Quanto è davvero sostenibile l’auto elettrica? Se lo chiedeva in questa intervista a EconomyUp Jeff Speck, urbanista statunitense noto in tutto il mondo per il concetto di walkable city, la città a misura di pedone. Alessandro Abbotto, docente universitario esperto di mobilità elettrica, riflette sulla tesi di Speck e interviene sul tema, proponendo il suo punto di vista: non minimizzarne i benefici e rendersi conto che è realmente un mezzo efficace per abbattere le emissioni.
Jeff Speck ha ragione su un punto cruciale: non possiamo pensare che la sostenibilità nasca soltanto dalla sostituzione di un’auto a combustione con una elettrica. La vera transizione si gioca nelle città, ridisegnandole per ridurre gli spostamenti obbligati e avvicinare i servizi alle persone. Senza questo salto, resteremmo comunque intrappolati in un modello fondato sull’automobile privata. Gran parte della sua impostazione è dunque assolutamente condivisibile. Come ricorda spesso un noto chimico italiano, Vincenzo Balzani, professore emerito all’Università di Bologna, la vera virtù non è innanzitutto convertire l’energia in forme più pulite – quello viene dopo – ma prima di tutto ridurre consumi e sprechi. In questo senso, l’approccio di Speck va accolto con favore, perché mette al centro la necessità di limitare la domanda di mobilità e di ripensare il nostro modo di vivere le città.
Indice degli argomenti
Auto elettrica e sostenibilità: la drastica riduzione della CO₂
Uno spunto di differenziazione riguarda il presunto scarso vantaggio ambientale dell’auto elettrica. Quando Speck lo sostiene, la sua analisi si ferma a metà. Tutti gli studi internazionali mostrano con chiarezza che lungo tutto il ciclo di vita – produzione, utilizzo e smaltimento – un’auto elettrica emette circa la metà della CO₂ di una a combustione, e in contesti con forte presenza di rinnovabili il divario cresce ulteriormente. Nel suo recente report Global EV Outlook 2025, l’International Energy Agency (IEA) porta l’esempio della California, dove un’auto elettrica caricata nelle ore centrali della giornata, quando l’energia solare è abbondante, riduce di circa il 95% le emissioni complessive rispetto a un veicolo a benzina. Questo calcolo è espresso in termini di well-to-wheel (letteralmente “dal pozzo alla ruota”), cioè lungo l’intera catena energetica che va dalla produzione/estrazione dell’energia (generazione di energia elettrica piuttosto che petrolio) fino al suo utilizzo su strada.
Auto elettrica e sostenibilità: quanto conta davvero il peso dei veicoli?
Un altro punto sollevato da Speck riguarda il peso dei veicoli. È vero: rispetto a un’auto a benzina, un’elettrica pesa in media circa il 25% in più, a causa delle batterie. E i veicoli più pesanti consumano di più e generano una maggiore quantità di particolato da freni e pneumatici. Ma non è corretto affermare che le auto elettriche siano “intrinsecamente” più pesanti o più inquinanti. Le elettriche risultano, ad esempio, più leggere delle versioni plug-in equivalenti, che addirittura montano due motori. In generale, il peso dipende soprattutto dal segmento di appartenenza e non dalla tecnologia utilizzata. La tendenza all’aumento delle dimensioni è frutto di precise strategie commerciali: le case automobilistiche hanno puntato su SUV e auto di lusso elettriche, i segmenti più redditizi, trascurando le piccole e medie cilindrate che rappresentano circa l’80% del mercato reale. Non è quindi la tecnologia elettrica ad avere limiti strutturali, ma il modo in cui viene applicata.
A questo si aggiunge una seconda considerazione: la corsa a offrire autonomie sempre maggiori ha spinto a montare batterie via via più grandi e pesanti. Oggi esistono modelli che superano i 700 chilometri di autonomia (e si parla di arrivare in tempi brevi a oltre 1.000 km), quando per la stragrande maggioranza degli automobilisti – che percorrono poche decine di chilometri al giorno – sarebbero più che sufficienti batterie in grado di garantire 400 o 500 chilometri, in grado di garantire 7-10 giorni di utilizzo ordinario tra una ricarica e l’altra. L’effetto è un aggravio di peso non giustificato dalle reali esigenze quotidiane. La vera sfida, quindi, non è solo ridurre le dimensioni dei veicoli, ma anche ripensare le batterie: alleggerirle e, al tempo stesso, diffondere una cultura della ricarica commisurata alle necessità reali, non a target artificialmente gonfiati dal marketing.
La prova viene dalla Cina, dove il mercato ha preso una direzione opposta. Lì sono disponibili decine di modelli di piccole elettriche a prezzi accessibili, spesso sotto i 15 mila dollari. Questo ha portato a un’elettrificazione quasi totale del segmento delle auto compatte: oltre il 90% delle vendite è già elettrico. Non a caso, una citycar elettrica è stata la seconda auto più venduta al mondo nel 2024, subito dopo un SUV. In Europa e Giappone, invece, l’elettrificazione ha privilegiato i segmenti grandi e costosi, mentre le piccole sono rimaste indietro.
La questione delle rinnovabili
C’è poi il tema dell’elettricità. Un’auto elettrica è tanto più pulita quanto più lo è l’energia con cui viene ricaricata. Ed è qui che entrano in gioco i dati più recenti. In Italia, secondo Terna – informa Vaielettrico.it – nell’agosto 2025 le fonti rinnovabili hanno coperto il 48% della domanda elettrica, contro il 39% dello stesso mese del 2024. Nei mesi estivi la quota è rimasta stabilmente attorno o sopra il 50%, con il fotovoltaico – nel complesso della frazione rinnovabile – al 43% e l’idroelettrico al 31%. In Europa, nel secondo trimestre 2025, le rinnovabili hanno raggiunto il 54% della domanda complessiva, segnando un record storico. Questo significa che già oggi, in molti paesi, un’auto elettrica ricaricata con l’energia disponibile ha un impatto ambientale enormemente ridotto rispetto a una a benzina o diesel.
In sintesi, Speck ha ragione nel richiamarci a un cambio di paradigma urbano, ma sbaglia a minimizzare i benefici dell’auto elettrica. Non è (ancora) perfetta, certo: bisogna affrontare il tema del peso, della produzione delle batterie, del riciclo e dell’uso consapevole delle risorse. Ma i dati dimostrano che l’elettrico abbatte davvero le emissioni, soprattutto se spinto nei segmenti giusti e accompagnato dalla crescita delle rinnovabili.
La vera sfida non è scegliere se elettrico sì o no, ma quale tipo di elettrico vogliamo sviluppare: auto medio-piccole, accessibili, alimentate da fonti pulite e integrate in un modello di città più vicina alle persone.






