Il mondo della distribuzione sta vivendo una trasformazione che non riguarda solo l’offerta di prodotti o l’evoluzione dei canali di vendita, ma la struttura stessa del modello economico. L’emergere di fonti di ricavo ad alto margine, come la pubblicità e i servizi media, sta ridefinendo i nuovi modelli di business nel retail, spostando i retailer da semplici distributori a veri e propri attori dell’industria dei media. Il tema è stato affrontato nella tavola rotonda tenuta durante il Convegno di presentazione dei risultati 2025 organizzato dal Tavolo di Lavoro Retail Media del Politecnico di Milano.
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Retailer e pubblicità: un settore a margine elevato
Stefano Ghidoni, Direttore Internazionale di Médiaperformances, ha ricordato come il retail media non sia un fenomeno recente ma abbia radici profonde: «Quarant’anni fa esatti in Francia Médiaperformances faceva l’esordio con la pubblicità sul carrello. Oggi quel modello esiste ancora, ma nel 2025 il settore è diventato un full-funnel, digitalizzato e in grado di incidere in ogni fase del percorso di acquisto».
Per spiegare la portata economica di questa evoluzione, Ghidoni ha citato le parole del Chief Financial Officer di Walmart, pronunciate già alcuni anni fa. Il manager del colosso statunitense aveva chiarito che i ricavi derivanti dal retail media rappresentavano «la parte del conto economico di Walmart che cresce più velocemente, con il margine più alto in assoluto, e destinata a impattare in maniera significativa sull’intero bilancio». Si tratta di un’indicazione netta: i retailer possono contare su una fonte di profitti che si colloca ben al di sopra delle marginalità tipiche della vendita al dettaglio.
La spinta verso il ruolo di media owner
Il passaggio da distributori a media owner non è più opzionale. Ghidoni lo ha sintetizzato chiaramente: «Oggi non è più il momento di chiedersi se fare retail media o quando farlo. La risposta è molto semplice: bisogna farlo adesso. Quello che bisogna decidere è come farlo».
Questo cambiamento si traduce nella necessità di integrare i canali di comunicazione: dalla Connected TV alle piattaforme digitali, fino agli spazi in-store, che continuano a rappresentare un asset fondamentale, visto che quasi il 90% delle vendite in Italia passa ancora attraverso i punti fisici, come ricordato dallo stesso Ghidoni durante la tavola rotonda.
Il valore strategico non risiede solo nella disponibilità di spazi pubblicitari, ma nella capacità di orchestrare un ecosistema. I retailer hanno due asset unici: i dati di prima parte, considerati da tutti gli operatori come un patrimonio a valore inestimabile, e gli store fisici, che rimangono il luogo in cui tre quarti delle decisioni di acquisto vengono influenzate da touchpoint lungo il percorso del cliente.
Diversificazione dei ricavi e collaborazione nella filiera
L’ingresso nel settore media non può essere affrontato dai retailer in modo isolato. Sempre Ghidoni ha sottolineato la necessità di lavorare in squadra con brand, agenzie e partner tecnologici, pur non facendo formalmente parte della stessa “squadra”. I brand, infatti, mostrano oggi una crescente disponibilità a investire in questi canali, spinti dalla possibilità di avere metriche più vicine alle vendite e non solo indicatori di esposizione.
Angelo Laino, Country Manager di Valiuz Italia, ha ribadito che le richieste principali dei brand sono due: «Accesso a un’inventory semplificata e standardizzata, e misurabilità attendibile e cross-canale, capace di andare oltre i soli KPI media e includere insight di vendita e contribuzione». Questo significa che la trasformazione dei retailer in media owner deve essere accompagnata da un percorso di standardizzazione e trasparenza, condizioni essenziali per convincere gli investitori a destinare budget consistenti.
La diversificazione dei ricavi attraverso l’offerta media si lega quindi a doppio filo alla capacità di rispondere alle attese dei brand. Non si tratta solo di monetizzare spazi o dati, ma di costruire un’offerta che sia confrontabile con quella degli altri media e integrabile nei piani pubblicitari su larga scala.
L’esperienza dei mercati internazionali
Il riferimento a Walmart non è casuale. Negli Stati Uniti e nel Regno Unito, i nuovi modelli di business nel retail sono già consolidati e dimostrano che la componente pubblicitaria può diventare una voce determinante nei bilanci. In Italia, come osservato da Laino, il mercato presenta peculiarità differenti e un ritmo di adozione più lento. Le barriere riguardano soprattutto i costi di digitalizzazione dei punti vendita e la difficoltà di adottare subito gli standard internazionali del digital signage.
Tuttavia, il processo di trasformazione appare inevitabile. Secondo quanto discusso nella tavola rotonda, i retailer italiani stanno già strutturando i propri asset per renderli più leggibili e rilevanti agli occhi dei brand, costruendo logiche di investimento che ricalcano quelle dei media tradizionali: visibilità garantita, posizionamenti strategici e soprattutto misurazione post-campagna.
La centralità del consumatore nel nuovo modello
Il cambiamento dei modelli di business non è guidato soltanto dall’esigenza di margini più elevati, ma anche dalla possibilità di offrire un valore tangibile al consumatore. Luca Marmo, Key Client Director di Beintoo Italy, ha spiegato che il retail media deve essere interpretato come un vero e proprio servizio al cliente finale: «Il consumatore non riceve più messaggi generici ma comunicazioni specifiche, basate su ciò che ha ricercato, acquistato o che vorrebbe acquistare. Questo riduce il rumore pubblicitario e aumenta la percezione di utilità».
In questa prospettiva, i retailer che assumono il ruolo di media owner non solo incrementano i ricavi, ma ridefiniscono anche la relazione con i clienti, costruendo percorsi di acquisto più semplici e personalizzati. L’innovazione tecnologica, dall’intelligenza artificiale ai sistemi di misurazione avanzata, diventa un abilitatore di questa trasformazione, ma il vero motore resta la capacità di connettere in modo coerente i vari touchpoint, dal digitale al fisico.
Un settore destinato a crescere
La crescita della raccolta pubblicitaria nel comparto retail media in Italia, stimata in 640 milioni di euro nel 2025 (+27% rispetto al 2024 secondo i dati del Politecnico di Milano), conferma che la direzione intrapresa dai retailer è ormai segnata. Il passaggio a nuovi modelli di business nel retail fondati anche sulla vendita di spazi media e sull’attivazione dei dati proprietari non è una scelta tattica, ma una trasformazione strutturale.
Le esperienze raccontate durante la tavola rotonda mostrano che l’equilibrio economico del settore retail dipenderà sempre più dalla capacità di integrare distribuzione e comunicazione, margini di vendita e margini pubblicitari. I retailer che sapranno evolvere in media owner, garantendo al tempo stesso trasparenza ai brand e rilevanza ai consumatori, avranno accesso a una fonte di ricavi stabile e con potenzialità di crescita che superano quelle del core business.






