Nel mondo dell’innovazione le etichette abbondano. Incubatori, acceleratori, venture builder, startup studio… Chi si affaccia oggi all’ecosistema startup rischia di perdersi in una giungla di definizioni che sembrano diverse solo nel nome.
Eppure, dietro a queste parole si nascondono modelli profondamente differenti: modi diversi di immaginare, costruire e far crescere imprese. Capire queste differenze non è un esercizio accademico — è capire come nasce davvero l’innovazione e come orientarsi fra le diverse proposte e opportunità dell’ecosistema.

Indice degli argomenti
Incubatori, acceleratori, startup studio: quali sono le differenze?
Ogni modello ha il suo momento ideale di intervento.
Gli incubatori entrano in gioco quando l’idea è ancora grezza, da validare. Lavorano con team che spesso non hanno ancora costituito una società o definito un prodotto. Offrono spazi, mentoring e accesso a bandi, aiutando gli aspiranti founder a trasformare un’intuizione in un business model.
Gli acceleratori, invece, arrivano un passo dopo: quando esiste già una startup, un team operativo e un MVP — il famoso Minimum Viable Product. Il loro obiettivo è favorire la crescita rapida, preparare all’ingresso sul mercato, facilitare la raccolta fondi. Percorsi brevi e intensivi, tre o sei mesi al massimo, con un traguardo simbolico: il Demo Day, il giorno in cui si sale sul palco e ci si presenta agli investitori.
Noi negli startup studio partiamo ancora prima. Non selezioniamo progetti esterni: li creiamo da zero. L’idea nasce all’interno della struttura, validata insieme a un team multidisciplinare di designer, developer e strategist che lavorano con metodologie ripetibili. È un approccio seriale alla creazione d’impresa, ma con una fortissima componente artigianale: ogni startup è costruita su misura, con la cura che si riserva a qualcosa che si vuole vedere crescere.
Per capire le basi, può aver senso rispolverare il webinar “State of the Venture Studios World” – un po’ datato (2022) ma sempre utile – di Enhance Ventures con Alper Celen e altri esperti internazionali sul modello venture studio e l’ecosistema a livello globale.
Quali sono i tempi e gli obiettivi di incubatori, acceleratori e startup studio?
Per ogni modello cambia anche il ritmo.
L’incubazione è un processo lungo, paziente, spesso sostenuto da enti pubblici o università. Serve tempo per costruire fondamenta solide.
L’accelerazione invece è una corsa: obiettivi chiari, scadenze serrate, visibilità immediata.
Negli startup studio il tempo ha un valore diverso. Non lavoriamo su batch annuali o cicli chiusi: i progetti nascono, crescono e maturano secondo i loro tempi naturali. E soprattutto, non “escono” da un programma, perché la nostra relazione con loro non finisce. Restiamo co-founder, dentro l’impresa, finché c’è da costruire valore.
È questo che cambia tutto: l’obiettivo. L’incubatore costruisce l’impresa. L’acceleratore la fa crescere.
Lo startup studio la crea e la accompagna nel tempo, non come sponsor ma come socio operativo

Equity e rischi: chi partecipa al capitale della startup?
Un’altra differenza cruciale sta nella partecipazione al capitale.
Gli incubatori, soprattutto quelli pubblici o universitari, spesso non chiedono quote. Vivono di fondi istituzionali, sponsorizzazioni o fee per i servizi offerti.
Gli acceleratori, invece, quasi sempre entrano nel capitale: in cambio del programma richiedono equity e a volte offrono anche un piccolo investimento iniziale. Il loro modello di sostenibilità si basa sulle exit fortunate — quando una startup “fa il botto”, loro incassano.
Negli startup studio le logiche sono diverse. Non ci limitiamo a fornire consulenza o spazi di coworking. Investiamo direttamente capitale umano e finanziario nella creazione dell’impresa. In altre parole: rischiamo insieme ai founder.
Fin dalla fase embrionale, il team dello studio è anche il team della startup. Siamo co-founder operativi, non advisor. Non osserviamo da fuori: ci sediamo alla stessa scrivania, scriviamo righe di codice, disegniamo interfacce, validiamo con i clienti.
È qui che sta la differenza sostanziale: negli acceleratori si accompagna una startup. Negli startup studio la si costruisce insieme

La rete e il mercato
L’incubatore guarda soprattutto all’interno: aiuta a rafforzare la struttura della startup, ma non sempre offre un accesso diretto a investitori o corporate.
L’acceleratore, al contrario, è una macchina di visibilità. Ha una rete consolidata di partner, mentor, fondi e media. La sua forza è il networking: mette le startup sotto i riflettori.
Gli startup studio, invece, nascono dentro l’ecosistema. La rete di relazioni è parte integrante del processo di creazione. Collaboriamo con corporate, investitori e imprenditori sin dalla fase di ideazione: non per presentare la startup, ma per co-progettarla.
Ecco perché molti modelli di startup studio – anche in Italia – si stanno affermando come nuovi catalizzatori dell’open innovation, ponte tra il mondo della ricerca e quello delle imprese.
Come gudagnano acceleratori, incubatori e startup studio
C’è poi un punto chiave: il modello di sostenibilità.
Un incubatore sopravvive grazie ai servizi erogati o ai fondi pubblici.
Un acceleratore grazie alle percentuali su round, exit o programmi di sostegno (es. CDP).
Uno startup studio, invece, prospera solo se prosperano le sue startup.
Questo cambia il modo in cui si lavora. Ogni progetto viene curato come fosse l’unico, perché se fallisce non ci sono fee che compensino la perdita.
È un approccio radicale, che richiede disciplina e una visione di lungo periodo. Per questo riteniamo utile limitare il numero di progetti attivi: cinque in parallelo, non di più. Non perché non ci verrebbe voglia di lanciare di continuo nuove startup ma perché oltre quella soglia faremmo male a tutti — alle startup, a noi stessi, e all’idea di co-founding che vogliamo difendere, per non diventare una sorta di acceleratore mascherato.
I dati aggiornati sugli startup studio confermano questo approccio. Ad esempio, in Italia nel 2024 gli studio hanno valutato oltre 1.600 idee imprenditoriali e avviato 83 nuovi progetti, più del doppio rispetto a due anni prima (fonte dati: Paolo Landoni, “Report sugli Startup Studio e Venture Builder Italiani 2025”, Camera dei deputati, 17 settembre 2024).

Quali sono i risultati di uno startup studio?
Gli startup studio si distinguono da incubatori, acceleratori o fondi di venture capital tradizionali anche per risultati nettamente migliori, sia in termini di ritorno economico che di velocità e tassi di successo.
- Rendimento finanziario (IRR e TVPI): le startup nate da studio generano rendimenti doppi rispetto alle venture tradizionali con un IRR medio intorno al 50–60%, contro il 20–30% dei fondi VC e un valore totale generato (TVPI) circa 5,8x il capitale investito, in linea con i migliori acceleratori come Y Combinator.
- Velocità di sviluppo: grazie a processi standardizzati e capitali immediatamente disponibili, le startup da studio raggiungono il round Series A in circa 25 mesi, contro i 56 mesi delle startup tradizionali. Arrivano ai round successivi (Series B e C) in tempi ridotti del 40–50% e anche le exit (acquisizioni o IPO) avvengono prima: in media 5 anni invece di 7,5.
- Tassi di successo più elevati: l’84% delle startup da studio raccoglie un round Seed. Di queste, il 72% arriva alla Series A (contro il 42% delle startup tradizionali).
Il tasso medio di exit è intorno al 34%, rispetto al 21% delle altre startup e in alcuni casi, come Hexa (ex eFounders), registrano tassi di fallimento minimi (solo il 6%).
Come riconoscere uno startup studio vero
Lo startup studio non è una scuola per imprenditori, né una corsia di lancio per chi ha già un progetto. È un’officina dove si costruiscono aziende da zero.
È un modello ancora giovane, ma che nel mondo sta già dimostrando il suo valore: da Idealab in California che ha lanciato aziende come GoTo.com (ora Overture) e Coinbase, a eFounders (ora Hexa) a Parigi, che ha dato vita a Front, Spendesk, Mailjet e Yousign, a Rocket Internet, basata a Berlino, che ha lanciato Zalando a Startup Bakery in Italia, dove abbiamo creato realtà come Veterly, Condeo, Sencare e ESGMax (qui puoi leggere un approfondimento sugli startup studio in Italia).
Qui abbiamo anche spiegato come riconoscere uno Startup Studio “vero”.
Ma al di là dei numeri, ciò che conta davvero è la filosofia: la volontà di passare dalla teoria alla pratica, dall’idea al prodotto, dalla consulenza alla co-creazione.
Perché alla fine, quello che muove ogni startup studio è una convinzione semplice: l’innovazione non si insegna, si costruisce insieme.





