idee, persone e imprese dalla fase iniziale fino alla scalabilità, integrando ricerca, trasferimento tecnologico e sviluppo industriale. È questa impostazione che può permetterci di trasformare l’innovazione in un fattore strutturale di competitività e di attrattività del territorio».
Un mix di strumenti: contributi, equity e bandi
«Dal punto di vista finanziario – conferma Berlingerio – abbiamo a disposizione una combinazione di strumenti in questo momento in Puglia che non è riprodotta in nessun’altra regione, perlomeno in Italia».
Il primo pilastro è TecnoNidi, che la Regione considera una “porta d’ingresso” per investimenti entro una soglia definita. «È un mix di finanziamento a tasso zero e sovvenzione a fondo perduto che accompagna gli investimenti delle startup fino a 350.000 euro», ricorda la Direttora. Ed è proprio qui che il 60% di domande da fuori regione diventa un indicatore chiave: se lo strumento attrae, significa che l’ecosistema viene percepito come un’opzione competitiva, non marginale.
Il secondo tassello è il capitale di rischio, costruito con un modello pubblico-privato. «Abbiamo aggiunto il fondo di equity della Regione Puglia che, nelle due finestre oggi aperte, supera i 100 milioni di euro», spiega Berlingerio. La logica è quella del co-investimento: dopo la selezione pubblica, entrano fondi privati nazionali chiamati a investire almeno quanto la Regione. «Ne abbiamo già attratti quattro e probabilmente ne arriveranno altri: se la Regione mette 10 milioni, il fondo privato ne aggiunge altri 10. In questo modo la dotazione complessiva può arrivare a circa 200 milioni a disposizione delle startup».
C’è poi un dettaglio tecnico che, nella pratica, incide molto sulla convenienza per le imprese: «Questo fondo è di equity, quindi di coinvestimento, non di finanziamento: non costituisce aiuto, quindi è cumulabile con TecnoNidi». In sostanza, una startup può accedere a TecnoNidi e, in parallelo, raccogliere capitale tramite il fondo regionale, senza che una misura escluda automaticamente l’altra.
Il terzo elemento riguarda la scala degli investimenti, cioè ciò che serve quando una startup non deve più solo partire, ma fare scaling up (crescere rapidamente e in modo replicabile). In questa fase, la Regione ha aperto alle startup anche l’accesso al PIA (Pacchetto integrato di agevolazioni), uno strumento storicamente usato dalle Pmi e pensato per progetti più strutturati. «Prima si poteva accedere solo con un milione di fatturato annuo nel triennio precedente, oggi anche come startup dimostrando di aver investito in ricerca e sviluppo».
Il PIA, infatti, finanzia interventi di dimensione nettamente superiore: «Arriva fino a 40 milioni di euro tra ricerca e sviluppo, attivi materiali, investimenti produttivi, consulenza, internazionalizzazione e formazione dei dipendenti». Anche qui torna un punto importante di compatibilità: «Equity non è un aiuto e quindi non va a riempire il cosiddetto castelletto», cioè non consuma il plafond di agevolazioni pubbliche disponibile. In pratica, una startup può attivare un progetto PIA e, in parallelo, raccogliere capitale tramite strumenti di equity senza che una misura limiti automaticamente l’altra.
Ma il ragionamento non si ferma alla leva finanziaria.
Competenze, università e infrastrutture: perché l’ecosistema regge
La Regione prova a competere anche sul terreno dell’ecosistema: capitale umano, ricerca, logistica e infrastrutture digitali. «Oggi in Puglia ci sono cinque università che stanno scalando le classifiche e, in particolare, il Politecnico di Bari è la prima università in Italia per placement nei cinque anni dalla laurea», osserva Berlingerio, collegando l’attrazione di startup alla disponibilità di competenze sul territorio.
Poi c’è il tema della connettività fisica e digitale. «Infrastrutture efficienti, non solo di trasporto con due aeroporti internazionali ormai collegati con voli anche extra-Ue, ma anche infrastrutture di banda larga e specifiche come centri di ricerca», continua. Tra gli asset più concreti, legati all’industria e alla ricerca, la Direttrice cita lo spazioporto di Grottaglie (Taranto): «È già operativo come area di test per i droni e diventerà a breve uno spazioporto vero e proprio. Stanno per partire i lavori per consentire il lancio di voli suborbitali».
Una filiera pubblica dell’innovazione: dall’idea alla scalabilità
Se gli strumenti spiegano perché un founder può arrivare in Puglia, l’architettura della policy punta a spiegare perché può restare e crescere. Berlingerio insiste su un concetto: continuità. Negli ultimi anni, la Puglia ha costruito politiche per ricerca e innovazione capaci di accompagnare persone e imprese dall’idea imprenditoriale alla crescita e alla scalabilità industriale, integrando finanza, servizi, competenze e relazioni con il mondo della ricerca.
L’impostazione è coerente con la Strategia di specializzazione intelligente regionale, che individua traiettorie prioritarie di innovazione verso cui orientare investimenti pubblici e privati: manifattura sostenibile, salute dell’uomo e dell’ambiente, comunità digitali, inclusive e creative. Il sostegno non riguarda solo i progetti di R&S delle imprese, ma anche il rafforzamento dei legami con università e centri di ricerca, la costruzione di strumenti di open innovation e il consolidamento di partenariati strategici.
Legge regionale 4 aprile 2025 n. 4: focus su open innovation e AI
Dentro #mareAsinistra si colloca anche un tassello normativo che la Regione rivendica come anticipatore: la Legge regionale 4 aprile 2025 n. 4 sulle “Misure di promozione in materia di innovazione aperta e intelligenza artificiale”. L’obiettivo è diffondere open innovation e AI nel sistema produttivo, favorire la collaborazione tra imprese, ricerca e startup, e mettere a disposizione una piattaforma digitale dell’innovazione e hub territoriali dedicati al trasferimento tecnologico e all’incubazione di idee.
Dal pre-seed ai Booster, fino agli strumenti per “diventare grandi”
Nel modello regionale, il sostegno a startup e imprese innovative è concepito come un percorso, non come un intervento isolato. Nelle fasi iniziali opera una strategia pre-seed che prende in carico le idee e le accompagna verso la costituzione d’impresa con una logica orientata ai risultati. C’è poi Percorsi d’impresa, programma che supporta l’imprenditorialità giovanile e amplia l’accesso ai servizi anche a realtà non finanziate direttamente.
Nella validazione entrano in gioco i Booster regionali, insieme a incubatori certificati e programmi di accelerazione: strumenti verticali che combinano sviluppo del modello di business, prototipazione, open innovation con corporate partner e preparazione al dialogo con investitori, con l’obiettivo di rendere le startup “investor-ready”.
Quando arriva la fase di crescita, tornano gli strumenti: NIdI e TecnoNIdI come prime porte di accesso, combinabili con l’equity; poi misure come PIA, MiniPIA, Contratti di Programma, la piattaforma Step, Reti e Trasformazioni, fino al passaggio decisivo della scalabilità industriale, per integrarsi nelle filiere nazionali ed europee e affrontare i mercati internazionali. A completare il quadro ci sono strumenti di finanza avanzata – come minibond e garanzie mutualistiche – e azioni dedicate all’internazionalizzazione.
I numeri, alla fine, funzionano come cartina di tornasole: 549 startup innovative e 148 Pmi innovative (dato aggiornato all’8 dicembre 2025), con una crescita intensa negli ultimi anni, e quel 60% di domande TecnoNIdI da fuori Puglia.
Forse, a questo punto, la domanda “perché dovrei venire in Puglia?” non è più retorica: è un test di mercato. E, guardando ai flussi delle candidature, molti founder stanno già scegliendo da che parte stare.

(Contributo editoriale realizzato in collaborazione con Regione Puglia)




