Professor Mauro Magatti, da sociologo dell’Università Cattolica e osservatore della società digitale, come valuta le parole di papa Leone XIV a proposito dell’intelligenza artificiale? La scelta del nome ha da molti fatto evocare la possibilità di una enciclica “Rerum artificiarum”…
“Diciamo che non ci voleva un grande sforzo di fantasia…l’enciclica Rerum Novarum (1891) di Papa Leone XIII rappresentò una risposta coraggiosa e innovativa alla crisi sociale e alla questione operaia innescata dalla Rivoluzione Industriale. Leone XIII intervenne offrendo una prospettiva che teneva insieme giustizia, dignità del lavoro e solidarietà”.
Al tempo era in atto una grande e rapida trasformazione, che portava sfruttamento dei lavoratori, disuguaglianze e materialismo.
“Leone XIII propose una via alternativa al socialismo rivoluzionario e al capitalismo selvaggio: alla luce della fede cattolica difese la proprietà privata come diritto naturale e insieme affermò il dovere della giustizia sociale, del salario equo e della tutela dei più deboli, per costruire una società più giusta”
Ieri così. E oggi con Papa Leone e l’intelligenza artificiale?
“Il nuovo Papa ha fatto capire chiaramente che questa nostro cambiamento d’epoca richiede una risposta nuova, ma sempre radicata nei principi della dignità della persona, del bene comune, della giustizia sociale. Questa è la cornice di senso entro cui le forze sociali, economiche e politiche sono poi creativamente chiamate a mettere a punto le soluzioni concrete”.
Possiamo quindi dire che la digitalizzazione e l’intelligenza artificiale per Papa Leone sono la nuova questione sociale?
“Robert Prevost ha preso il nome di Leone XIV per porsi in continuità con la strada inaugurata dalla Rerum novarum. Ne deduco sia convinto che il suo pontificato sarà interpellato dalla questione sociale associata con la digitalizzazione.”
Con l’intelligenza artificiale generativa e conversazionale l’accelerazione in corso è straordinaria e impressionante. Da più di due anni dico che l’intelligenza artificiale è una sfida alla nostra umanità. Non nel senso che prenderà il controllo e ci distruggerà tutti, ma perché, mettendo per la prima volta in discussione prerogative finora esclusive di noi sapiens, ci obbliga a ridefinire noi stessi…
“L’intelligenza artificiale generativa è la fase matura del processo di digitalizzazione. Questo vorticoso cambiamento in atto ridefinisce l’essenza stessa delle relazioni umane, del lavoro, della politica e della cultura, cambia il modo in cui pensiamo, studiamo, comunichiamo e viviamo. È un processo che si presenta non tanto come una somma di singoli aspetti o tantomeno singoli dispositivi, ma come un cambiamento trasversale e profondo.”
Quindi, oggi come allora, alla fine è in questione anche il rapporto tra l’uomo e la tecnica?
“Oggi come allora il punto è: come evitare che la potenza tecnologica, invece di liberarci, ci renda schiavi? Come impedire che l’algoritmo sostituisca la coscienza, che l’efficienza soffochi la compassione? Come sfuggire alla pretesa onnipotenza della tecnica mantenendo aperta la finestra del mistero e la via della fede?”
Direi che il punto di partenza debba essere che non tutto quello che è tecnicamente fattibile è anche umanamente e moralmente accettabile…
“A questo primo punto suggerisco di aggiungerne altri due…”
Prego…
“La centralità della persona, della famiglia, della comunità: è la tecnologia che deve servire l’uomo, non viceversa.”
Secondo punto…
“La solidarietà digitale: il divario tra chi ha accesso alla tecnologia e chi ne è escluso crea nuove forme di emarginazione. Occorre un’economia digitale e del digitale giusta e inclusiva”
Potrebbero dirle che lei è un apocalittico…
“Guardi, mi sento lontano tanto dai tecno entusiasmi quanto dalle tecno-fobie. La tecnica è un fatto costitutivo dell’umano: l’essere umano è tecnico fin dall’inizio, altrimenti staremmo ancora nelle caverne. L’attualizzazione dell’intuizione di Leone XIII è da leggere nel senso che non si tratta di aver paura del nuovo, ma di mantenere la centralità del fine – la piena realizzazione della vita umana in una proficua relazione con gli altri e con il creato – rispetto allo strumento digitale.”
Quando un anno fa lei ha partecipato al ciclo di incontri organizzato dalla nostra Fondazione Pensiero Solido su intelligenza artificiale e lavoro, ci ha detto tra le altre cose che se vogliamo sopravvivere all’intelligenza artificiale e utilizzarne gli enormi benefici che ci potrà portare dobbiamo costruire una società che pensa di più…
“Lo confermo. Dobbiamo riprogettare la nostra vita personale e sociale a partire dall’asilo e dalle scuole e dai luoghi di lavoro. Se non lo faremo, se ci limiteremo a investire risorse economiche sull’intelligenza artificiale aumenteremo le disuguaglianze. Come diceva il mio amico Bernard Stiegler,avremo la stupidità di massa governata da macchine pseudo intelligenti.”
Lei dice macchine pseudo intelligenti perché alla loro grande capacità di calcolo, io la chiamo “Intelligenza calcolante”, manca l’essenza dell’essere umano, la relazione…
“Il nostro intelletto è anche emozione, immaginazione, affezione, memoria, esperienza e tutte queste sono dimensioni in senso lato spirituali l’algoritmo non le ha. Il nostro pensiero è una dimensione molto più ricca della dimensione della razionalità strumentale, che pure ci serve e ci permetterà di fare molte altre cose. Noi siamo esseri relazionali.”
Esseri relazionali e non solo razionali…
“Sintesi efficace. Questo è un aspetto centrale della nostra essenza, siamo stati creati così e le neuroscienze ce lo confermano, non solo la religione cattolica. Per vivere bene questa fase evoluta della digitalizzazione abbiamo bisogno di formare persone e organizzazioni più capaci di pensare e di aiutarci a pensare tenendo conto l’integralità dell’essere umano. Abbiamo davanti una sfida potente, una sfida di civiltà: dobbiamo contemperare i grandi avanzamenti che la tecnologia oggi ci mette a disposizione con il recupero di un autentico sviluppo umano e sociale.”
Vasto programma, per citare il celebre motto del generale De Gaulle?
“No. Solo un programma…anzi, IL programma. Il solo capace di tenere insieme opportunità e rischi, la struttura relazionale della vita naturale e sociale e il progresso tecnologico, il cambiamento che è insito nella vita e le paure e le fatiche che esso inevitabilmente porta con sé.”