ll Wyoming è il primo stato degli Stati Uniti a lanciare una stablecoin pubblica, la Frontier Stable Token (FRNT), completamente supportata da dollari statunitensi e titoli del tesoro a breve termine. Sarà disponibile su sette blockchain, inclusi Ethereum, Solana e Avalanche, consentendo transazioni digitali sicure e a basso costo. È il primo effetto del Genius Act, la legge americana che ammette le criptovalute nel sistema finanziario tradizionale. Una svolta che viene qui analizzata da Christian Miccoli, banchiere che dieci anni fa ha fondato una startup per democratizzare l’accesso alle critptovalute
l 17 luglio 2025 è una data che segna un punto importante per la finanza del futuro: la Camera dei Rappresentanti degli Stati Uniti ha approvato con 308 voti favorevoli il GENIUS Act (Guiding and Establishing National Innovation for U.S. Stablecoins), una legge che rappresenta un segnale politico e strategico: gli Stati Uniti stanno ufficialmente riconoscendo le criptovalute come parte integrante del futuro sistema finanziario.
È una mossa coraggiosa, che conferma una precisa volontà: gli Stati Uniti vogliono guidare l’evoluzione della finanza digitale, non inseguirla. Ma mentre Washington prende l’iniziativa, come reagisce l’Europa?
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Che cosa prevede il GENIUS Act?
Il GENIUS Act è la prima legge federale che disciplina in modo dettagliato l’emissione e la gestione delle stablecoin – criptovalute ancorate a una valuta fiat come il dollaro – da parte di soggetti privati. Per la prima volta, tali asset digitali vengono definiti metodi di pagamento legittimi, aprendo la porta a un utilizzo su larga scala, pratico e sicuro.
Il testo prevede requisiti rigorosi per proteggere i consumatori e garantire la stabilità del sistema, fra cui l’obbligo per gli emittenti di riserve 1:1 in asset a bassa volatilità ed alta liquidità, di cui condividere la composizione tramite report pubblici mensili. Inoltre, prevede: audit regolari, licenze obbligatorie ed un regime di supervisione federale decentralizzato su più livelli a seconda della natura dell’emittente.
Le criptovalute finora hanno vissuto in una “zona grigia” giuridica, ma ora diventano un elemento pienamente integrato nel mercato regolamentato. In parallelo, infatti, altre due leggi – non ancora promulgate ma passate al Senato per uno scrutinio ulteriore – completano il disegno normativo: il CLARITY Act, che definisce la classificazione degli asset digitali distinguendo tra commodity e security, e l’Anti-CBDC Surveillance State Act, che vieta l’emissione di una valuta digitale da parte della Federal Reserve.
Il GENIUS Act, promosso principalmente dai repubblicani, ha raccolto consenso bipartisan. È un segnale inequivocabile: il mondo cripto sta diventando mainstream. E gli Stati Uniti intendono essere i primi a beneficiarne.
Perché il Genius Act rappresenta una svolta per il mercato finanziario?
Il settore finanziario sta attraversando una trasformazione paragonabile a quella che Internet ha innescato nei media o nell’e-commerce. Le criptovalute e la blockchain stanno ridefinendo i concetti stessi di valuta, transazione e fiducia. Le stablecoin, in particolare, sono la porta d’ingresso verso un nuovo paradigma: consentono pagamenti istantanei, tracciabili, economici, globali, un vero e proprio ponte verso una struttura finanziaria più efficiente e sicura.
Con il GENIUS Act le imprese americane possono finalmente sviluppare servizi basati su queste tecnologie con una certezza giuridica, accedendo a capitali e collaborazioni istituzionali. Si apre così una corsa all’innovazione, che potrebbe essere affine a quella che ha portato alla nascita dei giganti del web come Google e Microsoft.
Questo si lega a doppio filo ad un altro risvolto di vitale importanza: le stablecoin americane devono essere affiancate da riserve a basso rischio, per cui il valore raccolto dall’emissione dovrà essere investito principalmente in dollari o titoli di stato USA, per mantenere il rapporto 1:1.
Ne consegue che, nel caso in cui la legislazione statunitense favorisse lo sviluppo di colossi del settore, le stablecoin da loro emesse finirebbero per imporsi e diffondersi anche in Europa: comprando queste valute, i nostri consumatori userebbero risparmio europeo per finanziare di fatto il debito pubblico americano, rafforzando così anche la dominanza del dollaro sui mercati finanziari.
Come imprenditore europeo, non posso che guardare con attenzione a questo scenario. Gli Stati Uniti stanno costruendo un ecosistema competitivo, attraente per investitori, sviluppatori e aziende fintech, e capace di dare spinta alla supremazia del dollaro.
Criptovalute, qual è la situazione in Europa?
Anche l’Europa, con la piena adozione del Regolamento MiCA (Markets in Crypto-Assets) a fine 2024, si è mossa dal punto di vista legislativo, costruendo un quadro regolamentare ad oggi più ampio, che norma non solo le stablecoin ma l’intero settore delle criptovalute.
Concentrandoci sulle stablecoin, il regolamento MiCA ne ridefinisce i limiti e le peculiarità chiamandole “electronic money tokens” (EMT), eguagliandole quindi alla categoria delle monete elettroniche comunemente intese nella finanza tradizionale. Definisce inoltre con precisione gli obblighi per gli emittenti e per chi le mette in vendita, imponendo un approccio prudenziale paragonabile a quello presente nei circuiti bancari, votato ad un maggiore controllo da parte delle autorità di vigilanza, sia nazionali che europee.
A differenza del GENIUS Act, che prevede un processo più snello e decentralizzato per l’ottenimento della licenza, l’Unione Europea limita infatti l’emissione di EMT esclusivamente ad entità bancarie autorizzate e ad enti che si qualifichino come “Istituti di Moneta Elettronica” (IMEL), secondo un processo più complesso ed oneroso, che fa capo alle banche centrali nazionali e, a livello più alto, all’Autorità Bancaria Europea (ABE).
ll Regolamento MiCA prescrive che gli emittenti debbano coprire la propria emissione di EMT con una riserva 1:1, investendo i fondi ricevuti in strumenti finanziari a basso rischio e ad alta liquidità, come ad esempio titoli di Stato e depositi presso la BCE, con la specifica che questi strumenti siano espressi nella stessa valuta a cui è ancorato il token: questo significa che, se un EMT si basa sull’euro, anche tutti gli asset che gli fanno da riserva devono essere mantenuti in euro. Inoltre, sono previsti obblighi specifici in merito alla pubblicazione di White Paper per le criptovalute gestite, nell’ottica di garantire trasparenza totale per utenti e regolatori.
A che punto è la trasformazione digitale della finanza?
È evidente che gli Stati Uniti, con il GENIUS Act, stiano puntando a costruire un ecosistema di stablecoin private integrate nel sistema dei pagamenti, aprendo la strada a nuovi protagonisti del settore fintech. L’Europa ha dal canto suo scelto un modello misto, che affianca all’ecosistema cripto regolamentato dal MiCA il progetto dell’euro digitale emesso dalla BCE, una prospettiva che il Governo americano, con la proposta dell’Anti-CDBD Surveillance Act, intende rendere invece non praticabile.
La trasformazione digitale della finanza è ancora all’inizio. Come ricordato in passato, “siamo ancora al minuto 0 della partita”. Chi saprà offrire il miglior servizio al cliente – coniugando innovazione, efficienza e sicurezza – guiderà il cambiamento. Per competere globalmente sarà fondamentale affiancare al rigore normativo una grande capacità di attrarre e sostenere l’innovazione.
Il rischio altrimenti è quello di vedere emergere grandi attori extraeuropei che definiscono gli standard di riferimento anche nel nostro continente, forti di un contesto americano in cui le imprese approfittano già di maggiore dinamicità e leggerezza burocratica.
L’Europa dispone degli strumenti per giocare questa partita, grazie ad una base normativa solida, ma soprattutto ad aziende come Conio che in questi anni hanno già sviluppato un ampio know-how sulle tecnologie a registri distribuiti come la blockchain. Ora serve accelerare, aprire alla competizione, sostenere le imprese che vogliono innovare. Il futuro della finanza non sarà deciso solo dalle norme, ma dalla capacità di costruire un ecosistema vivo, flessibile e competitivo su scala globale.





