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Chatbot: che cosa sono, come li useranno le aziende e perché distruggeranno le app

Il Messenger di Facebook è stato il primo ad aver introdotto un software di intelligenza artificiale in grado di strutturare una conversazione con l’utente. Li forniscono già HP e Cnn, in Italia stanno destando l’attenzione di società di marketing e customer care. Tutto quel che c’è da sapere sul nuovo hype

Pubblicato il 14 Lug 2016

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È ufficialmente cominciata l’era dei chatbot. Il fischio d’inizio l’ha dato Mark Zuckerberg lo scorso 12 aprile, quando in occasione della conferenza a San Francisco dedicata agli sviluppatori, ha presentato i chatbot per Messenger, ovvero i programmi software che utilizzano il servizio di messaggistica di FB quale interfaccia attraverso la quale eseguire un numero determinato e circostanziato di compiti, dal fissare un incontro a dare notizie sul meteo all’aiutare l’utente a comprarsi un paio di scarpe. Il fondatore e Ceo di Facebook ha mostrato alcuni bot di Cnn, che inviano in automatico notizie e aggiornamenti, e altri della società 1-800-Flowers, per ordinare fiori da recapitare alla persona amata. Un incontro “fatale” tra l’intelligenza artificiale e l’app di messaggistica che ha dato luogo a una sorta di “segretario personale robot” altamente specializzato.

La chatbot di Messenger non è la prima in ordine di tempo ad aver introdotto l’utilizzo di bot. Lo avevano già fatto Telegram e altre società. Ma Messenger è una delle principali piattaforme di messaggistica con oltre 900 milioni di utenti nel mondo. Perciò, dopo l’annuncio di Zuckerberg, si è immediatamente aperta la discussione su cosa sono e a cosa servono i bot e le chatbot. Ma soprattutto si è aperto il mercato e le aziende hanno cominciato ad interessarsi sempre più a questa realtà emergente.

Cosa è un bot – Con la parola “bot”, abbreviazione di “robot”, in informatica si intende un programma che ha accesso agli stessi sistemi di comunicazione e interazione con le macchine usate dagli esseri umani. In pratica sono programmi informatici che “parlano” come gli esseri umani. Siri e Cortana, gli assistenti personali messi a disposizione rispettivamente da Apple e Microsoft, sono bot. Esistono anche bot malevoli il cui scopo è scandagliare la rete, alla ricerca dei punti deboli dei siti. I bot, sia benevoli sia malevoli, sono estremamente affaccendati e operosi in Rete. Una ricerca pubblicata da Incapsula nel 2013, che ha preso in esame il traffico Internet indirizzato verso il suo network di 20mila siti web proveniente da 249 paesi del mondo, ha evidenziato come fosse da attribuire ai bot software il 61 per cento del suddetto traffico contro il 38,5 per cento di quello appartenente a visitatori “umani”.

Come sono i nati i bot – I bot esistono da molto tempo. La loro origine si fa risalire addirittura al geniale matematico Alan Turing negli anni Cinquanta. In un passato più recente, era un bot Clippy, la graffetta di Microsoft Office che interagiva con l’utente, sempre pronta a fornire suggerimenti (non richiesti) o a rispondere alle domande. Stiamo parlando della fine degli anni Novanta e dell’inizio del Duemila. Finora, però, i bot non avevano avuto particolare fortuna. Ma, grazie alla sinergia con app di mesaggistica, potrebbero subire un’evoluzione estremamente interessante.

Cosa sono i chatbot e quale impatto possono avere per l’industria– Sono bot che interagiscono con gli utenti tramite una chat, che può essere appunto quella di Messenger o di un altro servizio di instant messaging. Le aziende hanno cominciato a intravedere un grande potenziale nella nascente “bot economy”. Diversi brand e società editoriali hanno sviluppato bot per i canali di messaging e collaborativi. Tra questi HP, la già citata 1-800-Flowerse e la Cnn. Ci sono poi le aziende che offrono tecnologia “bot enabling”, canali di distribuzione e alcuni bot. Un capitolo importante riguarda i potenziali risparmi annuali che le aziende potrebbero realizzare se i chatbot arrivassero a sostituire in parte il loro customer service e il reparto vendite.  La “bot revolution” è ancora nella fase iniziale, scrive Business Insider, ma sono in molti a ritenere che il 2016 sarà l’anno nel quale si affermerà pienamente. In Italia, in particolare, le aziende che cominciano a interessarsi ai chatbot sono le agenzie di marketing e quelle che hanno un reparto di customer care. Devono essere consapevoli, però, che il target sono le generazioni più giovani, i cosiddetti Millennials.

La via italiana ai chatbot – Stamplay, startup fondata da Nicola Mattina e Giuliano Iacobelli che

Nicola Mattina

fornisce una piattaforma in grado di aiutare gli sviluppatori a sviluppare applicazioni integrando servizi esistenti, ha vinto poche settimane fa una competizione indetta da Visa negli Stati Uniti. Come premio, oltre a un finanziamento da 50mila dollari, potrà collaborare con la multinazionale costruendo un chatbot di supporto alla fruizione della carta di credito. Nicola Mattina spiega a EconomyUp la sua visione a proposito di questo nuovo hype tecnologico: “Abbiamo avuto l’epoca dei siti, poi delle app, ora potrebbe arrivare l’epoca dei chatbot. Si sfornano continuamente una gran quantità di applicazioni, ma la verità è che la maggioranza degli utenti ne usa un numero limitato. Perciò le ‘cose’ che una volta si mettevano dentro le app, oggi vanno inserite all’interno delle applicazioni che il cliente usa. Oggi so che il mio cliente utilizza Messenger, Whatsapp, Instagram e poco più, e devo inserire nuove funzionalità in queste app. Stiamo assistendo insomma a uno spostamento di paradigma. Potrebbe ridursi drasticamente il numero di app e aumentare la produzione di chatbot”.

Chatbot, timori e fraintendimenti – Il chatbot è un contatto “non umano” che l’utente aggiunge alla propria messaggistica e che usa algoritmi di intelligenza artificiale per proporre un dialogo strutturato. C’è sempre un piccolo brivido, oltre a una punta di divertimento, nel dialogare con un essere artificiale. Vengono in mente romanzi e film di fantascienza nei quali i robot diventano umani e, in certi casi, contrastano o spodestano gli uomini. “Nell’immediato futuro avremo tanti bot stupidi che fanno cose specifiche” afferma Mattina. “Saranno intelligenze molto limitate che ci assisteranno nell’esecuzione di compiti estremamente circoscritti: comprare un biglietto, fare il check-in del volo aereo, avere notizie sul tempo”. Per il momento c’è già una casistica di gaffe di cui alcuni chatbot si sono resi protagonisti. Per esempio il chatbot Tay di Microsoft, nato per dialogare con i giovani utenti, ha iniziato in poco tempo a inneggiare all’11 settembre o sostenere l’operato di Hitler ed è stato chiuso. Quale esperimento, EconomyUp si è collegato su Messenger al chatbot MessinaBot, “segretario automatizzato” di Chris Messina, innovatore californiano. Abbiamo chiesto al bot se era possibile intervistare il suo “capo” proprio in merito all’uso dei chatbot, ma la risposta è stata evasiva: si è limitato a indicare su Google Maps dove si trovava in quel momento Messina (una strada di San Francisco). Insomma, non ha capito la domanda.

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