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Jeff Bezos, chi è il fondatore di Amazon che ha saputo vedere il futuro del commercio



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Nato nel 1964 ad Albuquerque, New Mexico, Bezos ha fondato Amazon il 5 luglio 1994 come libreria online. Da allora l’azienda è cresciuta fino a renderlo uno degli uomini più ricchi del mondo. E a cambiare definitivamente anche le nostre vite

Pubblicato il 13 ago 2025



Jeff Bezos
Jeff Bezos

Jeff Bezos fa sempre notizia. Per il matrimonio da star, certo, ma non solo. L’anno scorso sono stati celebrati i 25 anni di Amazon, da lui fondata il 5 luglio 1994. Ma non ha fondato solo un’azienda: ha dato vita a un sistema che ci riguarda tutti, perché ha visto qualcosa che altri non hanno visto né capito. Per raccontarlo, ecco alcuni snodi chiave.

Jeff Bezos, dalla libreria al dominio

Jeffrey Preston Jorgensen nasce nel 1964 ad Albuquerque, New Mexico, da una giovane studentessa e un ragazzo poco più grande. A quattro anni, Jeff viene adottato dal nuovo marito della madre, l’immigrato cubano Miguel Bezos, da cui prende il cognome, e cresce tra Houston e Miami, affascinato sin da subito da tecnologia e invenzioni.

Brillante a scuola, si laurea con lode in ingegneria elettronica e informatica a Princeton. Dopo alcune esperienze nel tech, approda a Wall Street: alla DE Shaw & Co diventa vicepresidente a 26 anni. Qui conosce MacKenzie Tuttle, futura moglie e prima sostenitrice.

Qualche anno dopo, la coppia lascia tutto per un’idea che sembra folle.

È il 1994. Il web cresce del 2300% l’anno. Bezos intuisce che sta nascendo una nuova infrastruttura economica e vuole essere il primo a costruirci sopra. I protagonisti di questo dirompente progetto, almeno nella sua fase iniziale, sono i libri: numerosi, già catalogati, standardizzati e facili da spedire.

L’idea? Una libreria online, in cui il cliente possa scegliere tra milioni di titoli e riceverli comodamente a casa.

L’obiettivo è semplice ma rivoluzionario: vendere più titoli di quanti ne offra qualsiasi libreria fisica, sfruttando le potenzialità di Internet.

Tutto parte nel garage di casa. Il primo nome pensato è Cadabra, subito abbandonato. Seguono altri domini, come Relentless.com, ma alla fine la scelta ricade su Amazon: breve, evocativo, inizia con la prima lettera dell’alfabeto e richiama il fiume più lungo e maestoso del mondo. Lo scopo è chiaro: costruire qualcosa di enorme, capace di travolgere tutto.

L’inizio non è facile. Nessun investitore vuole scommettere su un business così innovativo al quale si attribuisce il 70% di probabilità di fallimento. Vendere libri online, nel 1994, sembra un’idea troppo astratta, lontana dal mercato e dalle abitudini reali.

Tuttavia, a luglio del 1995 Amazon diventa realtà: il sito va online. Il clic che accende Amazon non è solo l’inizio di un’azienda, è l’inizio di un nuovo modo di pensare il consumo.

Fin dall’inizio l’ambizione è radicale: non imitare il negozio fisico, ma superarlo. Mentre i sistemi tradizionali classificano i prodotti in tre stati (“in magazzino”, “fuori magazzino” e “non disponibile”), Amazon ne introduce sette (spedito “entro 24 ore”, “entro 2 o 3 giorni”, “entro 1 o 2 settimane”, “entro 4 o 6 settimane”, “entro 3 mesi”, “non ancora pubblicato”, “esaurito”). Ogni ordine viene tracciato con precisione, ogni attesa prevista, ogni fase ottimizzata. Il software viene sviluppato internamente: l’infrastruttura è artigianale, ma la visione è scalabile.

Bezos capisce che il vero vantaggio non è solo logistico. È nell’esperienza. Tutto, dall’interfaccia alle recensioni, è pensato per semplificare la vita dell’utente, ridurre ogni attrito e creare un sistema che funzioni con naturalezza. Il cliente diventa il centro attorno a cui ruota ogni scelta: tecnica, commerciale, strategica. Amazon è aperto 24 ore su 24, più veloce, più comodo, più affidabile. E i libri sono solo l’inizio: già nel 1998 si aprono nuove sezioni, dalla musica all’elettronica.

In pochi anni, Amazon entra in Borsa (1997), crea Prime (2005), lancia AWS (2006), Kindle (2007), Amazon Studios, Amazon Go e Prime Air. Nel 2021, Bezos lascia il ruolo di CEO ad Andy Jassy e resta presidente esecutivo.

Ma la visione di Bezos non si limita al commercio. Nel 2000 fonda anche Blue Origin, con l’obiettivo dichiarato di creare un insediamento permanente sulla Luna e rendere la Terra una zona “residenziale”.

Nel 2013 acquisisce il Washington Post, riportandolo all’attivo in pochi anni.

Amazon come architettura del desiderio

Amazon non è solo un negozio: è una macchina costruita per trasformare il desiderio in abitudine. Fin dal primo clic, ogni azione dell’utente viene registrata, analizzata e tradotta in suggerimenti personalizzati. Il sito cambia in base a chi lo guarda. I prodotti non ti aspettano: ti vengono incontro. Tutto è progettato per essere veloce, invisibile, naturale.

Nel 2005 arriva Amazon Prime: spedizioni gratuite, accesso a Prime Video, offerte riservate. Un servizio che fidelizza milioni di utenti e li spinge a comprare sempre più spesso. Nel 2021, Bezos annuncia che i membri Prime superano i 200 milioni nel mondo e che spendono in media il doppio rispetto ai non abbonati.

Con Amazon Go, il negozio senza casse, la logica è la stessa: zero frizioni. Usi lo smartphone, entri, prendi, esci. L’esperimento, però, non funzionerà come avrebbe dovuto.

Con Alexa, l’assistente vocale di Amazon integrato nei dispositivi Echo, l’azienda entra nelle case e trasforma la voce in strumento d’acquisto. La tecnologia si nasconde. Resta solo l’effetto: comprare è sempre più facile e tutto converge verso un’unica idea: anticipare i bisogni, semplificare ogni gesto, fidelizzare ogni clic.

Jeff Bezos e la politica

Il rapporto tra Jeff Bezos e Donald Trump è stato segnato da fasi alterne. Durante il primo mandato presidenziale, il Washington Post assume una linea critica verso l’amministrazione, e Trump accusa pubblicamente l’imprenditore di strumentalizzare il giornale per fini politici.

Con il secondo mandato, i toni si ammorbidiscono. Bezos partecipa alla cerimonia inaugurale, trasmessa su Amazon Prime Video e in parte finanziata da lui stesso, frequenta Mar-a-Lago e la West Wing, e rafforza i rapporti con Ivanka Trump e Jared Kushner.

Nel 2025 riemerge una nuova tensione, quando Amazon valuta internamente l’ipotesi di indicare ai clienti l’impatto dei dazi sui prezzi dei prodotti. L’iniziativa viene subito criticata dalla Casa Bianca. Amazon chiarisce che si trattava di una proposta non approvata, limitata a una specifica divisione dell’azienda, e smentisce ogni coinvolgimento diretto nel sito principale. La questione viene affrontata anche in una telefonata tra Trump e Bezos.

Parallelamente, Bezos intensifica i contatti con l’amministrazione. Ha più di una conversazione telefonica con il presidente, mentre il CEO di Blue Origin, Dave Limp, discute con il capo di gabinetto Susie Wiles. L’obiettivo è ottenere maggiori opportunità nei contratti spaziali governativi, sinora dominati da SpaceX.

Sempre nel 2025, Bezos difende la scelta del Washington Post di non sostenere ufficialmente alcun candidato, dopo che la redazione aveva inizialmente proposto un editoriale a favore della vicepresidente Kamala Harris. Il gesto è accolto positivamente dal presidente Trump, che riceve anche un invito ufficiale al matrimonio a Venezia, ma non partecipa per motivi di agenda.

Il rapporto tra Bezos e il potere politico, al di là delle apparenze, sembra quindi muoversi su un equilibrio instabile tra distanze pubbliche e dialoghi strategici, in cui la posta in gioco non è solo commerciale, ma simbolica.

Bezos sotto i riflettori

Negli ultimi anni, Jeff Bezos ha modificato il proprio stile di vita e la sua immagine pubblica, affiancando alla carriera imprenditoriale un interesse per la salute, la longevità e la cura del corpo, anche attraverso investimenti nel settore biotecnologico per la ricerca sul prolungamento della vita e sulla salute personalizzata (Altos Labs, Unity Biotechnology, Grail e Juno Therapeutics).

Una trasformazione che non riguarda solo il corpo, ma anche il modo in cui Bezos sceglie di rappresentarsi e di esercitare la leadership.

In parallelo, cambia anche la sua vita privata. Il 27 giugno 2025, Bezos sposa Lauren Sánchez a Venezia, nella cornice della Fondazione Cini sull’Isola di San Giorgio. Secondo fonti americane, la coppia si era già unita legalmente negli Stati Uniti: la cerimonia italiana è simbolica, ma spettacolare. Con oltre 200 ospiti tra cui Ivanka Trump, Bill Gates, Oprah Winfrey, Leonardo DiCaprio, Rania di Giordania e le Kardashian, l’evento viene curato nei minimi dettagli, catalizzando l’attenzione mediatica internazionale e confermando la centralità di Bezos nel racconto pubblico globale.

L’Italia in vetrina

Per l’Italia, le nozze di Bezos sono state più che un evento mondano: una vera operazione di immagine. Secondo il governatore Luca Zaia, l’indotto economico per Venezia ha superato i 40 milioni di euro, tra logistica, accoglienza e servizi esclusivi. Per giorni, la città si è trasformata in un set internazionale, con yacht ormeggiati sul Canal Grande e bodyguard tra le siepi.

La cerimonia si è svolta alla Fondazione Cini con l’esibizione di Matteo Bocelli, ma ha coinvolto anche altri luoghi simbolici della città, da Palazzo Grassi alla Madonna dell’Orto. Con 27 cambi d’abito, una luna di miele in Sicilia e ospiti internazionali, il matrimonio ha rafforzato l’immagine dell’Italia come meta d’eccellenza per eventi esclusivi, consolidando il suo ruolo nel panorama del turismo di fascia alta.

L’Italia, però, non si limita ad essere mero sfondo del glamour.

Marisandra Lizzi e Amazon Italia

Dal 2011 Amazon investe nel Paese in modo strutturato, come ci ricorda Marisandra Lizzi, che ha scritto il libro “Lettera a Jeff Bezos“, racconto dei suoi quasi vent’anni trascorsi a lavorare per costruirne l’immagine in Italia, “Nel 2014 – scrive – oltre 12.000 aziende italiane vendevano su Amazon, delle quali 7.000 utilizzavano FBA” mentre “nel 2019 (…) il valore generato dai marketplace in Italia superava gli 8 miliardi di euro”.

Dopo anni trascorsi dentro quell’ecosistema, Marisandra Lizzi ci restituisce oggi uno sguardo più critico, mettendone in luce anche le ombre: “Quella macchina non era solo progettata per consegnare rapidamente, era costruita per vendere sempre di più, sfruttando l’acquisto d’impulso, la nostra incapacità di aspettare, e un bisogno indotto di piaceri effimeri.” E aggiunge: “All’epoca non vedevo gli effetti collaterali, ma oggi mi rendo conto che il fast commerce (…) ha generato mostri come il fast fashion, il fast food e l’intera logica della fast life.”

Conclusione

Figura centrale dell’economia globale e protagonista di un racconto pubblico in continua evoluzione, Jeff Bezos non smette di far parlare di sé. Ma dietro ogni titolo, ogni investimento, ogni scelta simbolica, si intravede una domanda aperta: che mondo stiamo contribuendo a costruire insieme a lui?

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