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Occuparsi di arte e startup? Non è un lusso, è una necessità 



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Arte e startup si incontrano a OGR Torino, diventate nuove officine di cultura contemporanea e innovazione. Ora ospitano il nuovo centro di AI per l’industria e spingono per lo sviluppo internazionale delle startup

Pubblicato il 30 set 2025



arte e startup

“Non è un lusso occuparsi di arte e startup. È una necessità”. Così ha chiosato Davide Canavesio, presidente di OGR Torino, la presentazione del palinsesto 2025-2026 giovedì 25 settembre.

Per chi non le conoscesse, le OGR Torino sono un luogo di ventimila metri quadrati vicino alla stazione di Porta Susa. Le ex officine per la riparazione dei treni sono state recuperate e trasformate, grazie all’intervento di Fondazione CRT, in nuove officine della cultura contemporanea e dell’innovazione. È un posto affascinante non solo dal punto di vista dell’archeologia industriale. È la loro doppia vocazione – arte e tecnologia – che lo rende un unicum nel suo genere.

Davide Canavesio con Annamaria Poggi, Presidente della Fondazione CRT

Arte e startup non sono un lusso, come ha ricordato Canavesio non a caso rievocando Leonardo e il Rinascimento. Periodo quando proprio il connubio tra tecnologia ed arte – supportato dal mecenatismo (che è oggi il ruolo delle fondazioni) – ha reso possibile una crescita economica ininterrotta di quasi due secoli.

Quindi sono un investimento che, come ricordava Elio Schiavo (Chief Enterprise and Innovative Solutions Officer di TIM), se all’inizio può sembrare poco produttivo assorbendo risorse e tempo, alla fine ritorna con gli interessi. Perché “non c’è futuro se non lavori oggi per averlo”.

OGR Torino tra arte e startup

Come detto, le OGR Torino hanno due anime: una culturale, con uno spazio per mostre ed esposizioni ove avvicinare la tecnologia all’arte, con focus particolare su bambini e famiglie. Perché? “Avere un luogo fisico ove questo dialogo avviene è fondamentale visto che la tecnologia, se, per gli addetti ai lavori, è opportunità e futuro, per tantissimi è paura, incertezza e preoccupazione”, ha ricordato Canavesio ad Innovation Weekly (qui il link per chi volesse riascoltare il suo intervento).

Sul fronte delle startup, le OGR non accelerano direttamente, fungendo piuttosto da piattaforma di piattaforme – 16 programmi di innovazione – dall’aerospazio al greentech, dall’edutech al gaming, fino alla urban mobility – che è stata capace di sostenere oltre 480 aziende dal 2019 a oggi. In altre parole, sono l’equivalente di un fondo di fondi che investe nelle diverse fasi di maturità aziendale, dall’incubazione e venture building fino all’accelerazione. A OGR Torino – e questa è una notizia – si è insediato il centro nazionale Italian Institute of Artificial Intelligence for Industry (AI4I), a testimonianza della densità che si sta costruendo intorno all’hub torinese.


Davide Canavesio con Alberto Onetti e Giovanni Iozzia a Innovation Weekly

Che cosa farà Mind the Bridge con le OGR

Mind the Bridge si propone di estendere la piattaforma delle OGR aggiungendone un extra layer, con un duplice obiettivo: favorire lo scaling delle migliori startup che sono passate attraverso i diversi programmi sostenuti da OGR e sostenerne la crescita internazionale.

Verranno identificate un numero limitato di startup ogni anno (tra quelle che hanno maggiore “scaling attitude”) con l’obiettivo di complementare la loro strategia e risorse con un supporto specifico e dedicato. Quindi Mind the Bridge, con i suoi Scaling Manager e il proprio network globale, cercherà di aiutarle concretamente a raggiungere degli obiettivi specifici congiuntamente identificati con il top management delle startup (ingresso in certe aree geografiche, accesso a certi clienti, abilitazione di opportunità di partnership, sostegno di marketing e comunicazione, …) che possano abilitare percorsi di crescita e valore. Non banale, ma non impossibile.

Perché? Perché avere startup, per quanto bello, è poco utile se qualcuna di queste non si trasforma in grandi aziende capaci di produrre crescita ed occupazione. Che, alla fine, è quello che conta. Perché, riprendendo l’esortazione di Schiavo, lavorare per il futuro deve portare a creare un presente sostenibile.

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