L’ANALISI

OpenAI e Amazon: il nuovo asse che ridefinisce l’AI commerciale, in bilico tra cooperazione e competizione



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Il recente accordo di Amazon Web Services con OpenAI apre una fase ibrida: da un lato Amazon diventa la piattaforma su cui si regge gran parte dell’AI commerciale globale. Dall’altro deve difendere la propria intermediazione da un modello “agente-centrico”, in cui le decisioni d’acquisto vengono prese fuori dai suoi confini. Quale futuro?

Pubblicato il 24 nov 2025

Marta De Cunto

Retail Media & Marketplace Director della digital agency Ciaodino



Accordo Open AI – Amazon
Accordo Open AI – Amazon: un'analisi

L’accordo tra OpenAI e Amazon Web Services rappresenta molto più di una collaborazione tecnica: è un passaggio di potere nella catena del valore dell’intelligenza artificiale. OpenAI potrà contare su una capacità di calcolo senza precedenti, con l’accesso immediato a centinaia di migliaia di chip Nvidia e la possibilità di arrivare a decine di milioni di CPU entro il 2026.

Per Amazon, l’operazione consolida AWS come spina dorsale dell’economia dell’AI, in un momento in cui il cloud cresce del 20% anno su anno e genera oltre 120 miliardi di dollari l’anno. Ma il significato più profondo sta altrove: l’apertura di OpenAI al multi-cloud segna la fine del duopolio con Microsoft e crea un nuovo equilibrio competitivo nei servizi infrastrutturali.

ChatGPT e la minaccia nascosta per l’advertising di Amazon

La nuova centralità di OpenAI nel flusso dei consumi online apre scenari complessi per Amazon. ChatGPT, infatti, sta già influenzando i percorsi d’acquisto, veicolando oltre il 20% del traffico di referral per grandi retailer statunitensi come Walmart o Etsy.

Amazon, per contro, ha scelto di filtrare i crawler AI e ridurre l’accesso automatizzato ai propri contenuti. Una scelta difensiva, nata dal timore che gli agenti conversazionali possano erodere il ruolo di porta d’ingresso allo shopping che oggi sostiene il suo business pubblicitario da 56 miliardi di dollari.

In un mercato dove l’acquisto può iniziare altrove, dentro un chatbot e non su un motore di ricerca, l’intermediazione di Amazon rischia di diventare invisibile. E se manca il traffico, gli investimenti pubblicitari crollano.

Amazon e l’AI: da Rufus all’advertising

Per evitare di perdere la partita dell’AI e con il consumatore, Amazon ha sviluppato Rufus, il proprio assistente di shopping AI. L’obiettivo è trattenere la conversazione all’interno della piattaforma, offrendo suggerimenti, comparazioni e consigli personalizzati.

I risultati iniziali confermano l’intuizione: 250 milioni di acquirenti raggiunti nel 2025 e tassi di conversione più alti del 60%. Rufus non è solo una feature, ma un nuovo layer di esperienza che Amazon controlla e ottimizza, impedendo che la relazione con il cliente venga mediata da agenti esterni. Ma la strada da fare è ancora lunga.

Parallelamente, Amazon ridisegna la propria infrastruttura pubblicitaria integrando strumenti generativi per la creazione di contenuti, segmentazione e targeting. Gli inserzionisti possono produrre immagini e video con prompt testuali, gestire automaticamente le campagne PPC e utilizzare Amazon Marketing Cloud con template senza codice. Tutto grazie all’AI.

La piattaforma si sta trasformando da marketplace in ecosistema di marketing autonomo, capace di offrire alle imprese un accesso “chiavi in mano” al retail media.

Il vero vantaggio competitivo, tuttavia, sta nella personalizzazione. L’AI di Amazon riscrive dinamicamente titoli, descrizioni e raccomandazioni a seconda dell’intento dell’utente. Ogni prodotto può assumere identità differenti: funzionale, estetica, emozionale.

Questo approccio sposta il focus dalla ricerca alla relazione, ma solleva anche interrogativi sulla trasparenza dell’informazione commerciale e sulla neutralità dell’esperienza d’acquisto, sempre più modellata da suggerimenti generati e intermediati da algoritmi.

Un ecosistema che si espande oltre se stesso

Con il lancio di Amazon Retail Ad Service, l’azienda comincia a esportare la propria tecnologia pubblicitaria verso retailer esterni. È una mossa pragmatica: i canali proprietari sono prossimi al punto di saturazione e la crescita richiede nuove estensioni digitali.

Amazon non sta solo difendendo il proprio spazio, ma sta trasformando la sua infrastruttura AI in un prodotto da vendere ad altri, replicando nel retail media la stessa logica con cui AWS ha rivoluzionato il cloud.

Uno scenario ancora aperto

L’accordo con OpenAI apre una fase ibrida, fatta di cooperazione e competizione. Da un lato, Amazon diventa la piattaforma tecnologica su cui si regge gran parte dell’AI commerciale globale. Dall’altro, deve difendere la propria intermediazione da un modello di commercio sempre più “agente-centrico”, in cui le decisioni d’acquisto vengono prese fuori dai suoi confini.

Il futuro del retail digitale dipenderà dalla capacità delle aziende di integrare l’AI senza perdere il controllo della relazione diretta con l’utente. In questo equilibrio instabile tra apertura e chiusura, Amazon si trova di nuovo al centro della trasformazione: non più solo come marketplace, ma come infrastruttura che decide le regole del gioco.

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