Capitale di rischio

Banca Intesa dice addio al venture capital

A breve, scrive il Corriere della Sera, si chiuderanno spin off e cessione quote di Atlante Ventures, fondo del gruppo bancario impegnato in investimenti nel capitale di rischio di imprese innovative. Così di grandi banche italiane che investono in startup resta solo Unicredit…

Pubblicato il 09 Set 2015

euro-soldi-140701193957

Davide Turco, Ad di Atlante Ventures

Banca Intesa abbandona il venture capital. Lo scrive oggi sul Corriere della Sera Massimo Sideri, specificando che si starebbe chiudendo in questi giorni l’operazione di spin off e cessione delle quote di Atlante Ventures, fondo del gruppo bancario nato per investire nel capitale di rischio di imprese innovative ancora di ridotte dimensioni ma ad alto potenziale di crescita, con particolare attenzione a quelle attive in settori ad alta tecnologia.

Secondo il quotidiano è previsto un management buy out, ovvero un acquisto di quote da parte dei manager del fondo guidati dall’Ad Davide Turco. Allo stesso tempo sarebbe in vista l’ingresso di Quadrivio, società che promuove e gestisce fondi di investimento.

Le motivazioni dell’operazione per ora non sono state rese note.

Banca Intesa era considerata finora uno dei pochi istituti bancari italiani che prevedevano interventi diretti nel capitale delle migliori startup innovative. Dal 2008 ha creato un sistema di fondi di venture capital: Atlante Ventures, Atlante Ventures Mezzogiorno e Atlante Seed, Fondo gestito da IMI Fondi Chiusi SGR, dedicato al Seed ed Early stage capital. Nel 2013 Atlante Seed ha stretto un accordo con Digital Magics, venture incubator certificato di startup innovative, per sviluppare insieme attività di investimento in startup digitali.

Una degli migliori scommesse del venture capital di Banca Intesa è stata AdmantX (spin off di Expert System, società specializzata in tecnologie semantiche) che ha creato un software per analizzare i testi su web e proporre pubblicità mirate arrivando ai clienti di qualsiasi azienda. La startup ha ricevuto 4 milioni di euro, ma dopo la quotazione all’Aim di Expert System – che ha messo a segno una raccolta complessiva di circa 20 milioni di euro e una capitalizzazione di circa 40 milioni – Intesa ha partecipato all’Ipo con un buon ritorno, ed è rimasta nel capitale con 2,5 milioni.

A Repubblica l’Ad di Atlante Ventures, Turco, ha dichiarato che, a febbraio 2015, il fondo aveva investito circa 27 milioni di euro in 30 progetti.

Un’altra delle poche banche che investe in neo imprese è Unicredit con il suo Start Lab, programma di accelerazione ideato e attivato nel 2014, Dall’anno scorso Unicredit sta anche investendo direttamente in nuove imprese hi-tech, tra le quali per esempio la startup romana Qurami, fornitrice di un’applicazione per eliminare le code negli uffici e già sperimentata in diversi posti pubblici e persino dalle Poste britanniche. L’istituto bancario ha investito 150 mila euro in Qurami in compartecipazione con LVenture Group. Ma ha anche co-investito in Atooma, società che propone una piattaforma software per permettere ad aziende operanti nel campo della Smart Home, Mobile, Wearable e Automotive di integrare a bordo dei loro dispositivi e dei loro servizi un’intelligenza artificiale. A EconomyUpTv Paola Garibotti, Head of Country Development Plans di Unicredit, ha dichiarato a marzo scorso che, ogni anno, l’istituto puntava a entrare nel capitale di 10 startup.

Inutile negare che il settore del venture capital in Italia è decisamente asfittico. Nel 2014 si sono contate solo 71 operazioni di venture capital, sia pure l’8% in più rispetto al 2013: una serie di investimenti che hanno smosso circa 80 milioni di euro. Sono dati del Rapporto Venture Capital Monitor presentato a luglio e realizzato dall’Osservatorio Venture Capital Monitor – VeMTM attivo presso la LIUC – Università Cattaneo e da AIFI, Associazione Italiana del Private Equity e Venture Capital. Gli investimenti censiti – prosegue il rapporto – fanno capo a 33 investitori attivi, a cui si aggiunge la categoria dei business angel (il cui impegno appare in leggera crescita, +6%, rispetto al 2013); in tutto la loro esposizione è servita a finanziare nel 79% dei casi (56) nuove startup e nel 21% le operazioni di seed (fase ancora precedente rispetto alla startup vera e propria) e gli investimenti medi sono stati di circa 0,3 milioni.

Qui il Rapporto Aifi sul venture capital italiano

Nuovo impulso al settore potrebbe arrivare dal fondo di fondi di venture capital lanciato a marzo da FII (Fondo Italiano d’Investimento) – fondo mobiliare chiuso riservato ad operatori qualificati e dedicato ad investimenti nel capitale di rischio delle pmi – su iniziativa della Cassa Depositi e Prestiti (CDP). Tra i primi investitori di FII, che opera sia attraverso investimenti diretti, sia tramite investimenti indiretti come “fondo di fondi”, c’è infatti CDP, oltre ad alcune banche.

Finora il FII ha supportato il sistema alimentando in parte nuovi fondi quali P101 di Andrea Di Camillo (50 milioni di raccolta), United Ventures di Massimiliano Magrini e Mario Mariani (70 milioni), Stark Ventures di Franco Bernabè e Cesare Sironi (che dovrebbe chiudere l’anno con 40 milioni) e Primo Miglio di Gianluca Dettori, che però deve ancora costituire il fondo.

Valuta la qualità di questo articolo

La tua opinione è importante per noi!

Articoli correlati

Articolo 1 di 4