Digital banking, TiAnticipo sconta alle Pmi i crediti della PA. Ecco come funziona

Lanciata da Banca IFIS Impresa a fine ottobre, ha già avuto quasi 6mila accessi. È uno strumento specifico di invoice financing: permette di ottenere in 10 giorni liquidità a fronte di attività fatturate allo Stato. A fine 2016 i debiti commerciali della Pubblica Amministrazione ammontavano a 61 miliardi.

Pubblicato il 22 Nov 2017

Invoice Trading

5800 accessi al sito, in poco più di venti giorni dal lancio della piattaforma, circa 300 richieste di preventivazione e già dieci operazioni in atto. Sono questi i numeri con cui TiAnticipo, la piattaforma web sviluppata da Banca IFIS Impresa dedicata alle aziende che lavorano con la Pubblica Amministrazione, ha fatto il suo esordio nel mondo dell’invoice financing. Online da fine ottobre, si tratta di una piattaforma che permette alle imprese che lavorano con la Pubblica Amministrazione di richiedere un finanziamento attraverso lo smobilizzo del credito commerciale certificato. «Siamo soddisfatti dei primi risultati registrati – spiega Raffaele Zingone, responsabile di Banca Ifis Impresa Italia – che, dopo il lancio della piattaforma TiAnticipo hanno confermato il grande interesse delle imprese. È la dimostrazione che ci sono bisogni da parte delle Pmi a cui bisogna rispondere e noi ci stiamo provando con questa piattaforma».

Tradotto in numeri: i bisogni delle Pmi, secondo quanto rilevato proprio da un’analisi di Banca IFIS, dicono che i debiti commerciali della Pubblica Amministrazione in Italia, alla fine del 2016, ammontano a 61 miliardi di euro. I giorni di ritardo nei pagamenti da parte della PA sono in media tra i 41 e i 55, con il 62% degli enti pubblici che paga strutturalmente in ritardo. Più nel dettaglio sono le Asl gli enti con maggiori giorni medi di ritardo (71,5), mentre i settori più colpiti da ritardi nei pagamenti sono edilizia, energia e servizi.

Ma c’è un altro dato che non va sottovalutato, e risulta significativo per il business di TiAnticipo: è quello relativo ai crediti commerciali certificati nei confronti della Pubblica Amministrazione. A questo proposito il Mef (Ministero Economia e Finanza) ha attivato una piattaforma dedicata (crediticommerciali.mef.gov), per permettere alle Pmi italiane di certificare i loro crediti nei confronti dello Stato. Ecco, nel 2016 il valore delle fatture caricate sulla piattaforma del Ministero ha sfiorato i 159 miliardi di euro e solo per una piccola parte di queste è stata richiesta la certificazione. «La nostra domanda è – continua Zingone – perché la richiesta di certificazione è ancora cosi limitata? Possiamo ipotizzare che nell’80% dei casi la Pubblica Amministrazione sia un buon pagatore (e che quindi gli imprenditori non abbiano necessità di certificare i propri crediti, ndr), mentre per il restante 20% i ritardi rappresentino davvero un problema. Quindi, stiamo ragionando per stime ovviamente, ci sarebbe un mercato potenziale da 50 miliardi di euro».

È a questo mercato di 50 miliardi di euro, che vuole puntare TiAnticipo, attraverso la formula dell’invoice financing. L’idea nasce innanzitutto dalla voglia di fare cultura nel settore della cessione delle fatture commerciali, anche sulla base dell’esperienza trentennale di Banca IFIS nell’ambito del factoring.«C’è innanzitutto un problema culturale in Italia  – sottolinea Zingone – da parte degli imprenditori che ancora non conoscono la piattaforma del MEF al servizio della certificazione del credito. Ma in alcuni casi anche la Pubblica Amministrazione stessa non conosce a fondo i vantaggi della piattaforma del MEF».

Ma come funziona TiAnticipo? È un portale online che offre una user experience pensata per accompagnare le imprese passo dopo passo nel caricamento delle proprie fatture certificate. Grazie all’utilizzo di due calcolatori dedicati preventivi, le imprese possono vedere subito qual è l’ammontare che TiAnticipo può assicurare loro, dando accesso alla liquidità in pochi giorni.«Il preventivo si fa in pochi secondi – spiega ancora Zingone – entro 48 ore viene completata la valutazione della richiesta e, una volta ottenuto l’ok dal parte del MEF, possiamo erogare il credito richiesto. Un processo che ci permette di consegnare all’impresa la liquidità necessaria al massimo in 10 giorni. Prima di cedere la fattura, però, l’impresa deve far certificare il proprio credito allo Stato, tramite l’apposita piattaforma».

Il mercato della cessione delle fatture commerciali è un settore particolarmente battuto anche da chi non opera direttamente con la Pubblica Amministrazione. In quest’ottica risultati rilevanti arrivano dal fintech italiano. Secondo l’ultimo Report italiano sul Crowdinvesting, le startup attive nel settore dell’invoice trading hanno raccolto, fino ad oggi, 88,5 milioni di euro. Nel giro di qualche anno i portali dedicati a questa attività si sono moltiplicati, passando da 1 a 5. Al 30 giugno 2017, risultano attivi in Italia cinque operatori: Workinvoice, Cashinvoice, Credimi, CashMe e Crowdcity. Le fatture cedute da imprese italiane attraverso l’invoice trading sono ormai più di 2.000 (mentre un anno fa erano 200).

«C’è molto fermento nel fintech italiano in questo settore» Conclude Zingone. «La scelta di fare innovazione internamente da parte di Banca IFIS è strategica. Pensiamo che l’utilizzo della tecnologia e del digitale sia un prerequisito fondamentale per sopravvivere nell’universo bancario. Per questo il nostro piano strategico ha previsto un capitolo specifico e significativo relativo agli investimenti in ICT. Oltre a questo abbiamo costituito una Digital Factory che insieme al business si occupa esclusivamente di innovazione digitale. Tornando alle startup, ritengo che le piattaforme di invoice trading, oltre a una buona presenza sul web, stiano portando il loro contributo all’evoluzione digitale dell’ecosistema finanziario. Tuttavia abbiamo la consapevolezza che, prima ancora del digitale, l’assunzione del rischio sia il punto di massima attenzione e che su questo le banche abbiano ancora un vantaggio competitivo. Almeno, quelle banche che hanno ancora appetito per questo tipo di rischio e che vogliono continuare a investire nell’economia reale».

Valuta la qualità di questo articolo

La tua opinione è importante per noi!

Articoli correlati

Articolo 1 di 3