AI TRANSFORMATION

La fine dei motori di ricerca? Come l’intelligenza artificiale cambia la logica della visibilità online



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Molte strategie di marketing e vendita online delle aziende erano basate sulla pagina dei risultati di Google. Oggi, con l’ascesa degli assistenti AI, il modello è messo in discussione. Ecco come la visibilità digitale si trasforma quando la ricerca diventa conversazione

Pubblicato il 28 lug 2025



Motori di ricerca e AI: cosa succederà?
Motori di ricerca e AI: cosa succederà?

Da trent’anni i motori di ricerca sono la porta d’accesso principale all’informazione online. Ogni giorno, vengono effettuate oltre 8,5 miliardi di ricerche su Google: digitare una query, esplorare una lista di risultati, cliccare su un link è diventato un gesto naturale, quasi automatico. Un gesto su cui è stata costruita buona parte del business digitale: milioni di aziende investono per comparire tra i primi risultati – organici o sponsorizzati – con l’obiettivo di intercettare nuovi utenti e nuovi clienti.

Oggi, però, questo paradigma si sta rapidamente trasformando. Gli assistenti conversazionali come ChatGPT, Claude e Gemini stanno diventando, per milioni di persone, il nuovo punto di accesso alla conoscenza. A luglio 2025, ChatGPT conta circa 800 milioni di utenti attivi settimanali, con oltre 2,5 miliardi di prompt inviati ogni giorno. Google Gemini ha superato i 400 milioni di utenti attivi mensili. Claude, il modello sviluppato da Anthropic, registra tra i 16 e i 19 milioni di utenti mensili.

Sempre più spesso, gli utenti non digitano una serie di parole chiave: pongono una domanda in linguaggio naturale. E non ricevono più una lista di link: ottengono una risposta generata in tempo reale, modellata sul contesto. La ricerca si sta trasformando in conversazione. E la visibilità, in questo nuovo scenario, si gioca secondo regole ancora tutte da scrivere.

Motori di ricerca e intelligenza artificiale: gli AI Overviews e AI Mode di Google

Google ha iniziato a rispondere a questa trasformazione con l’introduzione degli AI Overviews: una sezione che appare in cima alla pagina dei risultati e propone una risposta sintetica, costruita a partire da più fonti. Ma la novità più radicale è AI Mode, una modalità separata, pensata per l’interazione generativa. Qui la ricerca diventa una chat: il campo di input si sposta in basso e l’utente è invitato a porre domande complesse, in linguaggio naturale.

How AI is transforming Google Search - Robby Stein (Google AI Search)

Come osserva Robbie Stein, a capo del team AI Search di Google, stiamo entrando in una nuova fase in cui «l’intelligenza artificiale può realmente ampliare ciò che è possibile fare con la ricerca». Il paradigma si sposta dalla consultazione all’interazione, dal trovare una risposta al costruirla insieme al sistema, attraverso un dialogo continuo, multimodale e contestuale. Per Stein, questa evoluzione ridefinisce sia l’interfaccia utente che le aspettative cognitive: l’utente non si limita più a cercare, ma si aspetta di essere compreso, assistito, guidato.

Questa evoluzione si riflette anche nei comportamenti degli utenti. In particolare, tra i più giovani, che alternano senza soluzione di continuità testo, voce, immagine e contesto. Non si limitano più a cercare dati, ma cercano esperienze, consigli, narrazioni che siano rilevanti per la loro situazione specifica. Il motore di ricerca, per rispondere efficacemente, deve allora farsi assistente cognitivo, capace di selezionare, filtrare e riformulare le informazioni in base al profilo dell’utente.

Motori di ricerca e AI: la sfida della visibilità senza SERP

In questo nuovo scenario, per le aziende si apre una sfida cruciale: come si conquista visibilità se la pagina dei risultati (SERP – Search Engine Result Page) non esiste più? 

È una domanda che mette in discussione un’intera industria: un ecosistema costruito intorno all’ottimizzazione per i motori di ricerca – dalla consulenza SEO alla produzione di contenuti ottimizzati, alle campagne pubblicitarie su parole chiave ad alto rendimento. Solo il mercato globale dei servizi SEO vale oggi tra 80 e 98 miliardi di dollari. A questa cifra va aggiunta la spesa pubblicitaria sui motori di ricerca, che supera i 175 miliardi di dollari l’anno solo su Google. 

Cos’è la Generative Engine Optimization

Un intero modello operativo potrebbe dover essere ripensato e l’industria ha già iniziato a cercare delle risposte, muovendosi in continuità rispetto a modelli già noti. È il caso della Generative Engine Optimization (GEO), che rappresenta un primo tentativo di adattare la logica della SEO (Search Engine Optimization) al nuovo contesto dei motori generativi.

L’obiettivo della GEO è comparire all’interno delle risposte generate da sistemi come ChatGPT, Gemini, Perplexity o gli stessi AI Overviews di Google. 

Secondo gli esperti, per avviare una strategia GEO non basta replicare gli strumenti della SEO tradizionale: serve una trasformazione più profonda, che riguarda tanto le pratiche redazionali quanto l’impianto concettuale del contenuto. Le best practice emergenti delineano un nuovo orizzonte metodologico:

  • Contenuti strutturati per il dialogo: la forma ideale è quella domanda-risposta, organizzata in blocchi tematici chiari e concisi. Il linguaggio deve essere naturale, ma preciso. Le parole chiave, pur non centrali come in passato, restano utili se impiegate in apertura per definire il contesto.
  • Markup semantico evoluto: strumenti come Schema.org – un linguaggio standard che permette di etichettare i contenuti in modo comprensibile per i motori di ricerca e le AI – diventano sempre più importanti. Esistono tag specifici per identificare, ad esempio, una FAQ, una guida passo-passo (HowTo) o una pagina di domande e risposte (QAPage). Questi elementi aiutano i modelli a capire meglio il contenuto e a selezionarlo in modo più preciso.
  • Intento conversazionale e casi d’uso: costruire contenuti che rispondano a scenari concreti, simulando l’intento reale dell’utente, aumenta la probabilità di rilevanza per i modelli linguistici. Un articolo non è più solo una fonte, ma una micronarrazione che anticipa bisogni e propone soluzioni.
  • Forte aderenza ai criteri E-E-A-T: chiarezza espositiva, accuratezza dei dati, citazioni puntuali, toni professionali e riferimenti autorevoli non sono solo indicatori di qualità umana, ma anche segnali forti per i sistemi di valutazione automatica. Il framework E-E-A-T, introdotto da Google, si basa su quattro pilastri: Experience (esperienza diretta sull’argomento), Expertise (competenza specialistica), Authoritativeness (autorevolezza percepita) e Trustworthiness (affidabilità complessiva).

Tuttavia, la GEO non è una mera evoluzione della SEO: la trasformazione è molto più profonda e plausibilmente richiederà una revisione integrale dell’ecosistema che ruota attorno al marketing e alle vendite online.

Andranno aggiornate le metriche. Il traffico organico, che per anni è stato il principale indicatore di successo nella SEO, perderà centralità. Conterà di più la “share of voice” generativa: quanto spesso un contenuto viene utilizzato, o citato, nei risultati costruiti da un assistente IA. Al momento, però, non esiste un sistema affidabile per misurare questa visibilità. I modelli generativi non forniscono dati trasparenti sulle fonti usate, e le interfacce conversazionali non prevedono meccanismi di attribuzione. Per le aziende, capire se e come i propri contenuti vengono selezionati da questi nuovi motori resta una sfida aperta.

Cambierà la trasparenza dell’ambiente. La SEO, per quanto complessa, si muove in un sistema parzialmente leggibile. Con la GEO entriamo in un territorio più opaco: i meccanismi con cui un contenuto viene selezionato da un modello generativo sono meno visibili e più difficili da interpretare. 

Conversazione è conversione? Le nuove incognite dell’acquisizione

In gioco c’è molto più di un click. Esistono interi settori che basano il proprio modello di business esclusivamente sulla capacità di intercettare utenti attraverso i risultati organici o a pagamento. Se questi canali dovessero perdere centralità, non sarebbe solo Google a dover ripensare la propria strategia, ma milioni di aziende che oggi si affidano alla ricerca come principale leva di acquisizione.

È plausibile che, in un futuro non troppo lontano, anche i client conversazionali – ChatGPT, Claude, Gemini – inizino a introdurre forme di advertising native. Tuttavia, non è affatto scontato che meccanismi come quelli di AdWords possano essere trasposti efficacemente in un’interazione che non prevede più la dinamica della SERP. Manca ancora un modello collaudato per vendere pubblicità in una conversazione.

Più urgente, però, è affrontare il nodo del traffico organico. Se la visibilità non si misura più in click, ma in citazioni, allora l’intera produzione di contenuto va ripensata: non più per rispondere all’algoritmo di Google, ma per risultare rilevante agli occhi – o meglio, ai pesi semantici – di un large language model. In questo scenario, anche l’obiettivo finale si sposta.

Immaginiamo un utente che, dialogando con un assistente IA, esplori diverse opzioni di acquisto. Se l’azienda viene citata come una delle fonti, può sperare che quell’interazione si trasformi in conversione? Potrà, il sistema, concludere una vendita? In quale ambiente, con quali interfacce, secondo quali logiche di attribution?

La risposta a queste domande è tutt’altro che scontata, ma possiamo ipotizzare che, se la conversazione diventerà il nuovo ambiente in cui si gioca l’acquisizione, allora l’interazione generata dall’IA dovrà risolvere tre problemi fondamentali.

Il primo è quello della pertinenza: fornire all’utente non solo una risposta, ma la risposta più adatta. Per farlo, l’IA dovrà sviluppare una comprensione più profonda del suo interlocutore, accumulando dati, tracciando preferenze, interpretando intenzioni.

Il secondo riguarda la fonte della conoscenza. Oggi i modelli generativi integrano la ricerca online, attingendo da contenuti indicizzati secondo logiche SEO, che poi sintetizzano ed elaborano. È davvero questo il modo più efficace per trasferire conoscenza da un’infrastruttura informativa a un sistema generativo? Nel nuovo contesto, servono forse altri paradigmi, in grado di ridefinire da zero cosa significhi essere una fonte autorevole nella comunicazione algoritmo-algoritmo.

Il terzo problema è l’azione. Una volta individuata l’opzione migliore – un prodotto, un servizio, un fornitore – come completare l’acquisto dentro la conversazione stessa? Qui qualcosa si muove già: il protocollo MCP (Multi-modal Conversational Protocol) che consente di integrare azioni in un flusso di conversazione. Tra queste ci saranno certamente prenotazioni, acquisti e pagamenti. È una prima risposta tecnica a un’esigenza strutturale: trasformare la conversazione in esperienza conclusiva, senza interruzioni o passaggi intermedi.

Navigare l’incertezza: osservare, sperimentare, adattarsi

Negli ultimi trent’anni, buona parte delle strategie di marketing e vendita online sono state sviluppate poggiando le proprie fondamenta sulla pagina dei risultati di Google, considerata da molte aziende uno dei principali canali per acquisire visibilità e clienti. Oggi, con l’ascesa degli assistenti IA, quel modello viene messo in discussione. La ricerca si fa conversazione, le risposte si costruiscono in tempo reale, e l’azione – informarsi, scegliere, acquistare – avviene sempre più spesso dentro l’interazione stessa.

Abbiamo visto come questo cambiamento impatti non solo le interfacce, ma anche i comportamenti degli utenti, le metriche di visibilità, le strategie editoriali e i modelli di business. Abbiamo esplorato le prime risposte dell’industria – come la Generative Engine Optimization – e le best practice emergenti. Ma è chiaro che siamo solo all’inizio.

Non esistono ancora strumenti consolidati per misurare la performance nei motori generativi. I meccanismi con cui l’intelligenza artificiale seleziona, cita, riformula un contenuto restano in gran parte opachi. E i modelli di attribuzione e conversione nell’ambiente conversazionale sono ancora da inventare.

In questo contesto, l’unica strategia possibile è osservare con attenzione e sperimentare con intelligenza. Creare contenuti chiari, affidabili, strutturati per il dialogo. Monitorare i segnali, anche deboli. Adattare le pratiche, senza rincorrere scorciatoie.

Motori di ricerca e AI: le fonti

Nota di trasparenza. Questo articolo è stato sviluppato in collaborazione con l’intelligenza artificiale per ampliare le capacità dell’autore nel reperire fonti, analizzarle e organizzarle. Il processo di scrittura ha seguito un approccio di vibe writing: si è partiti con un brainstorming assistito dall’IA, si sono esplorate diverse versioni del testo e si è arrivati a una revisione conclusiva curata interamente dall’autore. L’intelligenza artificiale ha affiancato, senza mai sostituirle, le scelte creative e argomentative, che restano pienamente umane.

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