C’è un nuovo “feticcio” nel lessico dell’innovazione: ARR, Annual Recurring Revenue. Bacheche LinkedIn piene di screenshot, gare a chi tocca più in fretta le milestone ($100k, $1M, $10M, $100M), storytelling di crescita verticale. Il caso-simbolo è Lovable, la “vibe-coding” svedese che dichiara il traguardo di $100 milioni di ARR in otto mesi; un numero ripreso e discusso da testate internazionali e che riassume bene la febbre da abbonamento che attraversa l’AI e il software europeo. Accanto, l’open-source automation berlinese n8n è accreditata di $40 milioni di ARR a luglio 2025. Intanto, sullo stesso LinkedIn, c’è chi festeggia $100k di ARR in una settimana dal lancio. È solo entusiasmo legittimo o un’ossessione che rischia di distorcere le priorità?
SUBSCRIPTION ECONOMY
Ossessione ARR, perché i ricavi ricorrenti sono importanti per le startup (e non solo)
L’ARR è la somma dei canoni di abbonamento attivi in un dato momento, moltiplicando per 12 i piani mensili. Su questo indicatore pensato per i modelli subscription sono puntati oggi i riflettori. Un caso è Lovable, startup svedese che ha superato $100 milioni di ARR in 8 mesi. Ma attenzione: l’ARR serve, ma non può essere l’unica bussola

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