La telemedicina in Italia non è più una promessa, ma un capitolo concreto della riorganizzazione sanitaria. L’inserimento del telemonitoraggio nei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA), avvenuto nel 2025, segna un punto di svolta per il sistema pubblico e per le startup che operano nella sanità territoriale. Tra queste, Medicilio rappresenta uno dei casi di maggiore interesse analizzati nel Report sulle startup a impatto sociale e ambientale del Politecnico di Torino, presentato il 24 ottobre 2025.
La testimonianza del fondatore Mattia Perroni offre uno spaccato realistico su come la tecnologia possa contribuire alla sostenibilità del sistema, a patto che l’impatto sociale resti al centro del modello di business. Ma vediamo intanto alcuni dati sulla startup.
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Medicilio: come e dove è nata
La startup Medicilio nasce nel luglio 2020 a Milano, come progetto della venture builder Cantieri Digitali MedTech, con l’obiettivo di portare esami e prestazioni mediche direttamente al domicilio dei pazienti.
Il founder Mattia Perroni ha fondato Medicilio dopo aver incontrato un tecnico di radiologia e deciso di “rovesciare il modello” sanitario tradizionale. Dopo aver studiato Economia, ha iniziato la sua carriera nella consulenza e nel private equity tra Londra e Milano; ha maturato esperienza in ambito e-commerce per il gruppo Rocket Internet (Filippine ed Egitto) e poi come Country Manager Italia per Houzz.
Oggi Medicilio conta oltre 16.000 pazienti serviti, è attiva in diverse regioni (tra cui Lombardia, Abruzzo, Piemonte/Torino e Roma) e ha ampliato significativamente il numero di prestazioni domiciliari, aggiungendo telemonitoraggio e telemedicina al suo modello.
Grazie a partnership con ospedali e strutture sanitarie, e a una piattaforma che digitalizza l’intero processo (prenotazione, esecuzione, refertazione), Medicilio si posiziona tra gli operatori di riferimento nella diagnostica a domicilio in Italia.
La medicina si sposta a casa
L’idea alla base di Medicilio nasce da un’esigenza concreta: portare la medicina a domicilio per pazienti fragili, anziani o disabili che spesso devono recarsi in ospedale anche per prestazioni minime.
La piattaforma sviluppata dall’azienda consente di effettuare esami diagnostici e attività di telemonitoraggio direttamente al domicilio, in collaborazione con strutture sanitarie pubbliche e private.
“Non è tanto la tecnologia a fare la differenza, ma il fatto di restituire tempo e sicurezza ai pazienti”, ha spiegato Perroni, sottolineando che il valore sociale del servizio risiede nella possibilità di evitare accessi ospedalieri non necessari e di mantenere il contatto medico-paziente attraverso strumenti digitali certificati.
L’invecchiamento come leva di innovazione
La spinta verso la sanità territoriale non nasce da un trend tecnologico, ma da un’urgenza demografica. L’Italia, tra i Paesi più anziani d’Europa, spende oggi oltre il 38% della spesa sanitaria totale – circa 176 miliardi di euro – per meno del 25% della popolazione, costituita da pazienti cronici.
Se nulla cambiasse, ha ricordato Perroni, il Paese si troverebbe di fronte a un aumento stimato del 30% dei costi sanitari, pari a oltre 55 miliardi di euro aggiuntivi.
La digitalizzazione dei percorsi di cura rappresenta una risposta a questo squilibrio. “La casa è destinata a diventare il primo luogo di cura”, ha spiegato il fondatore, riprendendo la logica del PNRR che individua nella telemedicina uno dei pilastri della riforma sanitaria.
L’obiettivo non è sostituire l’ospedale, ma redistribuire l’assistenza, riducendo il peso delle strutture fisiche e migliorando la continuità delle cure.
Dal telemonitoraggio alla sostenibilità economica
Il punto di svolta per la telemedicina in Italia è arrivato a febbraio 2025, quando il telemonitoraggio è stato inserito nei LEA.
Da quel momento, le prestazioni digitali possono essere rimborsate dal Servizio Sanitario Nazionale, aprendo la strada a un modello sostenibile anche per le startup del settore.
Secondo Perroni, “l’evidenza scientifica dimostra che i pazienti telemonitorati riducono le riacutizzazioni del 38%, generando risparmi miliardari per lo Stato e migliorando la qualità della vita dei pazienti”.
Il modello operativo di Medicilio — che collabora con strutture come Humanitas, San Raffaele e Auxologico — integra dispositivi medici certificati (classe 2A) e una piattaforma che consente di raccogliere parametri vitali e inviarli ai medici in tempo reale. I dati vengono poi analizzati secondo protocolli clinici stabiliti dalle strutture sanitarie, con possibilità di intervento tempestivo in caso di anomalie.
Oltre l’ospedale: un nuovo modello di assistenza
Il progetto di Perroni riflette una visione condivisa da molti operatori del settore: il modello ospedalocentrico non è più sufficiente.
Il futuro della sanità passa per una rete di servizi territoriali digitali, dove la tecnologia consente di monitorare i pazienti in modo continuo, evitando ricoveri e spostamenti non necessari.
“La struttura deve riuscire a portare le proprie competenze sul territorio e digitalmente”, ha sottolineato Perroni, descrivendo la trasformazione in atto come un processo culturale prima ancora che tecnologico.
In questa prospettiva, l’impatto sociale non è un obiettivo accessorio ma la condizione che dà senso economico al progetto. La riduzione dei costi ospedalieri, la prevenzione delle riacutizzazioni e l’aumento della qualità di vita dei pazienti diventano indicatori concreti di valore condiviso.
Le startup come motore della sanità territoriale
La presentazione del report del Social Innovation Monitor ha confermato che le startup a impatto sociale non solo crescono più velocemente, ma mostrano anche ricavi medi superiori e maggiore resilienza rispetto alle imprese tradizionali.
Nel settore sanitario, questo trend si traduce in una capacità di innovazione diffusa che affianca — e talvolta anticipa — le politiche pubbliche.
L’esperienza di Medicilio dimostra che la collaborazione tra startup e sistema sanitario può produrre benefici concreti, se accompagnata da regole chiare e da un’infrastruttura digitale nazionale adeguata.
L’inserimento del telemonitoraggio nei LEA, previsto dal Ministero della Salute, rappresenta proprio questo passaggio: un riconoscimento normativo che consente di passare dalla sperimentazione all’adozione strutturale.
Dal dato all’impatto: un cambio di paradigma
La telemedicina, da strumento emergenziale, sta diventando una componente strategica del sistema di welfare: una risposta concreta a sfide demografiche e territoriali che nessun modello ospedaliero può affrontare da solo.
Il racconto di Perroni restituisce una verità spesso trascurata nel dibattito sull’innovazione sanitaria: la tecnologia è un mezzo, non il fine.




