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Costruzioni italiane e sostenibilità: solo una su tre comunica in modo trasparente i propri impegni ESG



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Il settore delle costruzioni in Italia mostra progressi disomogenei sul fronte ESG. Le grandi imprese appaiono più mature nella gestione dei temi ambientali, ma persistono ampie lacune in materia di diritti umani, intelligenza artificiale e rappresentanza femminile. Lo studio

Pubblicato il 10 ott 2025



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Proptech e sostenibilità

Solo una minoranza delle imprese italiane delle costruzioni comunica in modo trasparente i propri impegni ESG. È quanto emerge dal nuovo studio di Standard Ethics, che analizza 30 aziende del settore tra grandi e medie dimensioni. Ne risulta un comparto ancora diviso tra pochi pionieri della sostenibilità e una maggioranza in ritardo su governance, inclusione e obiettivi ambientali. Meno della metà pubblica report ESG, e appena due su trenta dispongono di valutazioni indipendenti. Un segnale che, anche nell’edilizia, la sostenibilità è ancora un cantiere aperto. Ma vediamo meglio l’analisi.

Lo studio

L’analisi ha riguardato 30 imprese, di cui 15 grandi per fatturato (tra cui Webuild, Pizzarotti, Ghella e Rizzani de Eccher) e 15 di medie dimensioni con ricavi superiori a 50 milioni di euro.
Attraverso circa 20 indicatori, lo studio ha misurato la capacità delle aziende di interpretare e rendere trasparenti i propri impegni di sostenibilità, valutando governance, gestione dei rischi ESG, comunicazione pubblica e presenza di codici etici o rating indipendenti.


Il divario tra grandi e medie imprese

Il quadro che emerge mostra un netto divario tra le maggiori aziende e quelle di fascia media. Solo il 27% delle imprese più piccole pubblica una policy ambientale, contro il 73% delle grandi. Nessuna tra le medie imprese ha fissato obiettivi di carbon neutrality o di uso di energie rinnovabili, mentre tra le top 15 società il 27% ha aderito a target di neutralità carbonica, il 73% a obiettivi su energia e rinnovabili e il 67% a riduzioni delle emissioni di gas serra.
Un dato particolarmente significativo riguarda i diritti umani e l’intelligenza artificiale: nessuna delle aziende di medie dimensioni ha adottato policy specifiche su questi temi, e solo il 27% ha pubblicato un documento su diversità e inclusione. Le grandi imprese, pur più avanzate (47% con policy sui diritti umani e 60% su D&I), restano ancora lontane dagli standard internazionali.


Governance e rappresentanza: ancora poca trasparenza

La fotografia sulla governance di settore è tutt’altro che paritaria. Venti imprese su trenta hanno consigli di amministrazione composti esclusivamente da uomini o non ne pubblicano la composizione, mentre solo una su trenta rispetta gli obiettivi internazionali sulla presenza femminile nei board.
Sul fronte della trasparenza etica, l’87% delle aziende adotta un codice etico e il 60% un modello organizzativo 231, ma solo il 13% risulta conforme ai principi ESG di ONU, OCSE e UE. La rendicontazione ESG è presente in meno della metà dei casi (47%), segno di una maturità ancora incompleta nel reporting di sostenibilità.


Rating ESG ancora poco diffusi

Nonostante l’importanza crescente della finanza sostenibile, solo due imprese su trenta pubblicano valutazioni ESG indipendenti e strutturate. Il 30% condivide occasionalmente riconoscimenti generici, ma la maggior parte delle aziende del comparto non intrattiene rapporti con agenzie di rating esterne.
Lo studio di Standard Ethics — agenzia autoregolata attiva dal 2004 — evidenzia così una transizione ancora in corso nel settore delle costruzioni, in cui le grandi realtà mostrano una maggiore consapevolezza ma il percorso verso una piena integrazione dei criteri ESG appare ancora lungo, soprattutto sul versante della governance e della trasparenza pubblica.

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