Negli ultimi anni l’intelligenza artificiale, dai modelli generativi ai sistemi di supporto alle decisioni, è entrata stabilmente nel lavoro quotidiano delle organizzazioni. Questa evoluzione richiede alle imprese non solo di adottare nuovi strumenti, ma di ripensare competenze, pratiche e modalità operative. Per questo oggi non si parla più soltanto di “introduzione dell’IA”, ma di un vero percorso verso la AI fluency: la capacità collettiva di «parlare la lingua» dell’IA e integrarla con naturalezza nei processi aziendali.
Questo concetto si collega al più ampio tema dell’alfabetizzazione digitale, ma va oltre: include consapevolezza, abilità operativa, capacità di guidare i modelli e una trasformazione culturale che rende l’IA parte naturale dell’attività aziendale. In questo articolo esploriamo perché questo passaggio è così rilevante, quali sfide presenta e quali opportunità può aprire, illustrandolo attraverso un caso concreto: il progetto di AI Fluency sviluppato da Maurizio La Cava, CEO e Co-Founder di MLC Presentation Design Consulting, per Lactalis.
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AI fluency: il caso Lactalis
Il caso Lactalis rappresenta bene cosa significa aiutare un’organizzazione a “parlare la lingua dell’IA”. Non si tratta semplicemente di addestrare le persone a usare nuovi strumenti, ma di lavorare sulle pratiche quotidiane, sulla consapevolezza diffusa e sulla capacità di guidare l’IA invece di subirla. Il progetto nasce da un’osservazione semplice e attualissima: le tecnologie generative stanno entrando in tutte le funzioni aziendali, dal marketing alle operations. Tuttavia, per ottenere impatti concreti, le competenze non possono rimanere confinate in un team tecnico: devono diventare parte del vocabolario di tutti. Nel caso Lactalis, l’AI Fluency è stata progettata con un focus particolare su Microsoft Copilot, strumento scelto dall’azienda per avviare l’adozione dell’IA generativa.
Dall’Italia alla Spagna: come si è diffusa l’iniziativa
Il percorso ha una radice precisa: l’Italia. Tutto parte quando Silvia Eleonora Campioni, Head of Open Innovation di Lactalis Italia, entra in contatto con Maurizio La Cava durante un workshop di AI Fluency organizzato dall’Osservatorio Startup Thinking del Politecnico di Milano. È un momento chiave: l’Osservatorio attraverso il workshop con La Cava apre una finestra sulle pratiche più avanzate di dell’IA e il team di Open Innovation riconosce subito il potenziale di portarle all’interno dell’azienda.
Il team di Open Innovation testa il format in un workshop con tutta la Community degli Open innovation Champions con successo, ottenendo feedback positivi da parte di tutte le funzioni aziendali. Da questo momento nasce l’idea di condividere il format anche in un contesto internazionale e testarlo anche con una community esperta come quella di Marketing.
Il team Open Innovation Italia propone il workshop al LES Marketing Meeting di Lisbona, l’appuntamento che riunisce tutti i Marketing Director dell’Europa del Sud. Qui l’approccio suscita interesse immediato: il Marketing Director spagnolo decide di approfondire il metodo e avvia una collaborazione diretta con Maurizio La Cava. Il passo successivo è una naturale evoluzione: l’approccio viene applicato in Spagna, con una sessione dedicata al team marketing locale, raccogliendo feedback positivi e mostrando concretamente come questo tipo di iniziativa possa generare valore. L’esperienza spagnola è poi rientrata in Italia come un caso di successo. Oggi il Team di Open Innovation Lactalis Italia, dopo aver coinvolto la Community di R&D con un Inno Day dedicato a questo format, sta ora valutando un percorso per estendere l’iniziativa anche a tutta la Community di Marketing Italia.
È un ciclo virtuoso: un’idea che nasce localmente, si diffonde grazie ai collegamenti giusti e ritorna arricchita, pronta per essere scalata. E’proprio così che funziona l’innovazione (o almeno dovrebbe!)
Integrare l’IA nel lavoro di tutti i giorni
Nel percorso di accompagnamento condotto con La Cava, il team Marketing di Lactalis Spagna è stato messo nelle condizioni di comprendere come impostare un problema in modo utile per l’IA, come interpretare criticamente gli output e come integrare i modelli generativi nei processi creativi e decisionali. In altre parole, non solo “come si usa uno strumento”, ma “come si ragiona quando si lavora con l’IA”.
È un passaggio che molte aziende stanno affrontando. L’IA non è più un oggetto lontano, confinato a funzioni hi-tech o a progetti sperimentali: è un alleato quotidiano, una presenza costante nei processi di ideazione, analisi, comunicazione e progettazione. Per questo si parla di fluency: come quando si impara una lingua straniera, si raggiunge un punto in cui non si traduce più parola per parola, ma si inizia a pensare direttamente in quella lingua. Allo stesso modo, un’organizzazione “fluente” nell’IA non deve continuamente chiedersi “come posso usare questo strumento?”; integra l’IA con naturalezza nelle proprie routine.
Questa transizione richiede però un lavoro che opera su più livelli. Da un lato la dimensione tecnica: comprendere i limiti dei modelli, sviluppare prompt efficaci, selezionare i casi d’uso più promettenti. Dall’altro, la dimensione organizzativa e culturale: creare ambienti in cui sperimentare è possibile, condividere ciò che funziona, imparare dagli errori senza penalizzazioni. E infine la dimensione più umana, legata a mindset, emozioni e percezione del cambiamento. L’adozione dell’IA, infatti, non è solo un affare tecnologico: riguarda il modo in cui le persone reagiscono alla novità e alla possibilità di modificare il proprio lavoro.
Il progetto Lactalis funziona proprio perché tiene insieme tutte queste dimensioni. Non è un intervento centrato sulla tecnologia, ma sulle persone che la utilizzano. E dimostra come anche funzioni considerate altamente creative, come il marketing, possano trarre valore dal combinare creatività umana e capacità generativa dell’IA. Il risultato non è un marketing automatizzato, ma un marketing potenziato.
Guardando al futuro, questo tipo di iniziative diventerà sempre più rilevante. Le aziende non potranno limitarsi a introdurre strumenti: servirà costruire una vera alfabetizzazione interna, investire nella formazione continua, creare comunità di pratica, definire regole e una governance responsabile. E soprattutto acquisire quella naturalezza — quella fluency — che permette a persone e team di collaborare con l’IA senza percepirla come qualcosa di estraneo. Questo caso concreto ci ricorda che la tecnologia genera valore quando trova contesti pronti ad accoglierla. E che dietro ogni trasformazione digitale c’è sempre una trasformazione umana che va accompagnata. È da lì che si parte, ed è da lì che si costruisce il futuro dell’IA nelle organizzazioni.







