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I prossimi unicorni saranno le startup che insegneranno a lavorare agli agenti AI



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Stiamo entrando nell’era dell’AI come “dipendente”. E i prossimi unicorni saranno le startup che formeranno l’intelligenza artificiali per fare il lavoro di avvocati o responsabili acquisti. Ma con la supervisione umana

Pubblicato il 14 ott 2025



Agenti AI
Agenti AI

La scorsa settimana ho trascorso una giornata con le quattro startup del nuovo batch di The Liquid Factory. Obiettivo comune: creare progetti con un profilo in linea con i principali acceleratori mondiali (da YCombinator in giù). In altre parole, il requisito essenziale è quello di sviluppare progetti scalabili su temi di frontiera.

Nonostante Fabrizio Capobianco abbia leaked qualche dettaglio durante la puntata di Innovation Weekly di sabato, non posso ancora sbilanciarmi tanto sui progetti perché sono ancora in stealth mode (anche perché siamo negli early day del programma e quindi cambiamenti e talvolta pivoting sono ancora possibili).

Fabrizio Capobianco con Alberto Onetti a Sondrio durante Innovation Weekly

Fabrizio Capobianco con Alberto Onetti a Sondrio durante InnovationWeekly

Guardando alle startup, non è una notizia che il minimo comun denominatore sia l’intelligenza artificiale.

L’intelligenza artificiale sostituirà i professionisti?

La cosa che però mi ha colpito è la visione che sta dietro all’applicazione dell’AI.

In modo particolare due startup (su quattro) stanno pensando di introdurre l’intelligenza artificiale per efficientare – e significativamente migliorare – attività oggi svolte da professionisti. I casi in esame spaziano dalla sistematizzazione e dalla messa a disposizione di informazioni relative a progetti di ricerca alla simulazione dell’evoluzione dei mercati finanziari per i gestori di portafoglio. In quest’ultimo caso l’AI si mette al servizio degli analisti finanziari (i cosiddetti “quants”, qui il passaggio del film “The Big Short” che li ha resi famosi) per migliorare le loro capacità di previsione finanziarie, mentre nel primo caso supporta Ph.D e tecnici di laboratorio nella loro attività. Fin qui tutto positivo.

Se non fosse che la visione – quella che scala – è quella di avere un contributo crescente dell’AI che, nel tempo, la renda capace di progressivamente sostituire le figure inizialmente coinvolte e – a tendere – gestire l’intera filiera di servizio in totale autonomia.

Nell’esempio di prima dall’affiancamento dei quants si passerà alla loro agentizzazione e, a tendere, anche al sostituzione del Portfolio Manager che oggi li coordina. Lo stesso potrebbe succedere all’interno dei laboratori di ricerca ove potremmo avere agentic PH.D. e ricercatori.

L’AI della startup Rivio per il procurement aziendale

Ne ho parlato con Alessio Tresanti che, dopo avere lavorato con noi a Mind the Bridge per cinque anni si è fatto prendere dal mondo delle startup così tanto da farne partire una sua (insieme alla moglie): Rivio, fondata a luglio dello scorso anno, ha già raccolto 3 milioni da Gradient Ventures (che è il fondo di Google dedicato a ealry stage AI startups), E14 MIT Fund e S32 (che ha investito in Coinbase, ScaleAI, …) con l’obiettivo di creare il primo AI Procurement Manager. Quindi si tratta di una applicazione di AI verticale che ha l’obiettivo di supportare una funzione di supporto – come la funzione acquisti – complessa e centrale in un’organizzazione.

Il team di Rivio

L’AI si è manifestata inizialmente (circa 2023) come semplice generazione di testi (un “text tool”). Abbiamo poi visto come può essere utilizzata per automatizzare i processi di lavoro (email, riconciliazioni, …).

Ora, nel 2025, l’AI diventa un secondo cervello. Stiamo entrando nell’era dell’“AI come dipendente”: sistemi che ragionano, decidono e agiscono con percezione di contesto e senso di responsabilità. È il primo passo verso una vera e propria intelligenza operativa.

È immaginabile pensare ad una forza lavoro fatta di Ai Agent?

Sì, abbiamo già dei clienti che hanno ampliato il proprio team affiancando ai propri dipendenti degli agenti AI (NDR Patrick Oungre, nuovo CEO di di A2A Life Ventures, ha parlato del progetto 1+1, ossia raddoppiare attraverso AI agents le 80 persone della funzione innovazione in questa intervista a EconomyuUp).

Qui la principale sfida che ci attende non è tecnologica, ma di implementazione.

È fondamentale la capacità delle aziende di disegnare un ruolo per questi Ai Agents come se fossero dipendenti. Si tratta di definire le job description e le linee di riporto, definendone le responsabilità, misurandone i risultati e garantendone supervisione.

Le aziende che lo stanno facendo stanno vedendo un aumento della produttività. Quelle che invece stanno sperimentando senza un piano stanno creando più disorientamento che valore.

Ma quindi gli AI Agent possono fare carriera?

Sì, se ha i giusti mentor, che – di necessità – devono essere persone umane. Senza questo il loro ruolo resta limitato alla automation dei processi. Non diventano un AI teammate che può contribuire a fare crescere la conoscenza aziendale.

Quali sono i prossimi sviluppi che ci dobbiamo attendere?

I prossimi unicorni saranno quelli che insegneranno alle AI a lavorare.
Le prossime startup da miliardo di dollari non costruiranno tradizionali SaaS con AI integrata ma saranno nell’application layer. Formeranno invece professionisti AI quali avvocati, venditori, responsabili acquisti, …
Agiranno come “università per l’AI”, aggiornando costantemente le AI con “domain expertise”. Noi di Rivio ci stiamo specializzando su una specifica funzione (il Procurement). Harvey lo fa sugli avvocati, Artisan su sales.

Chi possiederà quei curriculum, dominerà la categoria. Chi non lo fa, affronterà un crescente divario digitale.

Chi sarà la Stanford per gli Ai agent?

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