C’è un cambiamento nell’aria della Silicon Valley. Non lo si percepisce nei titoli dei giornali o nei megadeal miliardari, ma nei dettagli più sottili: nei pitch meno enfatici, nelle slide più essenziali, nelle parole dei founder che iniziano a parlare meno di fundraising e più di prodotto. È come se qualcosa si fosse rotto — o forse si fosse semplicemente concluso. Un ciclo si è chiuso, e un altro si sta aprendo. E come spesso accade, tutto parte dai corridoi di Y Combinator. Fondato a San Francisco nel 2005, Y Combinator è l’acceleratore di startup più noto ambito a livello internazionale, anche perché offre un finanziamento di 500mila dollari. Nei suoi spazi spazi sono nate imprese come Dropbox e Airbnb.
L’ANALISI
Meno capitale, più visione: come sta cambiando il modo di costruire startup (e perché l’Italia può giocare un ruolo chiave)
Nell’acceleratore californiano Y Combinator si osserva un fenomeno in controtendenza: le startup stanno raccogliendo meno capitale. Lo fanno volutamente, perché vogliono essere leggere e agili. Ecco come l’ecosistema italiano potrebbe inserirsi efficacemente in questo trend
Co-founder e General Partner P3Ventures

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