L’APPROFONDIMENTO

Beyond Meat, la promessa mancata della “carne del futuro”: da pioniera del food tech alle montagne russe della speculazione



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Nata nel 2009 e sostenuta da Bill Gates e da grandi fondi, Beyond Meat ha simboleggiato il sogno della “carne del futuro”. Dopo l’IPO-record del 2019, però, vendite in calo, margini negativi e scommesse mancate l’hanno spinta sull’orlo del tracollo. Le ragioni della fiammata speculativa

Pubblicato il 28 ott 2025

Luciana Maci

Giornalista



Beyond Meat
Beyond Meat

È stata una delle prime startup a credere che la carne possa essere anche una tecnologia e a scommettere sulla sostenibilità alimentare, ma l’innovazione che Beyond Meat voleva portare nel settore è andata a infrangersi contro una serie di scogli: previsioni poco azzeccate, scelte sbagliate, strategie a volte fallimentari. Risultato: l’azienda è in crisi. Eppure ancora brilla. A fine ottobre 2025 il titolo della ex startup statunitense che produce hamburger a base vegetale è volato al Nasdaq, guadagnando il 1000% in quattro giorni. Ma era solo speculazione. Cosa è successo? E perché una pioniera del foodtech è finita preda delle montagne russe azionarie? Vediamolo insieme, partendo dall’idea originaria del suo fondatore.

Come è nata Beyond Meat

Fondata nel 2009 a Los Angeles da Ethan Brown, Beyond Meat entra davvero nel radar del grande pubblico nel 2016, quando il suo hamburger “plant-based”, che replica gusto e consistenza della carne, conquista premi di settore e scaffali della GDO. L’idea nasce dall’incrocio tra due spinte: la richiesta di alternative più sostenibili rispetto alla carne (per impatti ambientali e clima) e la domanda di prodotti capaci di convincere non solo vegani e vegetariani, ma anche chi carne ne mangia ancora.

Il cuore tecnologico arriva dall’Università del Missouri: i ricercatori Fu-Hung Hsieh e Harold Huff sviluppano un processo di estrusione delle proteine vegetali che ricrea le fibre della carne. Brown ne ottiene la licenza e nel 2012 lancia i primi “chicken strips”. Fin da subito il target non sono i “puristi” vegani, bensì i flexitarian: persone che seguono una dieta prevalentemente vegetale ma consumano carne occasionalmente, scegliendo di ridurla più che eliminarla. Da qui la strategia di posizionamento “accanto alla carne vera” nel banco frigo, per intercettare il consumo d’impulso e la prova comparativa.

All’epoca i media sintetizzano così la promessa del prodotto: “as-real-as-it-gets fake chicken”, ossia “pollo finto il più realistico possibile”. In altri termini: un sostituto vegetale che, per gusto, texture e resa in padella, si avvicina quanto più possibile all’originale animale. Questa è la scommessa che apre a Beyond Meat le porte del mass market e prepara il terreno al successo dell’hamburger del 2016.

Ethan Brown, l’ingegnere del “carne–tech”

Ethan Brown (nella foto), ambientalista dichiarato e vegano, ha impostato fin dall’inizio la sua missione su un obiettivo chiaro: ridurre l’impatto climatico dell’alimentazione offrendo un’alternativa credibile alla carne tradizionale. Prima di lanciarsi nel foodtech ha lavorato nel settore dell’energia pulita, ricoprendo ruoli manageriali in Ballard Power Systems, azienda attiva nelle tecnologie a idrogeno. Un percorso che spiega l’approccio “ingegneristico” con cui affronterà anche il cibo: definire un problema ambientale e cercare una soluzione industriale scalabile.

La crescita di Beyond Meat: debutto al Nasdaq nel 2019

Il decollo della startup è velocissimo: fra 2013 e 2016 entrano investitori quali GreatPoint Ventures, Kleiner Perkins, Obvious (Evan Williams e Biz Stone), la Humane Society, fino all’ingresso di Tyson Foods (5–6,5% del capitale) nel 2016.

Anche Bill Gates e Leonardo DiCaprio figurano tra i sostenitori.

Kleiner Perkins rivendica di essere stato l’unico investitore istituzionale nel primissimo round del 2011.

Nel 2019 Beyond Meat sbarca al Nasdaq (BYND), la prima “carne vegetale” quotata, con un’IPO che diventa un caso di scuola per la velocità di rivalutazione in pochi giorni. In Italia, la crescita è seguita anche dalla stampa specializzata che ne ricostruisce l’iter da ex-startup a brand globale del food tech. Intanto Tyson esce prima della quotazione: un primo segnale d’attrito sulla direzione strategica.

L’inizio della crisi

Poi arriva la parte difficile: trasformare l’hype in volumi ripetibili, margini e fedeltà alla marca. Durante il biennio pandemico le vendite crescono, ma dal 2022 la curva s’inarca verso il basso. La relazione annuale 2024 indica ricavi a 326 milioni (–5% anno su anno) e margini lordi pesantemente deteriorati rispetto ai livelli del 2020–2021. Il 2023 chiude addirittura con margine lordo negativo e ricavi in calo del 18%.

Nel 2025, tra primo e secondo trimestre, i conti restano deboli: l’azienda annuncia nuovo finanziamento garantito, tagli (circa il 6% della forza lavoro), sospensione delle attività in Cina e ulteriori misure di efficienza; Reuters parla di domanda fiacca, pressioni di prezzo e perdita di quota a favore della carne tradizionale, mentre report indipendenti confermano sconti più aggressivi nel retail e performance deludenti nel foodservice.

A complicare il quadro, il racconto “salute-sostenibilità” perde trazione quando l’inflazione spinge i consumatori su alternative meno care e percepite come meno processate: diverse analisi sostengono che, per chi compra, prezzo, gusto e texture contano più delle promesse di benefici pere il pianeta. Beyond tenta allora un riordino del portafoglio (ad esempio la dismissione del jerky shelf-stable, strisce essiccate e speziate tipo carne secca), un rebranding e una “nuova generazione” di prodotti come Beyond Steak, ma il rallentamento della categoria resta evidente. Gli stessi dati di mercato citati dai media segnalano flessioni a doppia cifra nella GDO USA.

Da parte sua l’azienda insiste sulla parità-prezzo con la carne e sull’up-trade premium (spingere il cliente a salire di fascia), ma intanto i margini faticano a tornare in campo positivo in maniera strutturale. In parallelo, alcune partnership europee tengono, ma il segmento americano, il più grande e competitivo, continua a essere il banco di prova dove si decidono le sorti del business.

La fiammata speculativa di ottobre 2025: il “meme stock”

Eppure, a fine ottobre 2025, BYND torna improvvisamente protagonista a Wall Street: +1000% in quattro sedute, con la stampa che parla esplicitamente di fenomeno “meme stock”.

Il boom in Borsa non è nato dal nulla. C’è una notizia “vera” — l’estensione della distribuzione con Walmart (più di 2.000 negozi) — che ha dato slancio al titolo. Ma la spinta più forte arriva dalla finanza: molti piccoli investitori si sono buttati sull’azione, i social l’hanno promossa e tantissimi fondi avevano scommesso al ribasso. Quando il prezzo ha iniziato a salire, questi “ribassisti” hanno dovuto ricomprare in fretta per coprirsi, facendo salire il titolo ancora di più: è il classico short squeeze.

In quei giorni le scommesse contro Beyond erano persino superiori alle azioni effettivamente disponibili, perché gli stessi titoli venivano prestati più volte: per questo l’impennata è stata così violenta. Ha pesato anche un’operazione finanziaria che ha trasformato parte del debito in azioni, aumentando i pezzi sul mercato e rendendo il titolo facile preda dei trader speculativi e dei fondi che inseguono i cosiddetti “meme stock”. In sintesi: una notizia industriale accesa su una miscela di dinamiche di mercato esplosive.

Cosa non ha funzionato in Beyond Meat

Al netto della fiammata speculativa, perché Beyond Meat è, ormai abbastanza chiaramente, una promessa mancata? Vediamo i principali elementi di criticità.

  • Gusto–prezzo–salute:
    • I burger vegetali costavano spesso di più.
    • Per molti consumatori il gusto/texture e il profilo nutrizionale non hanno giustificato il sovrapprezzo.
  • La leva “ambiente” da sola non basta:
    • Con i prezzi alti e i bilanci familiari sotto pressione, il messaggio green non è stato decisivo.
    • La concorrenza ha puntato sempre di più su benefici “personali” (dieta, benessere) oltre che climatici.
  • Scelte di prodotto e execution:
    • Tanti esperimenti e uscite in categorie non centrali non hanno creato un volano di vendite.
    • I numeri 2023–2025 mostrano ricavi in calo e margini altalenanti.
  • Timing e rapporto con i canali:
    • Il test del McPlant negli USA si è fermato.
    • La GDO chiede rotazioni rapide e promozioni; senza un prodotto “must-try” continuo, gli sconti hanno mangiato i margini.

Oggi il mercato come la vede:

  • Il titolo è trattato più come oggetto di scommesse (molto shortato) che come investimento sui flussi di cassa.
  • Un ritorno a utili “di base” è legato a ulteriori ristrutturazioni e a un portafoglio più focalizzato.

Cosa insegna la storia di Beyond Meat

La storia di Beyond Meat resta comunque importante per il food tech: ha dimostrato che la “carne” può essere una tecnologia e che il capitale di rischio può provare a scalare filiere tradizionali.

Oggi Beyond Meat è tornata sulle prime pagine più per spinte di mercato che per vendite solide. Il rilancio, però, passa da cose molto concrete: concentrarsi su poche referenze davvero buone, soprattutto macinato e “steak”, raggiungere una reale parità di prezzo con la carne nei formati famiglia in supermercato e stringere accordi di ristorazione che generino ordini ripetuti, non solo test spot.

Per chi investe, la bussola è distinguere il rumore del titolo dai segnali operativi. La collaborazione con Walmart è un segnale positivo, ma da solo non fa una svolta. La volatilità resta elevata e l’azione è ancora tra le più prese di mira dagli scommettitori al ribasso: serve prudenza per chi investe e una strategia imprenditoriale più efficace per chi guida l’azienda.

(Nota di trasparenzaQuesto articolo è stato sviluppato in collaborazione con l’intelligenza artificiale per ampliare le capacità dell’autore nel reperire fonti, analizzarle e organizzarle. L’AI ha affiancato, senza mai sostituirle, le scelte creative e argomentative, che restano pienamente umane).

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