Per chi non se ne fosse accorto: fare Open Innovation non è più cool. E la cosa di per sé non è un male.Cinque anni fa avevamo introdotto il framework “The Ages of Open Innovation”, sostenendo che l’Open Innovation sarebbe di necessità dovuta evolversi nel tempo da un esercizio prevalentemente di marketing e comunicazione ad un motore capace di generare valore economico. Quel momento è arrivato.

Di questo– insieme a tanti altri temi su cui tornerò nei prossimi appuntamenti, sono troppi per essere esauriti in un singolo articolo – abbiamo discusso durante i Corporate Startup Stars (CSS) Awards 2025 – l’equivalente degli Oscar dell’Open Innovation organizzati da Mind the Bridge con ICC (International Chamber of Commerce) – che ogni anno riuniscono a Parigi i responsabili dell’innovazione delle principali 100 aziende al mondo.
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Open innovation, il focus ora è sul valore creato
Le aziende non sentono più la necessità di dover “mostrare” di lavorare con le startup. Il focus è sempre più sul valore creato dalla collaborazione con le startup. Oggi anche l’Open Innovation – al pari delle altre funzioni aziendali – si misura su parametri come generazione di fatturato, risparmio di costi, efficienza operativa, time to market…
Il corollario è una riduzione dei budget delle aziende per iniziative “cosmetiche” (potremmo definirle di “innovation cosplay”, di innovazione che è solo un gioco di travestimenti) e – di conseguenza – tagli a tutto ciò che non produce risultati concreti.
I segnali del cambiamento
Dall’esterno, il cambiamento si inizia a percepire, anche se un po’ offuscato dai latecomer che entrano nel gioco proprio mentre altri stanno arretrando. I segnali includono:
- Meno corporate startup accelerator
- Sponsorizzazioni di eventi e programmi startup quasi del tutto azzerate
- Meno job position per ruoli di open innovation
- Riduzione degli investimenti di CVC
- Venture Client sempre più integrato all’interno del procurement
In breve: meno Innovation Theatre (buona notizia) e meno risorse (cattiva notizia).
L’innovazione è essenziale per la sopravvivenza delle aziende
L’innovazione (ivi inclusa l’Open Innovation) è più che mai essenziale per la crescita e sopravvivenza aziendale.
Basta osservare il cambiamento della composizione dell’indice delle Global Fortune 500: solo 190 di quelle che c’erano ad inizio del secolo sono ancora lì. E la previsione, anche in considerazione della trasformazione epocale determinata dall’AI, è che meno della metà di queste saranno tra le top 500 nel 2030.

Il ruolo del Chief Innovation Officer
Se “seppellire” l’Open Innovation significa sancire che l’innovazione è finalmente diventata attività mainstream, pienamente integrata e al centro della corporate strategy, con il Chief Innovation Officer che smette di fare da “evangelista” e assume della nella C-Suite un ruolo di “orchestratore” di tutte le leve di produzione del valore, allora il congedo è dolce: R.I.P. Open Innovation. Missione compiuta!

Ma se le aziende stanno tagliando i budget di innovazione — open o meno — solo per recuperare nel breve periodo un po’ di EBITDA in declino, allora stanno preparandosi ad un funerale molto più grande di quello della sola Open Innovation.
Per essere chiarissimi: No innovation, no company survival.
Da Parigi, passo ma non chiudo.









