L'INTERVISTA

Gioia Ghezzi: Milano Smart City Alliance è anche open innovation

“Fa parte del nostro mandato lavorare con le startup”, dice Gioia Ghezzi, presidente della Milano Smart City Alliance, l’associazione d’imprese nata per promuovere un modello basato su condivisione, innovazione e sostenibilità. Qui racconta gli obiettivi e i primi progetti

Pubblicato il 16 Apr 2021

Gioia Ghezzi, presidente di Smart City Alliance Milano

“Fa parte del nostro mandato lavorare con le startup”. L’open innovation è uno degli obiettivi e degli strumenti della Milano Smart City Alliance, dice a EconomyUp Gioia Ghezzi, presidente dell’associazione di imprese nata all’interno della Fondazione Assolombarda per promuovere un modello di sviluppo urbano basato su condivisione, sostenibilità e innovazione. Unendo le forze: “Tutti lavorano sulla smart city ma ciascuno in maniera indipendente. Non è così che funziona, bisogna muoversi in maniera diversa”.

Ghezzi, che è laureata in fisica teorica con master alla London Economic School, è la prima donna a guidare l’EIT (Istituto Europeo di Innovazione e Tecnologia) e dalla primavera del 2020 è presidente di ATM, l’azienda Trasporti Milanese che è una dei nove brand eccellenti che sono già dentro la Milano Smart City Alliance: A2A Smart City, Accenture, Cisco, Coima, Enel X, IBM, Siemens, TIM e, appunto, ATM. In Assolombarda è vicepresidente con delega a Sviluppo sostenibile e Smart Cities. “Tecnologia e innovazione devono andare di pari passo nella lotta al cambiamento climatico e nel disegno delle città. Com’è una città smart? Una città più facile da vivere e più salubre. Anche per le imprese che ci lavorano”, dice Gioia Ghezzi.

Presidente, con quali obbiettivi è nata Milano Smart City Alliance?
Lo scopo primario è fare ricerca, individuare e selezionare best practice, progetti pilota modelli virtuosi, esempi di come le cose possono essere fatte in modo diverso, grazie anche alla tecnologia e all’innovazione, nella gestione di Milano e della sua area metropolitana.

Ci saranno altre imprese oltre le nove fondatrici?
Sì, l’Alliance è aperta a tutte le imprese che abbiano un contributo fattivo da portare. Se ci sono imprese che hanno fatto esperienze virtuose collegate alla vita della città sono le benvenute. Siamo già in trattative con una grande società italiana che dovrebbe presto aggiungersi al nostro gruppetto.

Quali saranno le prime aree di attività?
Certamente la cybersecurity. La prima iniziativa è, infatti, ‘CyberSecureCity’, realizzata in collaborazione con il comune di Milano, per diffondere la cultura digitale della sicurezza. Viene messa a disposizione del Comune l’esperienza sviluppata da Assolombarda nella realizzazione della sua piattaforma Cybersecurityalliance, che ha aperto un canale di comunicazione e dialogo con la Polizia Postale per condividere con le imprese. L’idea è di mettere a fattor comune quanto fatto per le imprese con i comuni della città metropolitana in un momento in cui i rischi digitali aumentano per tutti.

E dopo la cybersecurity?
Un’altra area di intervento sarà la resilienza della città, sia dal punto di vista fisico sia da quello sociale. Nel primo caso basti pensare alle esondazioni che troppo spesso mettono in difficoltà le strutture urbane e i cittadini Se i vari soggetti sul territorio fossero connessi bene e se venissero usati correttamente i dati, non dovremmo più trovarci in situazioni come quelle accadute in passato. Sul versante sociale, invece, abbiamo i troppi posti di lavoro persi dalle donne: bisogna riportare questa parte importante società a essere produttiva. Ci sono poi altri cantieri avviati come quello sulla mobilità sostenibile, per condividere su un un’unica piattaforma dati provenienti da fonti private e pubbliche; o quello sulla Near working Community.

Che cos’è la Near Working Community?
Una risposta a lungo termine al cosiddetto smart working che non va bene per tutti così come è stato vissuto nel corso dell’ultimo anno ma deve essere inserito in un progetto di fifteen minutes city, una città dove tutto quel che serve possa essere raggiungibile in 15 minuti. L’idea è di condividere gli uffici delle grandi imprese per dare la possibilità di lavorare vicino casa in spazi che non sono quelli del proprio datore di lavoro. Sarebbe anche un modo per utilizzare a pieno uffici che rischierebbero di essere solo parzialmente occupati.

La Smart City Alliance può essere un modello per altre città?
Penso di sì, anche se un concetto importante definito dal nostro comitato scientifico, costituito dalle università milanesi, è che quando vai a disegnare una smart city non c’è un solo modello che vada bene per tutti. Non posso replicare quello che hanno fatto Amsterdam, perché ogni città p una realtà diversa. Detto questo, mettere insieme imprese del territorio per trovare soluzioni è la via di elezione per costruire le città del futuro. Solo insieme si possono trovare soluzioni a problemi molto grandi. Tutti stavano lavorando sulla smart city ma ciascuno in maniera indipendente. Non è così che funziona. Non è la somma di tanti progetti indipendenti che fa un piano coeso. Con l’Alliance vogliamo proprio dare l’idea di muoverci in modo diverso.

Tra gli obiettivi dell’Alliance c’è l’open innovation: come pensate di stimolarla e sostenerla?
Fa parte del nostro mandato lavorare con le startup. Come Alliance abbiamo chiaro un framework europeo che si applica con EIT. L’innovazione nasce quando si mettono insieme tre ingredienti: formazione, ricerca, impresa. Università che formino alla cultura imprenditorialità, la sperimentazione e la capacità di portarla sul mercato. Una delle prime cose che faremo sarà coinvolgere gli studenti del Politecnico in alcuni dei nostri progetti.

Quanto è importante in questo modello la collaborazione pubblico-privato, soprattutto nella mobilità?
È fondamentale. Credo che la dicotomia fra pubblico e privato sia un concetto novecentesco e che ora, anche per effetto della pandemia, completamente superato. Vanno trovate nuove modalità di collaborazione, a vantaggio di tutti e soprattutto dei cittadini.

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Giovanni Iozzia
Giovanni Iozzia

Ho studiato sociologia ma da sempre faccio il giornalista e seguo la tecnologia . Sono stato direttore di Capital, vicedirettore di Chi e condirettore di PanoramaEconomy.

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