Il contest

Friendz, la startup che crea community social per le aziende

La società, che ha meno di un anno, ha vinto il quinto Wind Startup Award: 3 settimane in Silicon Valley. Ai grandi brand permette di realizzare campagne di marketing con utenti profilati ma “non influencer” che postano per l’azienda e ricevono un premio

Pubblicato il 21 Mar 2016

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Il team di Friendz esulta per la vittoria al Wind Startup Award

Un nuovo modo di fare social marketing, creando dal nulla una community dove ogni membro diventa un pezzetto del brand: è questa l’idea vincente di Alessandro Cadoni e Cecilia Nostro, i due ragazzi che con la loro Friendz hanno vinto il quinto Wind Startup Award. Il contest si è tenuto venerdì 18 marzo al Luiss Enlab di Roma nel corso del Festival della crescita 2016, in seguito a una preselezione che ha individuato le cinque finaliste su dodici progetti ammessi.

In uno scenario in cui tutto parla di innovazione e funding, i cinque finalisti hanno tenuto un elevator pitch ciascuno per convincere i quattro investitori in giuria, presenti in sala. Si trattava di Daniele Della Seta, investment manager del fondo LVenture Group, Domenico Nesci, fondatore e presidente di Angel Partner Group, prima associazione di Business Angel in Italia, Simone Ranucci Brandimarte, cofondatore del fondo Withfounders Srl e Alessio Semoli, fondatore e coach di Prana Ventures, realtà di venture capitalist. I giurati non hanno lesinato domande agli startupper sul percorso seguito finora, i fondi attratti e le linee di sviluppo futuro. Un vero e proprio esame, appropriato d’altronde alla posta in palio: tre settimane di formazione intensiva nella Silicon Valley, presso la Startup School di Mind The Bridge.

Ha vinto Friendz, dicevamo, che in quattro mesi di vita aveva già raggiunto 20.000 utenti e 90.000 euro di investimenti. Friendz è nata nell’agosto 2015 a Malnate, nel varesino, e si rivolge principalmente ai grandi brand (alcuni dei quali hanno già provato – con soddisfazione – la piattaforma). A questi Friendz offre la possibilità di avere campagne di marketing sui social grazie a una community di utenti non influencer ma assai profilati a cui viene chiesto di scegliere una campagna e di postare sul loro profilo una foto relativa al brand scelto. “La nostra community è estremamente reattiva e non abbiamo avuto bisogno più di tanto di stimolare l’accesso. – ha raccontato Alessandro – Noi ci limitiamo a controllare che la foto sia adatta al nostro scopo, prima di pubblicarla”. Ad ogni foto postata l’utente guadagna un gettone e quando arriva a 1.000 gettoni riceve una gift card di 10 euro: “Più che altro gli utenti postano per gratificazione professionale. – ha continuato Alessandro – Col passare del tempo ci siamo accorti di quanto fossero attivi perché partecipavano ai contest, rilanciavano i nostri hastag fino a farli diventare trend topic su twitter in 10 minuti e così abbiamo capito che potevamo sfruttare la community anche per offrire ai nostri clienti ricerche di mercato economiche e veloci, un database di foto per veicolare i contenuti che oggi conta già più di 100.000 files e una diffusione virale delle campagne”.

L’idea ha avuto successo soprattutto per la possibilità di diffusione, che invece probabilmente non è stata riconosciuta a Fabb, un progetto di Paolo Aliverti di installazioni e proiezioni olografiche per allestire le vetrine di aree commerciali e locali pubblici, come musei o fiere. “È una startup basata essenzialmente sull’hardware – ha spiegato Paolo – e per questo abbiamo realizzato anche un oggetto piramidale di carta per gli smartphone, utile a far pubblicità ma a un costo molto minore rispetto agli ologrammi”.

Hanno puntato tutto sui dispositivi anche i fratelli Edoardo ed Emiliano Parini, inventori di Get, una tecnologia wearable che mira a sostituire lo schermo dei nostri device. “Get è un semplice braccialetto che permette di controllare le decine di notifiche che riceviamo ogni giorno e di rispondere alle chiamate con un semplice gesto del polso” hanno illustrato i fratelli. Nata a luglio 2015 a Roma, Get ha già ottimi sponsor dalla sua e una finestra aperta sul mercato cinese. Alla domanda cosa Get proponesse di nuovo rispetto alle molte imprese di wearable technology che stanno proliferando in tutto il mondo, i Parini hanno indicato “la possibilità di comunicare con tecnologia bluetooth, senza nessun altro supporto se non la nostra mano”.

Le altre due startup si orientavano sui servizi alle aziende. Bemyguru è un marketplace di consulenze telefoniche che mette in contatto consulenti professionisti e PMI che abbiano bisogno di una consulenza. Le aziende cercano nella piattaforma il consulente migliore per prezzo, competenze e curriculum e chiedono un appuntamento. Una volta raggiunta l’intesa, Bemyguru invia a entrambi un sms dieci minuti prima dell’appuntamento e conteggia la durata della chiamata, riscuotendo poi una fee dall’azienda e un’altra dal consulente. “L’idea è risolvere i problemi di entrambi: dell’azienda che ha difficoltà a valutare il consulente e non vuole perdere troppo tempo, e del consulente che spesso preferiscono non investire molto sul personal branding o che hanno difficoltà a farsi pagare correttamente e in tempo” ha spiegato Jegor Levkovskiy, CEO di Bemyguru.

Infine, HRinCloud, un’applicazione ideata dai casertani Nello Scialla e Mariella Ferrara, per la gestione amministrativa delle risorse umane e rivolta specificamente alle piccole e micro imprese: “Vogliamo che quello che adesso è considerato un ostacolo al flusso di lavoro diventi un elemento di forza delle aziende” ha detto Mariella. Pensata soprattutto per supporto smartphone e tablet, la piattaforma gestisce, coinvolgendo anche i consulenti del lavoro, le procedure per l’assegnazione di ferie e permessi, per la compilazione della nota spesa mensile, del CUD, della busta paga e via dicendo. Il tutto grazie alla partecipazione nella piattaforma sia dei dipendenti che dei datori di lavoro.

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