Quando una fintech raccoglie un round da 20 milioni di euro, la distribuzione delle risorse segue quasi sempre lo stesso schema: circa il 60% finisce in investimenti tecnologici, il resto in marketing, UX/UI, community, networking. Zero percento in compliance. Al convegno Osservatori Fintech & Insurtech del Politecnico di Milano —tenutosi il 3 dicembre 2025 — Daniele Giuliani, CEO di Genio Diligence, che si occupa di valutazione dei rischi normativi, definisce questa scelta un errore strutturale dell’ecosistema italiano. Non un giudizio: un dato.
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Il mercato è regolamentato: un punto spesso ignorato
«Fondamentalmente io ho smesso di parlare di tecnologie e ho cominciato a parlare di regolamentazione, perché pare che nei vari panel ci si dimentichi che siamo in un mercato regolamentato», afferma Giuliani.
Nel dibattito su AI e innovazione, questa premessa resta spesso implicita.
«Fintech, regolamentate oppure no, siamo in un mercato regolamentato». Anche chi non necessita di licenza opera comunque entro cornici normative definite, e in Italia – osserva – «il regolamento è tra i più garantisti e stringenti, con interpretazioni spesso ancora più restrittive da parte dei regulator».
Il vero problema: la compliance arriva sempre troppo tardi
Secondo Giuliani, la maggior parte delle fintech affronta la compliance solo dopo aver costruito il prodotto: «Se una startup fa un round da 20 milioni, il 60% va in tecnologia, il resto in marketing e UX, e lo 0% in regolamentazione».
Il risultato è noto: quando tentano l’integrazione con una banca, «la compliance della banca o del player finanziario 99 su 100 le blocca». L’idea può essere valida, ma se non è progettata dentro i confini normativi, non può scalare.
Il 74% non è regolamentato (per scelta), ma ciò non basta
Il dato del 74% di fintech non regolamentate non indica anarchia, bensì che operano in ambiti che non richiedono licenza (software, analytics, scoring, piattaforme B2B).
Tuttavia, non essere regolamentati non significa poter ignorare la regolamentazione: una soluzione non costruita con criteri di compliance non potrà mai essere adottata da una banca.
DORA, PSD2, IPR: non “burocrazia”, ma il perimetro del prodotto
Mappare il contesto normativo è essenziale:
- PSD2, che ha aperto l’accesso standardizzato ai dati bancari e imposto requisiti di sicurezza;
- IPR (Instant Payment Regulation), che dal 2024 impone pagamenti istantanei sempre disponibili;
- DORA, che estende la regolamentazione alla resilienza operativa di tutto l’ecosistema finanziario, inclusi i fornitori tecnici.
Sono normative che definiscono la forma del prodotto, non checklist da aggiungere alla fine.
Standard condivisi e piattaforme collaborative: il punto di vista sistemico
Intervenendo insieme a Giuliani, Roberto Fagnani, Business Innovation Specialist Analyst di CBI, osserva che la regolamentazione può essere affrontata in modo più efficiente attraverso standard condivisi: «Le piattaforme collaborative possono supportare l’ecosistema fintech, la risposta è sì».
Il punto non è promuovere un singolo servizio, ma mostrare che soluzioni centralizzate riducono costi e complessità normativa rispetto a implementazioni individuali.
Ad esempio, modelli condivisi come l’accesso PSD2 o la verifica dei pagamenti hanno permesso a un ampio numero di operatori di essere conformi senza sviluppare infrastrutture proprietarie. La logica non è commerciale, ma sistemica: evitare che ogni PSP o fintech debba reinventare da zero la compliance, con costi e rischi esponenziali.
Fagnani sintetizza così l’approccio: standard comuni per ridurre duplicazioni, garantire interoperabilità e accelerare la conformità normativa. È una filosofia di riduzione del rischio a livello di ecosistema, non una promozione di specifiche piattaforme.
Cosa deve fare una fintech veramente consapevole
Giuliani conclude con un avvertimento concreto: Banca d’Italia presenterà a gennaio l’indagine sul 74% di fintech non regolamentate. «Questo presuppone che Banca d’Italia si è posta il problema», afferma.
La domanda diventa: le fintech se lo sono poste?
Per molte, la risposta è no. E qui si crea la frattura tra prodotto e mercato.
Giuliani lo sintetizza così: «Parliamo di intelligenza artificiale, parliamo di tutto, però non dimentichiamoci il punto da cui parte tutto quanto e il mondo in cui noi tutti lavoriamo».






