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“Costruire con la fine in mente”: l’AI workflow secondo Shawn Kanungo



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“Non basta reagire al cambiamento, bisogna essere ‘bold’, coraggiosi, e anticiparlo”. Lo dice Shawn Kanungo, esperto mondiale di innovazione. Ora si focalizza sull’AI: “Costruisce letteralmente il futuro, perché ci fa sperimentare da subito, senza attendere la validazione di un progetto”

Pubblicato il 17 nov 2025



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Shaw Kanungo

L’intelligenza artificiale non è più soltanto uno strumento operativo, ma un motore di trasformazione dei processi di lavoro e dei modelli organizzativi. Nel keynote «AI Will Reimagine Everything in 2025», tenuto da Shawn Kanungo durante l’evento annuale ACE25 — il principale summit delle credit union del Michigan — l’autore e strategist dell’innovazione ha illustrato come la diffusione dell’AI stia ridefinendo il modo di innovare e di decidere all’interno delle imprese.

Kanungo ha osservato che «l’abilità più pericolosa al mondo oggi è semplicemente avere un’idea», perché chiunque, con gli strumenti giusti, può esprimerla e vederla tradotta in un risultato concreto. È la rappresentazione più chiara di un nuovo AI workflow, un sistema in cui il pensiero umano e quello artificiale si intrecciano per generare soluzioni e innovazione in cicli continui, anziché attraverso fasi lineari.


Chi è Shawn Kanungo

Il canadese Shawn Kanungo è uno stratega dell’innovazione di livello internazionale e autore bestseller.
Ha trascorso 12 anni presso Deloitte, collaborando con leader aziendali per prepararsi alle opportunità legate all’innovazione dirompente. Dopo la sua esperienza in Deloitte, ha affiancato centinaia di organizzazioni nelle loro trasformazioni digitali, affrontando temi come intelligenza artificiale, cloud, economia comportamentale e Web3.
Il suo libro d’esordio, The Bold Ones, è stato citato da McKinsey & Company come lettura essenziale per chi prende decisioni strategiche.
Kanungo è inoltre partner presso la società di consulenza e investimento Queen & Rook, dove supporta organizzazioni e startup focalizzate su trend disruptive.
La sua presenza digitale è forte: i suoi contenuti sull’innovazione hanno raccolto milioni di visualizzazioni su LinkedIn, TikTok, YouTube e altre piattaforme.
Nel 2023 ha fatto uscire uno speciale in streaming su Apple TV e Prime Video
Il suo approccio si basa sull’idea che non basta reagire al cambiamento: bisogna «essere bold», anticipare, sperimentare e trasformare sé stessi e l’organizzazione.


Dall’idea al prototipo: la fine della pianificazione tradizionale

Per descrivere questo cambiamento, Kanungo cita una delle massime più note del management classico: «iniziare con la fine in mente». Un tempo, spiega, questa visione invitava a pianificare ogni passo verso un obiettivo preciso; oggi, la logica si ribalta. «Non hai bisogno di iniziare con la fine in mente, puoi costruire con la fine in mente. Puoi letteralmente costruire il futuro oggi».

L’affermazione sintetizza la filosofia dell’AI workflow: non si tratta più di attendere la validazione di un progetto, ma di sperimentare subito, lasciando che la tecnologia diventi il terreno su cui testare, adattare e ridefinire idee. L’AI permette di passare in pochi minuti dall’intuizione al prototipo, creando una forma di progettazione simultanea tra obiettivo e processo.

Ciò non elimina il valore della pianificazione, ma ne cambia la natura: la progettazione non è più un esercizio di previsione, bensì di apprendimento continuo. Ogni output generato dall’AI diventa un punto di partenza da cui ripartire, correggere, evolvere. L’errore non è un fallimento, ma una componente intrinseca del metodo di innovazione.

L’AI come laboratorio sperimentale

Kanungo sottolinea come l’intelligenza artificiale stia ridefinendo la relazione tra creatività e realizzazione. L’AI non è più soltanto un assistente che esegue, ma un collaboratore creativo in grado di ampliare la capacità esplorativa delle persone.

Se in passato servivano settimane di lavoro per validare un’idea, oggi bastano pochi comandi per generare un prototipo funzionante e testare un concetto. Questo consente ai team di concentrarsi meno sulla produzione e più sulla valutazione qualitativa, migliorando la capacità di scegliere, iterare e innovare.

Nel nuovo AI workflow, il valore dell’esperienza non risiede tanto nella padronanza tecnica, quanto nella capacità di porre le domande giuste e interpretare ciò che la macchina restituisce. Il processo di innovazione diventa un dialogo continuo tra intuizione umana e apprendimento artificiale, un esercizio collettivo in cui la curiosità è più importante della certezza.

«Non mi fiderei mai dell’AI per l’output finale»

Pur riconoscendo la forza dell’automazione, Kanungo fissa un confine netto. «Non mi fiderei mai dell’AI per l’output finale. Ma può essere il punto di partenza».

È un principio che unisce etica e metodo: l’AI può accelerare il lavoro, ma non può sostituire il giudizio umano. La responsabilità rimane nella supervisione, non nell’esecuzione cieca.

Questo equilibrio tra autonomia e controllo è la chiave dell’AI workflow: serve definire obiettivi, limiti e criteri di validazione prima ancora che il sistema produca risultati. In questa logica, il manager del futuro non è più un semplice coordinatore di persone, ma un curatore di processi intelligenti, capace di orchestrare le relazioni tra modelli artificiali e competenze umane.

L’intelligenza artificiale non elimina il lavoro umano, ma ne ridisegna il perimetro. Aumenta la produttività ma, soprattutto, apre spazio alla riflessione critica e alla creazione di valore condiviso.

La palestra cognitiva dell’innovazione

Per spiegare l’importanza di sviluppare dimestichezza con gli strumenti, Kanungo utilizza una metafora efficace: «Quando vai in palestra per la prima volta, è opprimente. Vedi macchine ovunque, ma non importa quale usi. L’obiettivo è che diventino più leggere nella tua mano».

Applicata all’AI, questa immagine sintetizza il cuore della competenza digitale: la familiarità nasce dall’esercizio. Non conta quale piattaforma si utilizzi, ma la capacità di comprenderne la logica e di integrarla nei processi quotidiani.

L’AI workflow diventa così una palestra organizzativa, un ambiente in cui si sperimenta e si impara per iterazioni. Ogni interazione con un modello intelligente diventa un’occasione per allenare nuove abilità cognitive: sintesi, adattamento, intuizione. L’innovazione, in questa prospettiva, non è un risultato ma un allenamento permanente, in cui la curiosità sostituisce la paura di sbagliare.

Disimparare a controllare

Nel passaggio conclusivo del suo intervento, Kanungo collega la trasformazione tecnologica a una dimensione più personale. Lavorare con l’AI significa accettare l’imprevedibilità.

Chi guida processi complessi deve imparare a convivere con sistemi che agiscono in modo non sempre lineare. «I leader più innovativi», spiega, «sono quelli che sanno dire “non lo so”».

Non è un invito alla rinuncia, ma all’apertura: la disponibilità a disimparare, a rimettere in discussione la propria abitudine al controllo. L’AI, infatti, non toglie potere all’essere umano, ma lo obbliga a ridefinire il proprio ruolo nel ciclo dell’innovazione.

Lavorare con la tecnologia significa imparare a cedere spazio al possibile, sapendo che l’innovazione nasce spesso da ciò che non era stato previsto. È questo, per Kanungo, il vero significato del costruire “con la fine in mente”: non anticipare il risultato, ma avere il coraggio di scoprirlo strada facendo.

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