L’ANALISI

Design Thinking: come può diventare il motore dell’innovazione per il Chief Innovation Officer



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Per molti innovatori in azienda, tra cui il CIO (Chief Innovation Officer), il Design Thinking rappresenta una risorsa fondamentale. Ecco perché aiuta a rendere le organizzazioni più innovative

Pubblicato il 9 giu 2025

Stefano Magistretti

Direttore Osservatorio Design Thinking for Business del Politecnico di Milano



Design thinking
Design thinking

Nel panorama competitivo odierno, innovare non è più un’opzione ma una necessità strategica. Tuttavia, l’innovazione non è un processo lineare né privo di rischi. Richiede un cambio di paradigma: non più solo efficienza e pianificazione, ma apertura all’incertezza, alla collaborazione e all’apprendimento continuo. In questo contesto, il Design Thinking (DT) si afferma come uno dei metodi più efficaci per affrontare la complessità dell’innovazione. Non è solo una metodologia progettuale, non è un solo processo a fasi, ma una vera e propria mentalità, un approccio centrato sull’essere umano che consente alle organizzazioni di sperimentare, apprendere rapidamente e generare soluzioni concrete, rilevanti e sostenibili.

Per molti innovatori in azienda, tra cui il CIO (Chief Innovation Officer), il Design Thinking rappresenta una risorsa fondamentale. Il suo valore non risiede solo nella capacità di generare idee “creative”, ma nell’offrire un processo strutturato ma flessibile, in grado di ridurre i rischi dell’innovazione, aumentare la qualità delle soluzioni e rafforzare il legame con gli utenti finali.

I principi fondamentali del Design Thinking: un incentivo alla sperimentazione continua

Uno degli aspetti più potenti del Design Thinking è la promozione di una cultura della sperimentazione. Al cuore del processo di DT ci sono iterazioni rapide, prototipazione e feedback costante. Le soluzioni non vengono pensate e implementate una sola volta, ma vengono testate, corrette e migliorate in un ciclo continuo. Questo approccio riduce la paura del fallimento e trasforma ogni errore in un’occasione di apprendimento. Inoltre, la sperimentazione permette di apprendere e comprendere se effettivamente quello che si sta immaginando per l’utente è di interesse e risponde veramente alle sue necessità

Per un CIO, adottare questa logica significa costruire un ambiente in cui l’innovazione e principi cardine del Design Thinking non sono confinati ai “grandi progetti” ma si nutre di continui piccoli esperimenti. È una mentalità agile, che incoraggia i team a testare anche le idee più audaci, perché sa che il valore non sta nel perfezionismo iniziale ma nella capacità di apprendere rapidamente e migliorare lungo il percorso. Questo perché spesso il cliente e le sue esigenze emergono strada facendo non sono riscontrabile con una sola e limitata nel tempo fase di empatia iniziale. La prototipazione veloce e i test sul campo, tipici del DT, permettono di mettere alla prova le intuizioni in ambienti reali, prima di impegnare risorse su larga scala.

Riduzione dei rischi legati all’innovazione

Un altro grande contributo del Design Thinking è la riduzione dell’incertezza. Innovare comporta sempre dei rischi: tecnici, di mercato, di accettazione da parte degli utenti. Il DT, grazie al suo approccio centrato sulle persone (human-centered), permette di esplorare questi rischi in modo controllato e progressivo.

Il processo di Design Thinking parte sempre da una fase di empatia, in cui si analizzano i comportamenti, i bisogni, i contesti d’uso. Questa comprensione profonda degli utenti aiuta il CIO a fondare le decisioni su evidenze qualitative solide, evitando investimenti su idee scollegate dai reali bisogni del mercato. Inoltre, grazie alla co-creazione con utenti e stakeholder, il DT crea soluzioni condivise, che riducono il rischio di rigetto da parte degli utilizzatori finali o del management. Questo richiede una forte immersione nel contesto locale e globale, senza pregiudizi e preconcetti che possano limitare la propria vista. Il CIO così come tutto il team di innovazione deve accettare di osservare ogni volta il contesto circostante come se tutto fosse nuovo, come se tutto fosse da scoprire. Perché è la scoperta di segnali nuovi, di evidenze nuove che permette realmente di innovare e di ridurre il rischio dell’innovazione. Se si affronta ogni sfida credendo di sapere già cosa si debba trovare il DT fallisce.

Prototipare e testare presto significa anche fallire presto e a basso costo. Invece di lanciare un prodotto o servizio già finito per poi accorgersi che non funziona, il Design Thinking consente di scoprire errori e criticità nelle fasi iniziali. Questo riduce drasticamente il rischio di fallimenti sistemici, trasformando l’errore in una risorsa strategica.

Soluzioni realmente aderenti ai bisogni degli utenti

L’innovazione, per essere efficace, deve risolvere problemi reali. Eppure, molte soluzioni falliscono proprio perché nate in ambienti autoreferenziali, lontane dalla quotidianità degli utenti. Il Design Thinking, con la sua enfasi sull’empatia e sulla comprensione profonda dei bisogni, garantisce che le soluzioni siano rilevanti, utilizzabili e desiderabili. Questi sono i frutti dell’unione tra design e innovazione.

Il CIO può usare il DT per trasformare l’innovazione da esercizio teorico a pratica concreta. Invece di partire dalla tecnologia o dalle ipotesi interne, si parte dall’osservazione diretta: interviste, shadowing, mappature dell’esperienza utente, immersione nel contesto del cliente. Questo permette di scoprire non solo i problemi espliciti, ma anche i bisogni latenti, spesso ignorati dai metodi tradizionali (e.g., survey, feedback and ratings).

Il risultato è una progettazione centrata sull’utente, capace di generare soluzioni che rispondono realmente alle esigenze delle persone. Non a caso, aziende leader come Apple, IDEO e PepsiCo hanno fatto del DT un pilastro della loro strategia di innovazione, ottenendo vantaggi competitivi concreti.

Il ruolo del CIO come facilitatore di mindset

Il Chief Innovation Officer, oggi, non è solo un manager dell’innovazione ma un abilitatore culturale. Il suo ruolo va oltre il coordinamento di progetti: deve costruire contesti in cui il pensiero creativo, la collaborazione e l’apprendimento continuo siano parte integrante del lavoro quotidiano. In questo, il Design Thinking diventa non solo uno strumento, ma un linguaggio comune.

Implementare il DT richiede la capacità di rompere silos organizzativi, promuovere team interdisciplinari e facilitare processi collaborativi. Il CIO deve saper guidare la transizione da una logica “command and control” a una logica “learn and adapt”. È un cambiamento culturale profondo, che impatta i processi, le metriche e le abitudini aziendali.

Ma i vantaggi sono evidenti: maggiore velocità nel validare soluzioni, maggiore coinvolgimento delle persone, maggiore resilienza di fronte ai cambiamenti. In un’epoca in cui il contesto cambia rapidamente, il CIO che adotta il Design Thinking non solo guida l’innovazione, ma costruisce le fondamenta per un’organizzazione più adattiva, più empatica e più pronta al futuro.

Il Design Thinking rappresenta per il Chief Innovation Officer una leva strategica per affrontare l’innovazione con maggiore sicurezza, efficacia e impatto. Sperimentazione continua, riduzione dei rischi e adesione ai bisogni reali degli utenti non sono più concetti astratti, ma risultati concreti ottenibili attraverso un approccio iterativo e collaborativo.

Nel prossimo futuro, le organizzazioni più innovative saranno quelle capaci di integrare il Design Thinking non solo nei progetti, ma nella cultura aziendale. Il compito del CIO è proprio questo: trasformare il DT da metodologia a mindset condiviso, e fare dell’errore un alleato, del prototipo una prassi e dell’ascolto degli utenti il cuore pulsante dell’innovazione.

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