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MoneyFarm, come si investe sul cambiamento

La società che vende consulenza finanziaria online è una sintesi delle regole e delle opportunità dell’innovazione. La tecnologia è determinante, spiega il CEO Paolo Galvani. Ma la sfida è cercare di essere sempre più semplici. Senza innamorarsi della propria creatura. E di una linea di sviluppo

Pubblicato il 27 Nov 2013

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Il team di MoneyFarm

Ci sono start up che contengono tanti segnali sull’ecosistema dell’innovazione e sulle industrie tradizionali da poter essere “lette” come utili sintesi di regole, tendenze, travagli del cambiamento. Prendiamo il caso di MoneyFarm, la società fondata da Paolo Galvani, Giovanni Daprà e Andrea Scarso per semplificare la vita di chi vuole investire i propri risparmi.

Galvani, che è il CEO, ha 48 anni, è stato amministratore delegato della Sgr di Banca Sella, poi è andato a Londra per Deutsche Bank, che ha lasciato nel 2008 alla ricerca di un nuovo paradigma di business nel mondo dei servizi finanziari, tradizionalmente poco propenso all’innovazione. Primo segnale, che è la conferma di una tendenza: le start up non sono solo affare di ragazzini smanettoni ma sempre più terreno per manager stanchi del già visto e impossibilitati a sperimentare il nuovo nelle strutture esistenti. «Cambiare dall’interno è molto complesso», racconta Galvani. «Eppure la tecnologia permette di portare a molte persone soluzioni più trasparenti e dirette per la gestione dei risparmi».

MoneyFarm apre nella primavera 2012 con un modello di consulenza nell’ottica di asset allocation: il cliente si abbona e riceve via internet consigli su come investire i suoi soldi in un orizzonte di almeno due anni, gestendo i portafoglia con una manutenzione bimestrale. Strada facendo l’offerta si è evoluta offrendo anche la possibilità di comprare a chi non ha voglia di andare in banca per fare l’ordine. MoneyFarm può farlo perché è una sim (società di intermediazione immobiliare) autorizzata da Consob e Banca d’Italia. Si fa pagare dai clienti con una percentuale sui soldi investiti, una commissione flat dello 0,8%, circa la metà di uno strumento equivalente come un fondo bilanciato. «Quest’anno il portafoglio più prudente ha reso l’1%, quello più aggressivo il 4%», dice Galvani. «Siamo allineati con il mercato ma con costi decisamente inferiori, almeno l’1%». Secondo segnale: l’innovazione può migliorare i servizi, facendoli pagare meno.

MoneyFarm ha già ottenuto finanziamenti per 2,65 milioni di euro dai fondi UnitedVentures e Principia Sgr, che adesso controllano il 70% della società. Ai founder è rimasto il 30%. «In un business come il nostro se non fai così, non vai da nessuna parte», spiega Galvani che attribuisce anche alla sua esperienza (e alla sua età…) la capacità di non innamorarsi della sua creatura fino al punto di non permetterle di crescere. Che è il terzo segnale, sul quale dovrebbero riflettere tanti startupper gelosi del proprio progetto d’impresa.

MoneyFarm ha un’anima fortemente tecnologica pur vendendo servizi finanziari. Gli ingegneri sono gran parte del team. «L’elemento disruptive non può essere delegato all’esterno», spiega Galvani. «A Milano però è difficile trovare bravi informatici, la domanda è altissima e noi non siamo in condizione di pagare cifre altissime. Per questo abbiamo deciso di aprire una sede altrove». Precisamente a Cagliari, dove c’è un buon humus tecnologico grazie all’università e al retaggio di Tiscali. A Milano resta il marketing e la finanza gestita da un comitato investimenti che si riunisce una volta la settimana. Quarto segnale: le nuove imprese innovative sono per loro natura diffuse e vanno li dove trovano le competenze necessarie a costi possibili.

Dopo un anno e mezzo di attività MoneyFarm ha 650 abbonati, di cui 500 solo per la consulenza. Il target per la sostenibilità dell’impresa è 5000. C’è tanto lavoro da fare, quindi. «La sfida è essere sempre più semplici», sintetizza Galvani. Per questo la piattaforma ha appena lanciato una nuova versione del portale ancora più essenziale per creare un portafoglio personale e capire le potenziali performance. E’ stata introdotta anche un’area prova dove è possibile fare un checkup gratuito dei propri investimenti e testare gli strumenti a disposizione. Quinto segnale: una startup è un razzo a traiettoria variabile. Va veloce ma deve essere in grado in grado di cambiare rapidamente direzione sulla base dei risultati e delle reazioni del mercato.

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